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INIZIA da piazza dei Mille dove nel 1888 è stato eretto un obelisco in marmo bianco di forma trapezoidale a commemorazione della storica battaglia del 30 agosto 1860 che vide la resa di oltre 12.000 soldati borbonici ai garibaldini, guidati dal generale Stocco, e supportati da molti volontari del posto. Si risale, quindi, il corso Garibaldi, vivace arteria commerciale attorniata da negozi e bar, su cui si affaccia casa Sirianni con apposta sulle pareti la lapide marmorea che ricorda il soggiorno dell’eroe dei due mondi alla vigilia della battaglia. Si raggiunge, da qui, la chiesa matrice, posta in posizione dominante il borgo, dedicata a San Giovanni Battista. Costruita in origine come oratorio di campagna nel secolo XVI, forse pertinenza del vicino palazzo baronale, fu più volte rimaneggiata a causa dei continui terremoti. L’attuale forma risale ai primi del XIX secolo, mentre il campanile è stato edificato nei primi anni del ‘900.
Si presenta con una struttura a pianta basilicale a tre navate con una facciata semplice e portale d’ingresso in pietra: l’interno, ricco di fregi e decorazioni, custodisce il busto ligneo di S. Giovanni, di scuola napoletana. Di grande pregio l’altare maggiore, proclamato monumento nazionale nel 1910; in marmi policromi intagliati proviene, assieme alla balaustra con cancelletto bronzeo, dalla vicina Abbazia di Corazzo. La medesima provenienza ha la pila dell’acqua santa in pietra verde con tasselli di marmi policromi. Ai piedi del poggio su cui sorge la chiesa, in posizione strategica sulla valle, si trova il possente Palazzo Scaglione, ora Marasco. Fu costruito nel XVII secolo e si caratterizza per due torrette cilindriche poste agli angoli della facciata principale e per la grande loggia sorretta da un porticato a cinque archi. Proseguendo dalla via su cui si affaccia il palazzo, si giunge al Museo Lanificio Leo, la più antica fabbrica tessile calabrese, fondata nel 1873 che conserva gli originari macchinari ottocenteschi, ancora oggi utilizzati per la produzione, ed oltre 200 stampi intagliati nel legno di pero con iconografie magno-greche e bizantine.
Scendendo la ripida via che costeggia la fabbrica si percorre l’antica strada dei Cavallari che porta alla fontana dei francesi su cui è apposta una lapide marmorea per ricordare il luogo dove scoppiò nel 1806 una rivolta popolare contro le truppe di occupazione francesi, nota come i “Vespri calabresi”. Poco più avanti si trova il mulino ad acqua Pascuzzi con all’interno le antiche macine in pietra. Ritornati sulla nazionale, ci si incammina verso palazzo Cimino, sede del Municipio, che conserva varie opere di pittori contemporanei come Puthod, Rotella e Turchiaro. Tocca prendere l’auto per raggiungere il nucleo più antico del borgo, San Tommaso, in posizione panoramica sull’intero comprensorio, dove sorge la chiesa di S. Michele Arcangelo.
Costruita alla fine del XVII secolo, di recente restaurata, è a croce latina con tre navate e custodisce una settecentesca statua lignea di san Michele proveniente dall’abbazia di Corazzo, opera del maestro intagliatore napoletano Francesco Picano. Salendo ancora, si costeggia palazzo Micciulli, costruzione signorile d’epoca con tipico rivestimento esterno in ciottoli, bel portale in pietra e loggia in ferro battuto. Ancora qualche chilometro e si giunge alla Chiesetta della Madonna degli Abbandonati dove è custodito un dipinto su zinco ritrovato per caso tra i rovi. A tale episodio è da collegare sia la costruzione, risalente alla fine del XIX secolo, che l’intitolazione della chiesa; proveniente da Corazzo, l’altare in legno scolpito. Proseguendo ancora, deviando per Bianchi si raggiungono i suggestivi ruderi dell’Abbazia di S.Maria di Corazzo che, pur non essendo in territorio di Soveria Mannelli, molta storia ha in comune con questo borgo. L’Abbazia fu fondata nell’undicesimo secolo dai benedettini nei pressi del fiume Corace e riadattata dai cistercensi nel corso del XII secolo. Dopo il terremoto del 1783 il monastero fu abbandonato e privato delle opere artistiche situate al suo interno.
La sua storia si interseca con la vita di Gioacchino da Fiore che qui divenne abate e iniziò la stesura delle sue opere. La struttura abbaziale ricalca i dettami cistercensi: al centro vi era il chiostro, rigorosamente quadrato, con in mezzo il pozzo per l’acqua; attorno al chiostro, la chiesa a navata unica, in posizione elevata, sulla quale si aprivano delle cappelle e alcuni ambienti minori, le celle dei monaci e l’aula capitolare, i magazzini, i locali per i conversi, la foresteria, la cappella dei visitatori, la farmacia, il refettorio e l’infermeria. La struttura era situata su tre piani, al piano terra il dispensarum , al primo e secondo piano, quattro bracci di cinque camere; al terzo una loggia coperta e la camera per il padre abate.
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