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LAVELLO – Lei è poco più che maggiorenne. E’ cresciuta in un ambiente che l’avrebbe dovuta accogliere e proteggere. Invece proprio nelle mura domestiche, si celava un mondo ostile e perverso che ha fatto della giovane, una vittima sacrificale della bramosia umana. La giovane non solo era costretta a subire le violenze dell’amico della mamma, ma era usata proprio dalla madre come merce di scambio per clienti occasionali. Quella scoperta dai carabinieri della compagnia di Venosa al comando del capitano Vincenzo Varriale è una storia che sembra uscita da un libro dell’orrore. 

Perchè ad aggravare una situazione già di per sé assurda è il fatto che la ragazza è affetta da un disturbo psichico. I carabinieri la definiscono, senza giri di parole, una «storia dai contorni agghiaccianti». L’indagine dei militari dell’Arma è partita un paio di anni fa a seguito di una serie di acquisizioni di informazioni. Lo scenario in cui si consuma la vicenda è l’area del lavellese (omettiamo per ovvie ragioni di scrivere il paese di origine della ragazza). 

L’attività investigativa svolta anche attraverso pedinamenti, ha permesso di scoprire un sottobosco fatto di violenza, soprusi e degrado i cui protagonisti sono la madre e un suo conoscente pregiudicato. Molto presto gli inquirenti hanno stretto il cerchio intorno alla giovane e a coloro che, dai primi sommari accertamenti, sembravano essere i suoi aguzzini. Invece proprio a seguito delle indagini condotte con estrema delicatezza, è emerso, un quadro indiziario particolarmente grave in cui era la stessa madre, in collaborazione con il suo amico, a costringere la ragazza a prostituirsi con uomini, generalmente anziani, che loro stessi procacciavano. Dalle indagini è emerso che alcune volte erano i due ad accompagnare la ragazza agli appuntamenti che, in genere avvenivano presso le abitazioni degli uomini o nelle loro autovetture. I due lasciavano la ragazza in balia dei “clienti”, aspettavano che la “prestazione” fosse consumata e poi la riportavano a casa dove dividevano i soldi. In altri casi è stato accertato che era solo la madre ad accompagnarla nei luoghi prestabiliti.

 La donna rimaneva a breve distanza dalla figlia, in attesa che la violenza venisse consumata. Un modus operandi collaudato che permetteva ai due di guadagnare soldi sulla “pelle” della giovane ragazza. I carabinieri hanno individuato almeno una trentina di persone che avrebbero abusato della ragazza pagando un compenso. Alcuni avrebbero già ammesso le proprie responsabilità. La loro posizione è al vaglio degli inquirenti. Già nei prossimi giorni potrebbero esserci sostanziali novità e non si esclude che nell’inchiesta entrino a pieno titolo come indagati. Al momento c’è molto riserbo. E non potrebbe essere altrimenti visto i contorni dell’indagine e vista anche la “fragilità” della povera vittima. Vittima che, anche grazie al supporto di psicologi, ha collaborato fattivamente fornendo informazioni preziose che sono servite ai militari dell’Arma per far emettere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei due indagati. L’accusa per la madre (di 51 anni) e per il suo amico sessantaduenne (pregiudicato per reati contro il patrimonio e la persona) è di violenza sessuale, sfruttamento, induzione ed agevolazione della prostituzione continuata in concorso, aggravati dall’avere abusato delle condizioni di inferiorità psicofisica della vittima. I due dopo le formalità di rito, sono stati tradotti nel carcere di Potenza a disposizione del pm d turno.

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