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REGGIO CALABRIA – Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, l’ex deputato di Fi condannato a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente latitante a Dubai, rientrerà domani in Italia e sarà presa in consegna dagli investigatori della Dia che la trasferiranno già in serata nel carcere di Reggio Calabria. Per la donna, arrestata la settimana scorsa a Nizza in esecuzione dell’ordinanza europea di custodia cautelare emessa dal gip reggino Olga Tarsia che ha coinvolto anche l’ex ministro Claudio Scajola (LEGGI TUTTI I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE), è prevista la partenza domani nel pomeriggio, alle 16, in aereo da Genova alla volta di Roma, da dove il viaggio proseguirà per Reggio Calabria, con arrivo previsto per le 22.40. 

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Una volta nella città dello stretto, Chiara Rizzo sarà prima portata in Questura per le operazioni di fotosegnalazione e quindi in carcere. Per mercoledì è in programma l’interrogatorio di garanzia da parte del gip. Nel frattempo, nei suoi confronti è stato emesso un nuovo divieto di colloquio con i propri legali dal gip di Reggio Calabria. A renderlo noto è stato uno dei legali della donna, l’avvocato Candido Bonaventura, che ha preannunciato ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo. «Avevo presentato istanza al gip – ha detto il legale – perché ritenevo decorso il termine di 5 giorni di divieto di colloquio con gli avvocati contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare notificato a Nizza alla mia assistita. I cinque giorni sono passati e se la signora è bloccata in Francia non è per colpa sua ma delle autorità che l’hanno fermata mentre lei intendeva rientrare in Italia per costituirsi. Adesso abbiamo saputo che il gip ha emesso un nuovo provvedimento che ci sarà notificato a breve».

Martedì segnerà anche l’inizio del lavoro di scrematura sull’enorme mole di documenti trovati nello scantinato della villa di Scajola ad Imperia. Il materiale si trova ancora lì,
sigillato in una stanza. Prima di decidere se trasferire carte e documenti a Reggio, i magistrati vogliono rendersi conto personalmente di cosa contengono quei faldoni. Il sospetto, infatti, è che molto materiale non abbia attinenza con le indagini. C’è anche la possibilità che ci siano documenti coperti da segreto. E’ necessaria dunque una prima lettura delle carte per deciderne cosa fare. 

Se portarle cioè a Reggio perché ritenute utili all’inchiesta, lasciarle dove sono o trasferirle ad altre Procure se dovessero emergere notizie di interesse
investigativo non legate alla Calabria. I pm cercano in quelle carte anche elementi utili a verificare quanto detto da Scajola nel lungo interrogatorio – durato oltre sette ore – cui è stato sottoposto dagli inquirenti venerdì scorso nel carcere romano di Regina Coeli.

Interrogatorio che è stato secretato proprio per la necessità di compiere altri atti di indagine. Solo dopo la trasferta ligure, dunque, il sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Francesco Curcio ed il pm della Dda reggina Giuseppe Lombardo decideranno quali accertamenti delegare alla Dia. Sarà allora che gli investigatori cominceranno i riscontri, avendo un’idea ben precisa di cosa cercare. 

Materiale considerato «utile» alle indagini, intanto, sta uscendo dall’archivio sequestrato a Matacena. Un lavoro appena all’inizio quello sulle carte delle società dell’imprenditore ma che potrebbe svelare la provenienza del denaro e quali strade abbia preso successivamente in quel vorticoso giro di partecipazioni azionarie che coinvolge anche paradisi fiscali e stati esteri come la Liberia. Ma gli investigatori, in quelle carte, cercano anche altro: risalire alla vera titolarità delle aziende e scoprire se dietro a sconosciuti prestanome si celino invece personaggi di rilievo.

Al palazzo del Cedir, sede della Procura di Reggio Calabria, si attende la fissazione della data del tribunale del Riesame che dovrà decidere sul ricorso presentato dai pm sulla contestazione dell’aggravante mafiosa che è stata rigettata dal giudice per le indagini preliminari, Olga Tarzia. Al tribunale del Riesame si è rivolto anche uno degli arrestati, Martino Politi, indicato come il factotum di Matacena, contro l’ordinanza di custodia cautelare. I due provvedimenti seguiranno comunque strade diverse.

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