2 minuti per la lettura
La “legge” di Castellaneta è colpevole di tutte le accuse e dovrà scontare 15 anni di reclusione.
Lo ha deciso il Tribunale penale di Potenza che in serata ha condannato il pm di Taranto Matteo Di Giorgio, ad oggi soltanto sospeso, per concussione, corruzione e diffamazione nel processo sullo “scisma” politico del piccolo paese sullo Ionio.
“Colpevoli” anche l’ex sindaco Italo D’Alessandro il suo segretario factotum Agostino Pepe per cui il collegio presieduto da Aldo Gubitosi ha fissato la pena in 3 anni. Altri 2 anni e sei mesi di reclusione sono stati inflitti all’imprenditore Giovanni Coccioli, più 2 a testa per l’ex capo dei vigili Francesco Perrone e il pescatore Antonio Vitale. Infine è stato condannato anche il nipote di Di Giorgio, Alessandro Mongelli, che dovrà scontare 8 mesi.
Il Tribunale ha assolto i soli Francesco Saverio Granito e Nicola Schiralli, e Di Giorgio limitatamente a un capo d’accusa per concussione in atti giudiziari “perché il fatto non sussiste”.
E’ stata anche disposta la trasmissione degli atti in procura per valutare la falsità delle testimonianze rese tra gli altri dall’ex capo della Procura di Taranto Aldo Petrucci e dall’attuale procuratore aggiunto Pietro Argentino.
Le indagini dei militari del nucleo operativo e della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri di Potenza coordinati dal pm Laura Triassi erano partite nel 2007. Lo spunto era arrivato dall’esposto di un ex assessore di Castellaneta, Vito Pontassuglia, che ha raccontato di aver spinto alle dimissioni un consigliere comunale, nel 2001, paventandogli un possibile arresto del figlio e del fratello per droga da parte del pm Di Giorgio. Quelle dimissioni che avrebbero causato le elezioni anticipate spianando la strada agli amici del pm, e a lui per l’incarico di assessore della giunta comunale.
Gli interessi del magistrato nelle vicende politiche del paese avrebbero incrociato, sempre nel 2007, le ambizioni dell’ex senatore Rocco Loreto, un tempo amico di Di Giorgio, ma in seguito arrestato per calunnia nei suoi confronti, che si era candidato come primo cittadino.
Di Giorgio è stato condannato anche al risarcimento dei danni subiti da Loreto, da suo figlio e da Pontassuglia. Per lui la richiesta dell’accusa si era fermata a 12 anni e mezzo di reclusione.
Le motivazioni della decisione verranno depositate entro 90 giorni.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA