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Stefania Carè ed Enzo Sestito

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CIRO’ (CROTONE) – Il premio vino rosato dell’anno nella guida vini d’Italia 2022 va a un vino “senza”: zero solfiti, lieviti e filtrazioni dell’azienda Brigante, lo riferisce il noto giornalista enogastronomico Massimo Lanza.

Un autunno fortunato per  l’azienda Brigante che ha ricevuto il secondo premio importante nello stesso mese.

“Producevamo già un rosato tradizionale – riferiscono Stefania Carè e il marito Enzo Sestito dell’azienda Brigante – nel pensare quello che sarebbe diventato il nostro rosato alternativo, immaginavano sì un vino diverso, ma senza discostarci troppo dalla tradizione e dal territorio. Facile quindi la scelta del gaglioppo, varietà che si presta benissimo, abbiamo quindi scelto un packaging e un formato da un litro certamente controcorrente, ma da vignaioli, sapevano benissimo che da sola l’immagine non basta. È nato così il progetto Zero, dove per zero si intende senza solfiti, lieviti e filtrazioni”.

Il vino rosato in Calabria ha una tradizione così radicata da non aver mai conosciuto momenti di crisi, neanche quando nel resto d’Italia il suo consumo era sceso a livelli così bassi da essere quasi scomparso. Paradossalmente, prima della rinascita enologica segnata dall’ultimo decennio, il rosato invece è stato l’unico vino su cui i produttori calabresi hanno più sperimentato: dallo sposare uve autoctone e internazionali, all’uso di uve surmature e financo a improbabili maturazioni in barrique.

“La linea Zero – si legge nella nota –  comprende un rosso e un rosato elaborati come un cru, partendo da una singola vigna, la più alta dell’azienda, quella che arriva a maturazione un po’ più tardi, ma che grazie alle brezze marine e una buona escursione termica, tiene bene l’acidità, mentre il frutto matura perfettamente”.

Per lo Zero Rosato, utilizzando l’antico metodo “pista e mutta”, quello usato dai loro nonni, si riducono al minimo le pratiche di cantina, limitate alla pigiatura soffice e una breve macerazione sulle bucce, tanto quanto basta a raggiungere il colore voluto. Ottenuto solo dal mosto fiore, dopo la fermentazione spontanea, la svinatura, il vino affina un paio di mesi in acciaio e viene imbottigliato senza filtrazioni e solfiti aggiunti.

Eredi di una lunga tradizione di famiglia Stefania ed Enzo, che è anche l’agronomo dell’azienda, gestiscono in prima persona i loro dieci ettari di vigna in zona collinare, coltivati biologicamente, per una produzione di poche migliaia di bottiglie che ben si identificano con il territorio cirotano. 

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