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POTENZA – Dopo aver rubato in un’abitazione di Rionero, ad agosto del 2012, Aniello Barbetta e Roman Mecca avrebbero dato «alle fiamme l’intero appartamento» per cancellare «eventuali tracce». E poi ci sono droga, armi, soldi falsi ed estorsione, assieme ai loro complici di Barile, Melfi e dintorni, inclusi personaggi vicini al clan Cassotta. Più qualche immancabile episodio di favoreggiamento per chi da testimone, di fronte agli investigatori, ha negato persino l’evidenza.
Sono alcune delle accuse contestate, a vario titolo, ai 35 destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini che i militari dei carabinieri stanno notificando in queste ore tra il Vulture e il capoluogo di regione.
L’inchiesta coordinata dal pm Francesco Basentini ha messo a fuoco in particolare una serie di episodi di spaccio di monete false.
Referente del “giro” a Potenza e dintorni sarebbe stato un 22enne del posto, Michele Sarli, giovane ma ben noto alle forze di polizia.
A gennaio del 2013 Sarli è stato fermato dai militari al comando del capitano Antonio Milone con 10mila euro contraffatte nascoste nell’auto, mentre era di ritorno dal napoletano. Gli investigatori sono certi di aver individuato anche il suo rifornitore e agli atti sono finite alcune intercettazioni telefoniche in cui i due parlano di «foulard di Fendi» blu e verdi, che in realtà sarebbero banconote da 20 e da 100 euro.
Ma a carico di Sarli ci sono anche episodi di spaccio di cocaina, assegni contraffatti e una serie di truffe a commercianti del capoluogo, incluso un rivenditore della Folletto, con cui il 22enne si sarebbe presentato sotto un altro nome.
Quanto al melfitano, gli investigatori hanno ricostruito diversi episodi di estorsione che avrebbero messo a segno nomi già noti alle cronache giudiziari come Giovanni Plastino, Rocco e Aniello Barbetta e Claudio Argentino, come pure Sergio e Alessandro Cassotta, zio e nipote, entrambi imputati per associazione mafiosa nell’omonimo clan, assieme allo stesso Plastino.
Tra le loro vittime sono stati individuati diversi imprenditori della zona, agganciati anche col metodo del “cavallo di ritorno” dopo il furto di un mezzo. Chi si opponeva subiva minacce molto esplicite, del tipo che alla prima occasione gli avrebbero confezionato «un vestito coi fiocchi».
Inoltre Aniello Barbetta, Giovanni Ferri e Nicolas Strozza sono accusati di aver dato fuoco a un’automobile a Rionero per motivi non meglio precisati.
E poi ancora droga: hashish, marijuana e cocaina. Spacciata a Melfi e dintorni persino a credito, ma a condizione che a un certo punto il debitore fosse disposto a rubare in casa propria per restituire il dovuto: in un caso oro e addirittura la benzina agricola.
Infine soldi falsi, di cui Barbetta, Ferri e Vito Musto si sarebbero riforniti a Cerignola da personaggi rimasti da identificare.
Barbetta, Mecca e Stefano D’Onofrio sono accusati anche per il possesso di proiettili calibro 7,65 e di una pistola scacciacani.
l.amato@luedi.it
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