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QUANTO COSTA E chi paga quel trenino che fa imbestialire gli automobilisti potentini quando lo vedono passare quasi sempre vuoto a tre passaggi a livello più volte al giorno? Lo pagano gli stessi automobilisti e, più in generale, tutta la collettività.

Per ogni euro di ricavo delle Ferrovie Appulo Lucane, la Regione Basilicata sovviene per il 93,6%.

Le Fal costano una cinquantina di milioni di euro, ma i principali clienti, le Regioni Basilicata e Puglia, sono pessimi pagatori, tanto che in sede di assemblea dei soci (30 aprile 2013) per l’approvazione del bilancio 2012 (chiuso con un utile di 1,8 milioni di euro) il rappresentante del socio unico (il ministero dei Trasporti) ha esortato il cda a “procedere tempestivamente al recupero dei crediti certi, liquidi ed esigibili, vantati dalla società nei confronti delle Regioni Puglia e Basilicata”.

E quanti erano nel 2012 questi crediti? Poca roba 33,7 milioni di euro. Gran parte erano soldi che la Regione Basilicata non aveva pagato.

C’è  anche un  capitolo “potentino”. Oltre alle spese legali reclamate nel punto precedente, c’è un appendice di 3,2 milioni di euro relativi al ripiano dei rendiconti degli anni dal 1999 al 2002 per il servizio di trasporto pubblico urbano del capoluogo.

Il bilancio delle Fal è alimentato per l’87,8% dai trasferimenti per i contratti di servizi di Basilicata e Puglia. I biglietti di treni e autolinee valgono il 12,2%.

Scorporando, come fa il bilancio delle Fal, le due regioni, tuttavia emerge che in Basilicata il 93,6 % dei ricavi viene di fondi regionali, in Puglia l’82,1%.

In Basilicata i ricavi per la vendita dei biglietti dei treni valgono quasi 322mila euro, cioè – considerato lo stop di domeniche e festivi – circa mille euro al giorno!

Considerato che (dall’orario delle Fal del 2 aprile 2014) circolano 10 treni sulla linea Potenza-Bari-Potenza, 28 sulla Matera-Bari-Matera e 30 sulla Potenza-Avigliano-Potenza l’incasso medio si aggira intorno a 15 euro per treno!

Più o meno il medesimo incasso c’è per il cosiddetto servizio metropolitano di Potenza (42 treni previsti in orario).

Un po’ meglio i ricavi dei biglietti dei bus: 932mila euro.

Per dirla in soldoni su un biglietto Fal (treno, bus, metropolitana) di un euro, la Regione Basilicata mette 93,6 centesimi e l’utente 6,4 centesimi.

Tutti questi soldi in cambio di cosa?

In Basilicata le Fal gestiscono le tratte ferroviarie Potenza-Bari, Potenza-Avigliano e Matera-Bari e alcune linee di autobus: Matera-Montalbano, Potenza-Pignola-Laurenzana-Pietragalla-Avigliano, Atena-Villa d’Agri-Potenza-Matera-Bari, Laino-Rotonda-Castelluccio-Lagonegro, Bari-Gravina-Genzano-Matera.

La tratta Potenza-Bari ha qualcosa di mitico: portava illo tempore i giovani potentini a Bari, caserma Picca, alla visita di leva. Viaggio da quattro ore, all’epoca! E oggi?

Potenza-Bari sarebbero circa 140 chilometri: partenza ore 5.02 arrivo 8.37. Durata tragitto ore 3 minuti 35 più o meno. Velocità commerciale circa 42 chilometri all’ora!

Ma da Potenza fino a Genzano si va con l’autobus e se proprio pervicacemente si vuole arrivare a Bari bisogna cambiare treno a Gravina di Puglia.

Bisogna però fare attenzione: delle cinque corse messe generosamente a disposizione quella in partenza dal capoluogo lucano alle 14.24 arriva a Bari, senza fretta, 4ore e 24 minuti dopo!

Più “fortunati” i materani. 15 corse quotidiane: 70 chilometri in circa un’ora e 30 (minimo 1h21, massimo 1h37′).

Ma attenzione la domenica i treni riposano. Non è il riposo creativo raccontato dalla Genesi 2,2. Ma pur sempre riposo è.

Dal riposo sono esonerati gli autobus, perché negli anni le Fal si sono allargate anche alla cosiddetta gomma. Il risultato – la gomma – è poco meglio Potenza-Bari (partenza più o meno alla stessa ora del treno) in 2 ore e 55 minuti, Matera-Bari anche peggio del treno. Però la domenica si viaggia.

Prima dell’ubriacatura automobilistica le Ferrovie Calabro Lucane estendevano le loro linee ferrate da Matera a Montalbano, passando per Ferrandina (chiusa nel 1972, salvo poi a costruire 20 anni dopo una nuova tratta Fs tra Ferrandina e Matera senza mai farla entrare in esercizio!), da Potenza a Laurenzana passando per un suggestivo tratto tra Pignola e Pierfaone (Laurenzana chiusa nel 1969, Pignola nel 1980), da Marsico Nuovo ad Atena Lucana (chiusa nel 1966), da Lagonegro a Spezzano Albanese attraverso il massiccio del Pollino (chiusa nel 1978).

Magari c’erano tratte inutili e sprechi, ma almeno c’era un’idea maturata negli anni ’20 e ’30 di tirare fuori dall’isolamento le aree più interne della regione.

Per esempio, per rimanere nel concreto lo sviluppo imprenditoriale di Laurenzana legato ai commerci e all’industria alimentare aveva nella ferrovia uno dei suoi perni. Non è un caso che in quegli anni la “Rinomata ditta Artemio Laraia e figli” produttrice del Punch Laraia e del Cordial Laraia stampasse la propria cartellonistica presso le Officine Grafiche Navarra di Milano!Ora cosa c’è? I numeri  sono quelli del bilancio 2012 delle Fal.

La domanda è: nell’erogazione di un servizio pubblico qual’è la percentuale di contributi sostenibile che deve essere versata dalla collettività?

E’ un tema centrale ora che sono finiti i soldi di Pantalone e lo è soprattutto per le comunità piccole, dove le economie di scala sono più un miraggio che la realtà. E dove la sopravvivenza di taluni servizi pubblici non può che essere caratterizzata da una fortissima efficienza e da costi ridotti all’osso.

Uno studio di Ralph Buehler e Jonh Pucher “Making public transport financially sustainable” ha preso in esame i trasporti pubblici locali in Germania (e anche quelli degli Stati Uniti) e dimostra che c’è una via, impegnativa, ma c’è per la sostenibilità.

La Germania ha migliorato la qualità dei suoi servizi di trasporto pubblico e ha attirato più passeggeri, aumentando la produttività, riducendo i costi e tagliando i sussidi .

E cosa significa? Una ristrutturazione organizzativa, l’outsourcing, taglio di benefit ai dipendenti, stipendi congelati, aumento delle ore di lavoro, part-time, prepensionamenti, la cooperazione con altre agenzie per condividere dipendenti , veicoli e strutture, tagliando rotte e servizi sottoutilizzati e l’acquisto di nuovi veicoli con minori costi di manutenzione e una maggiore capacità di passeggeri.

I ricavi sono stati aumentati attraverso l’aumento delle tariffe per i biglietti singoli, pur mantenendo forti sconti per i mensili, semestrali , annuali e biglietti , e aumentando i volumi di passeggeri per il miglioramento della qualità del servizio, e pieno coordinamento regionale di orari, tariffe e servizi . Ma si possono fare altre scelte, allocare meglio le risorse pubbliche e con maggiori vantaggi per i cittadini.

C’è un libro “Senza rete. Infrastrutture in Italia: cronache del cambiamento” di Beniamino Pagliaro (la spesa è alla portata di tutti: l’e-book costa meno di 3 euro) che racconta tutte insieme le “reti” italiane: cielo, mare, terra. Mette insieme e in relazione con il mondo presente e un po’ prossimo lo stato dell’arte. Il libro è agile e si legge veloce e ha un grande pregio: alla fine della cavalcata tra le sue pagine ti offre l’idea di quanto sprofondato sia questo Paese nei suoi sofismi, ma anche come una parte dei “paesani” abbia più pragmatismo di quello che si pensi e quanta real-politik non politica esista. Ebbene, a un certo punto, Pagliaro mina alle fondamenta il dogmatismo della politica italiana delle infrastrutture. Giocando di sponda con Andrea Boitani, un eccellente economista dei trasporti, alla fine di un ragionamento sul project financing, le autostrade e la Tav lancia il suo Excocet al dogma della superiorità morale delle ferrovie: “Non è più tempo di miti: il ferro non può essere un dogma”.

www.basilicatapost.it

 

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