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Il giuramento del Governo Draghi

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Persone con esperienze molto diverse, storie diverse, mentalità diverse, lavorano però tutte insieme. Hanno girato la barca in pochi mesi e portano a casa risultati nonostante un parlamento, forze politiche e sindacati che aprono e chiudono ogni giorno. Dicono sì e no a ore alterne nella stessa giornata. Dimostrando, purtroppo, anche se per fortuna non sempre, di avere ancora qualche difficoltà a capire che gli investimenti, il capitale umano e la produttività, che sono in testa all’agenda del governo per il nuovo patto per l’Italia con le forze sociali, sono in realtà la loro agenda di sopravvivenza. Ci si deve spingere a osare sempre di più sul grande tabù dell’Italia che è il recupero produttivo del suo Mezzogiorno, perché questa è la sfida capitale

L’altro giorno partecipando in video collegamento al Festival Francescano il ministro per l’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha ascoltato in silenzio il racconto dei ragazzi del liceo Minghetti di Bologna che descrivevano il peso della sofferenza che è stata per loro la scuola in Dad. Poi, però, Bianchi ha voluto dire la sua e ha detto che aveva visto negli occhi i ragazzi dell’Istituto tecnico nautico di Pizzo Calabro in una situazione molto più difficile e ne portava dentro l’orgoglio che leggeva in quegli occhi per la loro scuola. Un modo di stare al mondo con dignità e il senso di una volontà comune di non fermarsi mai. Questo è lo spirito che serve oggi al Paese.

Abbiamo letto una Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) che dimostra che in sei mesi il governo Draghi è riuscito a girare la barca. Siamo di fronte a una strategia attuata che ha utilizzato il rimbalzo per lanciare la crescita. Siamo davanti a una squadra di governo non immune da debolezze ma che ha preso sempre più coraggio perché tutti sono attenti al Mezzogiorno e tutti sono consci della sua priorità come problema del Paese a fronte di un quadro lacerante di frammentazione politica e di debolezza del sindacato.

Per la prima volta la Nadef colloca i divari territoriali là dove devono essere collocati invece di ignorarli. Per la prima volta si prendono impegni per iscritto sui Livelli essenziali di prestazione (Lep) e su alcuni capitoli delicati della spesa sociale italiana. Per la prima volta non si usano tesoretti per distribuire mance a ricchi e poveri ma per mettere da parte 17/18 miliardi l’anno per fare altri investimenti, migliorare la produttività e, quindi, essenzialmente per riunificare le due Italie. Attuando finalmente la coerenza meridionalista degasperiana nella allocazione delle risorse e nella realizzazione della spesa sociale e della spesa in conto capitale. Questi sono i fatti. Il resto, sono chiacchiere, fuffa o propaganda politica, fate voi.

Il governo è sempre più rappresentativo del Paese perché il Paese si riconosce nel governo di unità nazionale guidato da Draghi. Che ha dimostrato che persone con esperienze molto diverse, storie diverse, mentalità diverse, lavorano però tutte insieme. Portano a casa grandi risultati nonostante un parlamento, forze politiche e sindacati che aprono e chiudono ogni giorno. Dicono sì e no a ore alterne nella stessa giornata. Dimostrando, purtroppo, anche se per fortuna non sempre, di avere ancora qualche difficoltà a capire che gli investimenti, il capitale umano e la produttività che sono in testa all’agenda del governo per il nuovo patto per l’Italia con le forze sociali sono in realtà la loro agenda di sopravvivenza che è oggi anche l’unica che può rispondere alle ragioni fondanti del loro ruolo sociale. Sono o dovrebbero essere il loro portabandiera.

Bisogna fare a livello nazionale quello che che fu fatto qualche anno fa in Emilia Romagna con un assessore all’Industria che guardava lontano e che risponde al nome dell’attuale ministro per l’Istruzione, Patrizio Bianchi. Questo patto per la crescita e il lavoro lui lo fece con un imprenditore illuminato che si misura ogni giorno con le regole del mercato globale come Maurizio Marchesini e con un sindacalista della Cgil che si inserisce nel solco dei Di Vittorio e dei Trentin come Vincenzo Colla. Tutta gente che sa guardare lontano e sa farlo insieme. Tutta gente consapevole che la sfida dell’occupazione si poteva vincere solo con un’azione comune. Tutta gente determinata a investire sul capitale umano e sulla formazione.

Hanno superato il momento di difficoltà e sono tornati a creare lavoro di qualità e nuovi lavori anch’essi di qualità. La lettura numerica della Nadef che dimostra che si è fatto quello che si doveva e che ciò che si è fatto oggi è l’esatto contrario di quello che si è fatto negli ultimi venti anni, ci deve spingere a osare sempre di più sul grande tabù dell’Italia che è il recupero produttivo del suo Mezzogiorno. Il laboratorio emiliano-romagnolo in questo caso ci dimostra che deve osare sempre di più il governo e che deve osare sempre di più il Mezzogiorno. Devono farlo insieme remando nella stessa direzione perché questa è la sfida capitale. Che si può vincere solo partendo dalla scuola e dalla formazione investendo sul capitale umano per cambiare la pubblica amministrazione e fare girare non solo i consumi ma anche la macchina pubblica degli investimenti. Ora o mai più.


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