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La lettera a Galileo Galilei spedita da Oriolo nel 1618

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La Biblioteca centrale di Firenze custodisce la lettera di Lelio Pignone del Carretto, secondo Marchese di Oriolo, a Galileo Galilei.

La lettera, autografa, porta la data del 2 gennaio 1618. Ma la Biblioteca di Firenze custodisce anche altre due lettere edite nell’Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei, dove si fa riferimento al Marchese d’Oriolo, al Cavaliere romano, inviate ad Orso D’Elci nel giugno del 1617 e al cardinale Federico Borromeo il 23 dicembre dello stesso anno.

Documenti che mostrano un Marchese curioso, aperto al mondo e alla scienza, ospite più volte nella residenza di Bellosguardo, presso Firenze, come riferisce lo stesso Galilei nella lettera a Borromeo, dove si parla della salute del grande fisico, ma anche di astronomia, matematica, di nuove teorie.

L’importante scoperta sui rapporti epistolari tra Lelio Pignone del Carretto, Marchese d’Oriolo e Galileo Galilei, è stata illustrata nella corte del castello medievale della cittadina dell’Alto Jonio cosentino, candidata a rappresentare la Calabria al concorso nazionale “I Borghi più belli d’Italia” e Bandiera Arancione del Touring Club. Alla conferenza hanno presenziato il sindaco di Oriolo Simona Colotta, il vicesindaco Agostino Diego, il docente Giorgio Delia, Vincenzo Toscani, storico e direttore del locale osservatorio sismico, il docente Unical Vincenzo Carbone, direttore del Dipartimento di fisica ad Arcavacata.

I documenti rinvenuti nella Biblioteca di Firenze che, come riferisce il sindaco Colotta «sono di notevole importanza per la comunità, per i ricercatori, per il territorio, che apre nuovi scenari ed arricchisce la storia di Oriolo», evidenziano un Marchese d’Oriolo quale persona illuminata, amico di Galilei, tanto da procurargli un “vetro” per il telescopio. Dalle missive emerge la richiesta d’intermediazione che Galilei chiede a Lelio Pignone del Carretto: «Discorrere del negotio con il Cardinale Borgia».

Chiedeva di portare all’attenzione del re di Spagna una sua scoperta, quella della Longitudine. La scoperta dei rapporti epistolari e non tra il Marchese d’Oriolo e Galileo Galilei, si deve a Vincenzo Diego, già vicesindaco della cittadina dell’Alto Jonio e autore del saggio “I gigli recisi – Giuseppe Pignone del Carretto e la fine del regno borbonico”. Uno studio approfondito, frutto di una ricerca sulla famiglia Pignone che continua da anni e che svela, come in questo caso, documenti che lasciano un segno nel ricercatore e nella storia di una comunità. Lelio d’Oriolo nacque a Napoli, figlio di Marcello Pignone, intorno al 1560 e «godette di grandissimo favore presso i re di Spagna», frequentatore dei salotti che all’epoca contavano.

Nipote di Giovan Francesco di Sangro, marito di Ippolita del Carretto, dei marchesi del Finale, genitori di donna Costanza di Sangro del Carretto, futura sposa di Lelio. La ricerca storico-antropologica eseguita da Vincenzo Diego è stata unanimemente apprezzata e condivisa. Il docente liceale Giorgio Delia, persona di elevata cultura, si è soffermato sull’importanza dell’epistolario, per una piena conoscenza dell’esperienza di vita e della ricerca scientifica del Pisano, mettendo poi a fuoco la lettera del Pignone e le relazioni che questa lettera implica.

Delia, traccia il profilo del grande ricercatore toscano, uomo non solo di scienza, ma anche fine letterato che preferisce l’italiano al latino, un uomo tenace ma allo stesso tempo avveduto, che preferisce l’abiura alla mortificazione della scienza. Il professore Vincenzo Toscani, storico locale, ha ripercorso la storia dei Pignone del Carretto ad Oriolo, mentre docente Unical, Vincenzo Carbone, evidenziando l’importanza della ricerca ha sottolineato la necessità di approfondire i rapporti del marchese di Oriolo con Galileo, capire se si ha di fronte un mecenate o anche un uomo di scienza. Serve un progetto organico, servono risposte, su Pignone d’Oriolo, ma anche su tante altre figure calabresi, si può partire da qui, per scrivere assieme pagine importanti, per ricercare con più vigore il nostro passato, la nostra storia.

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Stefano Mandarano

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