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I tornelli al San Vito di Cosenza (foto di Iaconianni Family - Fotoguru.it)

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COSENZA – I privati cittadini – come ristoratori e baristi – devono controllare il green pass dei clienti ma «non possono richiedere la carta d’identità». Parola della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, datata 9 agosto. Logica vorrebbe, però, che quantomeno negli unici luoghi in Italia dove da oltre un decennio privati cittadini – ovvero gli steward – controllano i documenti di migliaia di persone – i tifosi negli stadi – l’autenticità del certificato verde (o meglio la reale corrispondenza con i dati anagrafici) venga accertata.

E invece no, almeno al “San Vito” di Cosenza. E così si concretizza il paradosso: nello spazio in cui si esercita il maggior grado di controllo preventivo, in nome dell’ordine pubblico e con il benestare dei controllati, lo stesso non avviene per la salute pubblica e ciascuno di noi potrebbe entrare nell’impianto intitolato a Gigi Marulla con il “lasciapassare” sanitario del signor Fumagalli o Trevisan senza che nessuno si insospettisca.

NOMINATIVI E TELECAMERE

La procedura d’ingresso a cui i tifosi sono ampiamente avvezzi è la seguente: nella fase di prefiltraggio gli steward – uomini e donne in pettorina fosforescente a cui, per qualche ora, vengono concesse le tutele e in parte i poteri della pubblica sicurezza – chiedono agli spettatori il biglietto e un documento d’identità per appurare la coincidenza dei dati.

Superato il primo step si passa al controllo – questa volta con la collaborazione di polizia e carabinieri – di borse, bottiglie (da introdurre solo in plastica e senza tappo), bandiere, striscioni (per cui è obbligatorio ottenere autorizzazione almeno 7 giorni prima dell’incontro) accendini, ombrelli e altri oggetti potenzialmente pericolosi.

Terzo e ultimo livello: in fila indiana gli astanti si infilano nei tornelli dove uno scanner registra il codice a barre del tagliando, a cui sono collegati i dati anagrafici e un volto, puntualmente individuato dal sistema di videosorveglianza. Luce verde, le sbarre di acciaio si aprono.

E IL GREEN PASS?

Ora, a che punto della procedura introdurre il controllo della certificazione verde? La risposta potrebbe apparire semplice: nella prima fase, contestualmente alla verifica del ticket e del documento di identità.

In occasione di Cosenza-Crotone e delle precedenti due partite casalinghe dei Lupi, invece, si è pensato di aggiungere un drappello di steward che in primissima battuta passa al setaccio i qr code dei tifosi, con il documento in tasca. La carta d’identità, però, viene richiesta tre metri più avanti dai colleghi incaricati dell’esame dei biglietti.

Il sistema di orwelliana ispirazione è giustificato dal principio di prevenzione degli episodi di violenza. Anche il Garante della privacy nel 2005, interpellato dal Ministero sulle procedure di sicurezza in impianti da oltre 10mila posti, aveva espresso un parere sostanzialmente positivo, affermando che la videosorveglianza «rispetta i principi di liceità e necessità in ragione dei reiterati disordini e degli episodi di violenza» e che «le modalità di ripresa che consentono l´individuazione di singoli spettatori, appaiono proporzionate e non eccedenti rispetto agli scopi prefissati», mentre qualche dubbio in più era stato espresso per i biglietti nominativi.

Alla richiesta di un parere sui decreti ministeriali «non sono stati allegati specifici elementi – lamentava il Garante – che consentano all´Autorità di ritenere allo stato proporzionata una misura così delicata a fronte degli innumerevoli dati personali che dovrebbero essere trattati e di verificare la sua effettiva utilità rispetto alle finalità perseguite e alle modalità con le quali si svolgono gli incidenti». Sta di fatto che i biglietti nominativi sono ad oggi una più che consolidata consuetudine.


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