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MARATEA – Con una lunga replica, Alta Sartoria italiana risponde alla notizia pubblicata ieri sulle pagine del Quotidiano dal titolo “Ex Lucana Calzature, aria di bluff”.
Un approfondimento sul progetto con cui la Spa in questione si è aggiudicata il bando di reindustrializzazione di quella che una volta era la fabbrica di scarpe. E da cui emerge la debolezza finanziaria della società candidata all’investimento di dodici milioni di euro, di cui sei di finanziamento pubblico a fondo perduto.
Ma Alta Sartoria italiana non ci sta e smentisce alcune notizie pubblicate.
«Innanzitutto – si legge nella replica – Alta Sartoria Italiana sottolinea di aver sempre ed esclusivamente realizzato capi “su misura” cuciti a mano per clienti privati di elevato profilo ed a livello internazionale. Non ha mai ha mai commercializzato all’ingrosso alcunché».
Inoltre, in riferimento alle valutazioni finanziarie di Cribis D&B, l’agenzia di rating che inserisce la società tra quelle ad elevato rischio credito e dismissione, la nota precisa: «Le stesse fanno riferimento ad una società di fatto neo costituita come peraltro previsto dal Bando regionale».
Mentre, per quanto riguarda il capitale sociale, «esso è detenuto solo da 4 persone fisiche – fa sapere ancora Alta Sartoria italiana – Nella SpA non esiste alcuna partecipazione azionaria da parte di compagnie alberghiere né direttamente né indirettamente. E ancora il numero dei dipendenti non è di tre unità – come riportato dal Quotidiano – ma di sedici».
Queste sono le precisazioni dell’azienda, in merito alla sua stabilità finanziaria.
Ma – come risulta dagli atti ufficiali dell’Agenzia Cribis D&B – le cose stanno proprio come riportate dal Quotidiano. Nella scheda di valutazione dellla società che si occupa di business informatino e che elabora i suoi dati in base agli atti ufficiali forniti dalla stessa azienda l’attività primaria dichiarata è “commercio all’ingrosso di prodotti sartoriali”.
Inoltre – va pure precisato – che l’accertamento Cribis è datato 24 marzo 2014, elaborato sui dati aziendali del 2012, in quanto i più recenti a disposizione, quelli dell’ultimo bilancio approvato. L’atto di costituzione dell’azienda risale al febbraio del 2012. Mentre il bando è stato pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Basilicata del primo aprile 2013.
Non si capisce come, quindi, la società possa considerarsi neo costituita.
Per quanto riguarda la composizione societaria è vero che c’è stata una inesattezza: le società alberghiere a cui si fa riferimento nell’articolo (Congress hotels investment, Building srl, Compagnia partecipazione Alberghiere srl e Azienda italiana gestione alberghi srl) non posseggono azioni della Spa ma sono quelle collegate al rappresentante dell’impresa, Marco Pompedda, che al loro interno ricopre altre cariche sociali, e che quindi in prevalenza si occupa di altro. Pompedda detiene anche il 20 per cento delle azioni della società, di cui socio di maggioranza è l’imprenditore Federico Scionti.
Per quanto riguarda il numero dei dipendenti, dagli atti ufficiali relativi all’anno 2012, questi risultano essere tre. Evidentemente, da allora, l’azienda deve aver fatto nuovo assunzioni. Certo resta comunque molto ambizioso il progetto di un’azienda di 16 dipendenti che annuncia di volerne assumere ben 163 (tra cui 60 della ex Lucana Calzature).
Detto questo, tutti gli altri numeri (capitale sociale, stato patrimoniale, fatturato e passivo) restano confermati.
Soprattutto quelli relativi alla valutazione che ne fa Cribis che, in caso di fido, stima la massima esposizione consigliata pari a 2.100 euro, quando la Regione Basilicata si appresta a concede ad essa sei milioni di euro. A proposito di questo, la relica di Alta sartoria italiana precisa pure: «Il finanziamento di 6 milioni di euro non sarà “elargito” dalla Regione Basilicata “Senza Condizioni” ma conseguentemente alla dimostrazione da parte di Alta Sartoria Ita Spa dell’apporto di mezzi propri per altrettanti 6 milioni». Il che non è stato mai messo in discussione nell’articolo in questione.
E – ci permettiamo di aggiungere – le garanzie a cui si fa riferimento sono il minimo data la consistenza del contributo pubblico a fondo perduto.
In merito poi alle ulteriori osservazioni mosse in aula, dal consigliere comunale d’opposizione carmelo Ferrara, riportate dal Quotidiano, la società precisa pure: «Il Capannone non è stato mai oggetto di trattativa di vendita ma esclusivamente di trattativa per un contratto di Locazione con diritto di opzione alla vendita che Alta Sartoria Italiana Spa si è impegnata , nell’ambito del progetto di reindustrializzazione, a ristrutturare, con un impegno finanziario rilevante. Il Diritto di opzione all’acquisto sarà esercitabile a condizione che Alta Sartoria Italiana Spa avrà mantenuto un livello occupazionale di almeno 163 unità lavorative e per almeno 12 anni».
Precisazione che però non elimina il fatto di base contestato dall’esponente di minoranza in Consiglio comunale. Ovvero: «Il fabbricato non risulta accatastato. Quindi come si fa a parlare di contratto di locazione con opzione di vendita?».
Alta Sartoria italiana chiede chiarezza per evitare che venga infangato il nome della società e soprattutto per non mettere a rischio un progetto in grado di occupare un elevato numero di lavoratori e creare un forte indotto.
Senza alcun pregiudizio nei confronti di questi imprenditori, e animati dalla sola volontà di rendere un servizio utile alla regione, quella chiarezza Il Quotidiano la chiede a voce ancor più alta per evitare che al territorio l’ennesimo scempio alla “prendi i soldi e scappa”.
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