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STAVO scendendo dalla casa di alcuni amici carissimi, da Rossellino, ho guardato le sue luci, ho cercato di fotografarla con un solo sguardo. Non ci sono riuscito. Lei si distende sinuosa tra una collina e l’altra, si adagia, poi si rialza. “Che bella”.

Domenico “Ma che bella e bella, hai visto altre città tu oppure conosci solo Potenza? Da lontano i centri storici escono con altre mura, con altre luci. E’ da lì che parte l’anima di una città. Potenza, poi, ci entri, strade dissestate come questa che stiamo facendo, palazzi di varie misure, colori che sembrano che li abbiano messi apposta così brutti e disuniti, traffico che manco in una metropoli è così confuso. Bella? Ma che dici. Solo il tuo amore cieco, si cieco, per lei ti può far dire bella.  E poi il suo vanto, le scale mobili quasi disabitate, un cavalcavia per sormontare la ferrovia, appeso, il centro solo di bar e con storici negozi che chiudono. Potenza, senti a me bisogna riacchiapparla e ridarle l’anima che non ha”.

Abbiamo preso a litigare perché Domenico ha continuato a parlare di noi potentini e l’ho bloccato. Sarebbe finito in un litigio irreparabile.

Non ci posso credere, mi ha guastato la cena. E così ho rifatto a memoria le sue strade, le sue contrade, le sue piazze, i palazzi nuovi, via Pretoria, piazza Sedile.

E mi è presa una tristezza che solo la stanchezza e l’ora tarda hanno potuto cancellare.

Ma se la città è il luogo più importante che l’uomo ha, è il motore di ogni cosa che ciascuno di noi fa ogni minuto, e questa città non è bella e non ti accoglie e, anzi, ti stringe nell’angolo della tua casa a difesa di quello che hai e basta, cosa  si deve fare?

La città cambia solo attraverso i suoi abitanti quando essi decidono di strappare una parte del loro egoismo e dei loro piagnistei, quando la smettono di guardare agli altri con sospetto e quando decidono di fare qualcosa per lei. Dovremmo tutti sapere che la città è mia se è di tutti, che la città è mia se mi interessa tutto di lei e non già quello che succede nella mia strada, sotto il mio portone, al massimo vicino a dove lavoro. Solo così essa saprà sostenere tutti. 

“Un’altra città”  si costruisce su un patto di fiducia reciproca incondizionato dove ciascuno, se fa la sua parte,  potrà essere sostenuto. Se penseremo di difendere solo quel poco che abbiamo la nostra città si impoverirà ancora di più.

Perché una città che vuole per se un futuro nobile, si deve muovere tutta assieme con emozione, esprimendo la creatività della quale è capace, tollerando, coltivando la speranza ed esprimendosi nella passione.

E deve stare dentro di noi. Solo a questo modo tutti noi sapremo vivere il presente, la presenza. E’ la presenza attiva di ogni potentino che la renderà più bella ed attraente . E noi attorno alle idee e a ciò che decidiamo di fare, dobbiamo mettere tutte le nostre braccia, tutta la nostra mente, tutta la nostra passione.

Insomma Potenza  ha bisogno di tutti noi senza condizioni.

Per questo, qui c’è bisogno della buona politica, quella che è in grado di raccogliere la visione di quello che dovrebbe essere Potenza e di saperla raccontare e assecondare.

Si parte da qui se vogliamo che la nostra comunità  sia in grado di riprendersi e di prosperare.  E si parte dalla sua anima.  Ha un’anima la nostra città? Si che l’ha. Bisogna spolverarla, bisogna metterla a nudo. Noi abbiamo tante storie da raccontare, tanti sentimenti buoni da consegnare, tante simpatie da riprendere. E abbiamo tante opportunità da cogliere.

“Caro Domenico la mia città è bella vista da fuori, è assai meno bella  quando la percorri perché ha molti acciacchi. Lo sai che scriveva il grande Albert Camus “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei” e questo significa che potremo migliorare la sua estetica, non di più. Ma non è questa la bellezza che cerco. Cerco la sua anima. Cerco concittadini che la dichiarino bella per come si vive, per come si gira, per come si respira, per come si è accolti a Potenza. Tra un po’ i suoi nuovi primi passi. 

“Caro Paolo trovo vere le tue parole, quando dico vere non lo intendo in senso superficiale ma in senso reale, percepibile. Almeno per quelli che come me sono contaminati da romanticismo, nostalgia e progetti che trovano slancio dal cuore. Nella tua via Pretoria, così, vedo il lento passeggiare dei “vecchi commercianti” come Califano, rivedo i sottani ancora vivi prima del terremoto, riassaporo i profumi del caffè Dragone, la gente a piazza del Sedile che usciva dalla Sip, l’uccelleria Spagnoli e il merlo che ripeteva ai contadini che venivano in città: “zappa Nicòò”, il mercato a p.zza Duca della Verdura e il Baccalà di Metastasio la faceva da padrone, Rosa che vendeva gli elettrodomestici – Brionvega la televisione che era spaziale- , i piccoli bottegai che incorniciavano la Trinità, Il Gran Caffè, ma io preferivo il gelato di don Alfonso che aveva il bar all’angolo, la villa del Prefetto, i portoni grandi dei palazzi nobili e gli stemmi raccontati da Vittorio Sabia, mi risuonano i toni ed i racconti di Trufelli,  eccetera, eccetera.  Quando io penso a Potenza sono fermo lì, ed è lì che vorrei andare a riprenderla e spostarla al futuro. Vorrei farlo facendole conservare il cuore saldamente nel suo passato”. 

Rocco Catalano

Caro Rocco, sì,  dobbiamo riacchiappare il cuore antico. Solo il cuore antico ci dice che  una città c’è e si rinnova.  Il cuore antico abita nel centro storico perché è lì che  è avvenuta, avviene la storia  riassunta di una comunità raccontata in ogni possibile incontro, in ogni possibile disagio, in ogni possibile avventura. 

Da qui si stende Potenza. E’ fatta di passi forti, di ascolti e di confronti, densi e pure pacati tra la gente che si conosce quasi tutta. Qualche volta i passi sono smarriti e vanno su e giù per la via stretta per rintracciare calore, emozioni o la forza che serve.

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