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POTENZA – C’è una quarta ordinanza d’arresto per il duplice omicidio dei coniugi Gianfredi.

Rischia di finire in carcere Angelo Nolè, 63enne di Filiano accusato di essere stato tra gli organizzatori dell’agguato di Parco Aurora il 29 aprile del 1997.

Lo ha deciso il Tribunale del riesame di Salerno accogliendo l’appello del pm Rosa Volpe contro l’ordinanza del gip Maria Zambrano che ha febbraio aveva respinto la richiesta di una misura cautelare anche nei suoi confronti, spiccandone altre 3 nei confronti di altrettanti personaggi ai vertici del nascente clan dei basilischi: il fondatore Gino Cosentino, il pignolese Saverio Riviezzi e il potentino Carmine Campanella. 

A fare il suo nome prima con gli investigatori dell’antimafia lucana, e poi con i colleghi campani, sono stati i due pentiti rei confessi, che nel 2010 con le loro dichiarazioni hanno segnato la svolta nel mistero sui killer di Pinuccio Gianfredi e Patrizia Santarsiero.

Per Alessandro D’Amato, l’ex camionista melfitano che ha ammesso di aver sparato senza sapere che nell’auto ci fossero anche la donna e i figli della coppia scampati, soltanto per miracolo, Nolè avrebbe fatto da intermediario tra lui e Riviezzi.

“Io so solo che si sono riuniti tutti e tre, Cossidente, Riviezzi e Nolè, e hanno deciso che comunque si doveva incominciare ad ammazzare queste persone. A fare rumore. E a far rumore significava far rumore forte  (…) dovevamo colpire il pezzo”. Queste sono state le parole di D’Amato ai pm di Salerno nell’interrogatorio del 5 dicembre del 2012.

Mentre Antonio Cossidente, il boss pentito della calciopoli rossoblu e delle relazioni scottanti coi palazzi che contano, ha riferito di sopralluoghi effettuati da Nolè assieme a Campanella, con cui sarebbe stato legato anche da un rapporto di parentela.

«E’ andato pure Angelo Nolè qualche volta insieme a lui, perché poi erano… i due sono, tra parentesi, dovrebbero essere anche, se non sbaglio, cugini o compari». Così il padrino diventato collaboratore di giustizia due mesi dopo le prime dichiarazioni  di D’Amato. «Tra la famiglia Nolé e la famiglia Campanella. Perché Campanella, il padre è di origini di Rionero (…) Molte volte anche il Nolè accompagnava il Campanella nei vari appostamenti anche perché Nolè non era conosciuto in quella zona e neanche dal Gianfredi. Quindi spesso, mi diceva Campanella, che qualche volta è capitato che Nolè andava anche sotto casa, così passeggiando come una persona normale, Perché poi lui aveva l’abitudine di portare sempre un camice.  Nolè portava un camice questi qua che usano spesso nelle falegnamerie o nelle officine. I  camici blu coi bottoni ecco».

In altri termini Nolè sarebbe stato «una persona molto discreta». Ideale per raccogliere informazioni sulle abitudini della vittima designata senza destare sospetti. «Poi l’età che aveva, i capelli bianchi una pesona… non… non dava nell’occhio. Quindi spesso col camice si faceva la passeggiata pure davanti al piazzale di Gianfredi».

Di più sul suo conto gli investigatori della Mobile di Potenza hanno recuperato un tabulato telefonico in cui compare il numero di sua moglie affianco a quello di Massimo Cassotta, considerato il referente del clan dei basilischi nel melfitano e fratello di Marco Ugo, un’altra delle vittime di Alessandro D’Amato.

Per il gip di Salerno si sarebbe trattato comunque di elementi insufficienti. A suo dire infatti i coollaboratori sarebbero stati «vaghi nel tracciarne il contributo limitandosi a identificarlo tra i mandanti ed organizzatori».

«Peraltro – prosegue l’ordinanza impugnata dalla procura – la figura del Nolè non appare nemmeno particolarmente caratterizzata nel contesto delinquenziale del quale si è parlato. Assolto dal processo Basilischi  (nell’ambito del quale, peraltro, non era accusato del reato di cui all’articolo 416 bis) egli vanta diversi precedenti, ma nessuno per associazione di stampo mafioso; né infine i controlli di polizia di cui alle più recenti informative ne hanno fornito elementi significativi quanto ai suoi rapporti con gli altri indagati».

Prima che l’ordinanza del Riesame diventi esecutiva e scattino le manette per il 63enne di Filiano occorrerebbe il passaggio in giudicato. Ma il suo legale, l’avvocato Valeria D’Addezio, ha già annunciato ricorso in Cassazione.

Nei giorni scorsi lo stesso Riesame di Salerno, aveva respinto anche i ricorsi presentati dai legali di Campanella, Riviezzi e Cosentino. Quest’ultimo, in particolare, era stato collaboratore di giustizia a sua volta da settembre del 2007 fino della revoca del programma di protezione nei suoi confronti avvenuta a maggio dell’anno scorso, ma non aveva mai ammesso responsabilità per i fatti di sangue dei primi anni di attività della nuova “famiglia” lucana

l.amato@luedi.it

 

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