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SELLIA MARINA (CZ) – Un «sentimento di vendetta». Covato per sei mesi, ed esploso ora che, davanti all’ennesima lentezza giudiziaria, Andrei Valentin Epure, il rumeno che travolse e uccise Matteo Battaglia, sulla strada statale 106, a Sellia Marina, potrebbe uscire dal carcere. A parlare è Giuseppina Frangipane, la madre del piccolo di 11 anni morto a Sellia Marina il 24 agosto dello scorso anno. E’ stata lei a prendere carta e penna ed a scrivere al presidente della Repubblica, per evidenziare che molto presto il giovane rumeno potrà tornare in libertà. 

«Ci apprestiamo, come ogni mese, a celebrarne la memoria – ha scritto la donna – ma abbiamo saputo che questa volta, in chiesa, potrebbe esserci anche Epure Andrei Valentin: domani, in coincidenza con la ricorrenza del semestre dalla tragedia che ha devastato tutta la nostra famiglia, scadono i termini di carcerazione preventiva e non ci risulta che la Procura della Repubblica di Catanzaro abbia chiesto il rinvio a giudizio di Epure Andrei Valentin. Domani l’omicida di mio figlio potrebbe essere tra noi lì in chiesa, sbeffeggiarci dal proscenio della sua riacquistata libertà, e sottrarsi alla Giustizia, come già ha tentato di fare dall’Ospedale ove era ricoverato pochi giorni dopo l’incidente». Parole molto forti, dunque. Proncunciate riguardando le drammatiche immagini di quell’incidente, quando il Suv guidato dal rumeno piombò su Matteo, mentre il piccolo stava aiutando il nonno davanti al negozio di frutta e verdura, proprio sulla strada statale 106.

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Da qui l’appello al Presidente della Repubblica: «Oltre che capo dello Stato è anche il capo della Magistratura, lei insomma è due volte garante, nei confronti miei come di tutti i cittadini, che in Italia si faccia Giustizia. Io, madre a cui Epure Andrei Valentin ha strappato e straziato un figlio di appena 11 anni, mi trovo oggi nella condizione, da me non prevista e voluta, di rimodulare il mio sentimento di Giustizia in sentimento di vendetta. Non l’ho scelto, ma l’inerzia della Procura della Repubblica di Catanzaro mi sta inducendo verso questa trasformazione, e le assicuro contro il mio volere, contro il mio senso di cittadinanza, contro il concetto, un tempo condiviso, di vivere in uno Stato di diritto». 

Secondo Giuseppina Frangipane, «sei mesi, tanti ne sono passati, sembrerebbero a chiunque sufficienti per formulare in uno Stato di diritto una accusa così semplice e richiedere la celebrazione di un processo. Non è un processo di mafia, non ci sono quintali di intercettazioni da sbobinare ed esaminare; no, è un semplice – quanto per me tragico – omicidio stradale (si vedrà poi se colposo o doloso con dolo eventuale, come giustamente non può escludere il legale che ci assiste e che fin dai primi giorni ha formalmente quanto vanamente sollecitato alle autorità inquirenti indagini volte a chiarire tali aspetti). Ma niente. Nessuna accusa formulata, nessuna richiesta di processo, e quindi la scadenza dei termini di carcerazione preventiva che domani rimetterà in libertà il carnefice di mio figlio Matteo Battaglia, un raggiante ragazzino colpevole solo di esistere nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Epure Andrei Valentin, indiscutibilmente colpevole di averlo schiacciato e massacrato, neppure si sa se mai lo Stato lo perseguirà; ci siamo aperti all’Europa, siamo diventati più civili, ma Epure Andrei Valentin – prosegue la missiva – ha trovato in Italia (contrariamente alla Romania da cui è fuggito) un sistema privo di garanzie per i deboli e pregno di salvacondotti per i criminali. Forti i criminali, i deboli siamo noi, che oggi accogliamo e ci apriamo agli Epure Andrei Valentin di turno, e li lasciamo liberi di ucciderci grazie alla “grande conquista” di civiltà delle garanzie per gli imputati fino a sentenza definitiva». 
C’è rabbia nelle parole di questa donna straziata dal dolore. C’è delusione e sconcerto: «Adesso Epure Andrei Valentin potrà, sì lo potrà fare liberamente perché fisicamente non glie lo impedirà nessuno, potrà rimettersi alla guida e uccidere ancora. Chi, sig. Presidente, chi glie lo impedirà? Nessuna istituzione lo farà, sig. Presidente, nessuna ne avrà il tempo. Eppure all’indomani della tragedia tutte le istituzioni, locali e nazionali, il tempo di mettersi in mostra, di fianco alla bara contenente i resti martoriati di mio figlio, il tempo lo avevano trovato; il tempo di indossare il vestito buono, con tanti e sgargianti nastri tricolori, e le divise d’ordinanza, come le alte uniformi. Quel giorno erano tutti sul palco – ha proseguito – contriti a mostrarsi ai media nazionali, a promettere cambiamenti per il futuro; giù dal palco invece le future vittime degli Epure Andrei Valentin, gli occhi gonfi di lacrime, ignare dell’inganno che quelle Istituzioni, nessuna esclusa, stava loro perpetrando. Spenti i riflettori dei media è rimasto solo l’insopportabile dolore, lo strazio di una madre abbandonata a sé stessa a fare i conti, tutti i giorni – con perdita di un figlio, la cosa più innaturale ed inumana che si possa immaginare». 
Nel rivolgersi al presidente della Repubblica, la madre di Matteo ha ancora evidenziato: «Non mi biasimi se oggi i miei sentimenti di fiducia verso le istituzioni si stanno modificando per lasciare il posto, nello strazio della mia involontaria quanto ingiusta solitudine, ad un sentimento selvaggio e orrendo come la vendetta. Epure Andrei Valentin ha ucciso mio figlio, non c’era nessuna indagine da fare, la sua custodia cautelare doveva continuare, non come anticipazione di una pena che un domani (molto lontano) una inutile sentenza  definitiva gli comminerà, con tutti gli sconti e le garanzie che il sistema certamente gli riconoscerà; doveva continuare per impedirgli di uccidere ancora, cosa che lo Stato da domani gli permetterà di fare, addirittura incoraggiandolo; doveva continuare perché anche le future vittime, gli ignari che stavano giù dal palco occupato dalle autorità in mostra davanti alla bara di mio figlio – conclude Giuseppina Frangipane – è stabilito fin da ora che neanche loro devono avere giustizia».
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