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POTENZA – Si sono svolti ieri pomeriggio a Pescara i test sui campioni prelevati mercoledì dai militari del Noe all’interno del centro Eni di Viggiano.

Nel giro di una settimana i risultati dovrebbero arrivare negli uffici dell’Antimafia di Potenza, a cui spetterà decidere il da farsi. Ma i consulenti della Procura dovranno effettuare anche una serie di accertamenti ulteriori, che potrebbero portare via dei giorni in più. Si tratta di capire -senza girarci troppo attorno- come si è arrivati a questo punto, a cominciare dalle autorizzazioni concesse all’impianto della compagnia di San Donato non più tardi di 3 anni fa dalla Regione Basilicata.   

Alle operazioni di laboratorio hanno assistito due tecnici indicati dall’avvocato dell’Eni per conto del responsabile della divisione Sud Italia Ruggero Gheller subito dopo il blitz dei carabinieri e del pm Laura Triassi. 

Alfredo Pini e il team di esperti dell’Arta Abruzzo incaricati in sostituzione di Paolo Rabitti (Giovanni Damiani, Giuliana Trulli e Fabrizio Stecca) dovranno stabilire innanzitutto la tipologia dei rifiuti prodotti dal Centro oli. Quindi il codice corrispondente del catalogo europeo, da cui dipende il tipo di trattamento previsto dalla legge prima dello smaltimento finale.

Ogni giorno si contano in migliaia di tonnellate i liquami caricati sulle autobotti e inviati da Viggiano a Tecnoparco Valbasento, nell’area industriale di Pisticci, dove vengono sottoposti a una serie di “lavaggi” e poi scaricati nel fiume.   

Si parla in massima parte di “acque di strato” che sarebbero né più né meno che la componente liquida separata dal greggio che viene prelevato dagli strati profondi della Val d’Agri, al ritmo di quasi 90mila barili al giorno. Infatti il codice assegnato è lo stesso utilizzato per i “rifiuti non pericolosi”. Mentre gli investigatori sospettano che le cose stiano in maniera diversa, per la presenza di sostanze poco “carine” al loro interno. Ad esempio idrocarburi e metalli pesanti. Come in quelle che in un qualsiasi stabilimento industriale vengono classificate come “acque di produzione”, più che altro, e a volte pure “pericolose”, con il relativo codice da indicare sulle bolle di accompagnamento verso l’impianto prescelto per il loro smaltimento.

Se l’ipotesi degli inquirenti fosse confermata dall’esito dei test di laboratorio è evidente che prenderebbe corpo l’accusa di traffico illecito di rifiuti per il capo della divisione Sud dell’Eni, uno dei progettisti del Centro oli di Viggiano e 9 tra soci e responsabili di Tecnoparco (v. foto), la ditta misto pubblico-privato che fornisce servizi per le imprese nell’area industriale di Pisticci, ma raccoglie anche rifiuti provenienti dall’altro capo della Regione, in particolare la Val d’Agri. Poi saranno i pm della Dda lucana, Laura Triassi e Francesco Basentini, ad esaminare la situazione e la maniera migliore di ripristinare una gestione corretta degli scarti delle estrazioni per evitare rischi per l’ambiente, oltre alla salute di chi vive a valle degli scarichi del depuratore utilizzato.

Poi c’è l’aspetto della conformità dei rifiuti prodotti con quelli previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale dell’impianto realizzato dalla compagnia del cane a sei zampe nel capoluogo petrolifero lucano. Questo è l’ultimo quesito che gli inquirenti hanno affidato ai loro consulenti e potrebbe allargare il perimetro dell’inchiesta al merito del procedimento amministrativo che ha portato al “via libera” della giunta regionale arrivato nei primi mesi del 2011. Un doppio via libera, per essere precisi, dato che nel giro di 3 mesi la Regione ha concesso prima l’autorizzazione integrata ambientale al Centro oli, e poi l’ok al suo ampliamento con la realizzazione di una quinta linea capace di aumentare la produzione di greggio in maniera notevole, forse persino raddoppiarla. Possibile che ci fosse un “buco” nei disegni esaminati, tra i flussi in entrata e i flussi in uscita, e chi doveva farlo non se n’è accorto?

Intanto «piena fiducia nel lavoro dell’autorità inquirente» è stata espressa dal presidente di Tecnoparco Nicola che in una nota ha spiegato di attendere «sereno l’esito degli accertamenti in corso che confermeranno la correttezza e la legalità delle attività svolte da Tecnoparco e da Eni». Nella consapevolezza, ha aggiunto, «che tali attività nel loro concreto svolgimento non ha danneggiato e non danneggiano la salute e l’ambiente pubblici».

Nessuna nota ufficiale invece dalla compagnia di San Donato che ha affidato al Tgr poche parole per dirsi fiduciosa a sua volta sugli esiti delle analisi «purché i test sono condotti nel pieno rispetto della legge da enti e laboratori terzi e certificati».

l.amato@luedi.it

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