L'abisso del Bifurto
5 minuti per la lettura978 CHILOMETRI. È questa la distanza che separa Venezia, la città del Doge e della Mostra del Cinema, da San Lorenzo Bellizzi, piccolissimo comune calabrese, custode delle porte del Parco Nazionale del Pollino. Eppure durante la cerimonia di premiazione della 78esima Mostra del cinema ospitata dalla città lagunare, se si fosse teso un filo o, meglio, una corda di quelle che usano gli speleologi, tra il palco su cui Michelangelo Frammartino alzava il Premio speciale della Giuria e il campanile di San Lorenzo, per colmare la distanza ne sarebbe bastata una lunga appena 683 metri, l’esatta profondità dell’Abisso del Bifurto, l’imponente inghiottitoio (sito nell’adiacente Comune di Cerchiara di Calabria), in cui è ambientato Il Buco, pellicola a cui la comunità sanlorenziana e tutta l’amministrazione comunale del borgo sono, indissolubilmente, legati.
D’altronde, se proprio a San Lorenzo Bellizzi, in occasione della conferenza stampa tenutasi al termine delle riprese, Frammartino dichiarò “San Lorenzo Bellizzi mette in crisi l’occidente…” e se a Venezia, ad applaudire alla prima proiezione di Il Buco, sedevano, su invito della produzione, Antonio Cersosimo e Salvatore Restieri, rispettivamente sindaco e consigliere comunale del borgo montano che ha patrocinato, nella forma e nella sostanza, l’opera fin da quando non un solo “ciak si gira” era stato pronunciato, c’è un perché.
Questo perché spiega il piccolo, grande ruolo di una comunità, che dell’accoglienza e della genuinità ha fatto la propria connotazione culturale, in un successo che parla una lingua fatta di suoni di Calabria. Corde e funi: forse è questa la chiave di lettura, la metafora giusta, per comprendere esattamente la genesi di questo rapporto di adozione empatica, di interazione resiliente che ha concretizzato il rapporto tra una comunità e una troupe cinematografica.
Quando esplori una grotta, quando ti cali per l’Abisso del Bifurto per raccontare la storia di alcuni giovani membri del Gruppo Speleologico Piemontese che nell’agosto del 1961 decidono di immergersi nel sottosuolo di un Meridione che tutti stanno abbandonando, quando inizi un’avventura che non sai esattamente dove ti porterà, tranne che in uno dei luoghi più inaccessibili del mondo, c’è una cosa di cui ti assicuri: chi tiene la corda? Chi c’è dall’altro capo della fune? La risposta a questa domanda la dà lo stesso Frammartino, che nella già citata conferenza dichiara: «Il Buco nasce dall’incontro con il territorio di San Lorenzo Bellizzi e in particolare con lo speleologo calabrese Nino Larocca, che conosce profondamente l’Abisso del Bifurto».
Un incontro le cui conseguenze non potevano essere immaginate né dal regista e dalla produzione, né dalla comunità sanlorenziana. Eppure, grazie a un’intuizione del sindaco Cersosimo e dell’intera amministrazione comunale, in tempi assolutamente non sospetti in cui il successo era meno di una possibilità, fin dal 2016, il Comune di San Lorenzo Bellizzi supporta il progetto cinematografico del regista Michelangelo Frammartino e di tutto il suo staff, che nel centro montano trovano più di una casa. Così l’antico borgo diviene per un periodo set cinematografico, la sala consiliare viene trasformata nell’ufficio della produzione, la Casa Parco, struttura comunale, divenne sartoria, laboratorio per la realizzazione delle scenografie, sala per le acconciature e alloggio per gli speleologi protagonisti della storia, gli abitanti del piccolo comune recitano come comparse nella pellicola che ritrae per la maggior parte delle riprese in esterno proprio San Lorenzo Bellizzi. San Lorenzo si trasforma in una vera e propria base logistica e l’impegno posto in essere, tanto dall’amministrazione di San Lorenzo Bellizzi, tanto dalla comunità tutta, non si limita a un formale patrocinio, da subito accordato.
C’è qualcosa di più, una magia tutta calabrese. C’è serenità fattiva e creativa. C’è supporto, condivisione, volontà partecipata e partecipante a fare e a fare bene. Se questo backstage è da Oscar (che sognare costa poca ma rende tanto come dimostrato da Cersosimo e dai suoi concittadini, da Frammartino e da tutta la produzione) oltre la statuetta conferita a chi ha creduto da subito a un’idea folle e geniale, ci sono altri due premi da attribuire. Il primo va a Nino Larocca a cui è riconosciuto il merito di aver riportato Michelangelo Frammartino nel territorio calabrese e soprattutto di aver dato un apporto fondamentale per la realizzazione del film, mettendo la sua esperienza di speleologo al servizio della troupe. Il secondo va a Salvatore Restieri, consigliere comunale, per il suo grande impegno che l’ha visto spendersi con passione sincera nel supportare nelle varie fasi, sia la regia che la produzione.
Cosa resta alla fine di tutto, dopo i titoli di coda, quando le luce si spengono e una voce d’autoparlante ci invita ad abbondare la sala del cinema? Dopo aver collocato, di ritorno da Venezia, in una bacheca il Premio speciale della giuria, la Pellicola d’oro all’operatore Luca Massa, il Premio Green Drop Award? Dopo che la comunità internazionale ha attribuito il giusto riconoscimento a un’opera straordinaria realizzata da un figlio della nostra terra di Calabria, oggi da lui gratifica e portata alla ribalta semplicemente facendone conoscere le infinite bellezze del territorio, del Parco Nazionale del Pollino, dell’Alto Ionio, purtroppo in parte sconosciuto a tanti? Resta San Lorenzo Bellizzi, un borgo certamente grato di essere stato scelto, infinitamente orgoglioso di quanto posto in essere e in cui, a quanto pare, i miracoli culturali riescono per pura forza di volontà e sana follia visionaria.
Che sia un incantesimo ripetibile in ogni parte della nostra regione? Il tempo, e i nuovi sognatori, ce lo dimostreranno.
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