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LA corsa quella mattina non mi stava aiutando. Quello della notte precedente era solo l’ultimo di tanti e frequenti sonni tormentati. Avevo sognato quel tizio calvo, occhi di ghiaccio, incontrato sul mio volo di ritorno da Madrid, un mese prima. Non ci avrei fatto caso, se non mi avesse seguito fin sotto casa. Se in coincidenza a quella sua “strana visita”, non avessi iniziato a ricevere strane email. “So chi sei, non puoi sfuggirmi. Sono venuto a riscuotere il tuo credito verso la società”. Credevo di aver messo una pietra sul passato ma ora qualcuno tornava. Avevo paura. Per me, ma soprattutto per lei: Angelica doveva starne fuori. Eppure lui era sempre più vicino. Una sera, di ritorno a casa, ci ha quasi scaraventati a terra, cercando di guadagnarsi l’uscita di fretta, come se stesse scappando da qualcosa. Fu allora che decisi di affrontare di petto la situazione. Lui si era esposto e il pericolo era più serio del previsto; ragion per cui decisi di coinvolgere un vecchio amico: “E’ giunta l’ora, siamo al punto di non ritorno, capiamo cosa vuole”. Uscii di casa, e in sella alla mia Ducati arrivai al punto stabilito, dove Rocco mi attendeva. Mi diede ciò che gli avevo chiesto e insieme ci spostammo in periferia a caccia del nostro uomo: là avremmo posto fine a questa storia. Finalmente l’ho trovato; so che anche lui ha trovato me e che mi sta venendo incontro. Merita di essere punito, ha ucciso mio fratello Diego a bruciapelo, lasciando in me e in Angelica un vuoto incolmabile. Sì, Angelica. Doveva avvicinarlo, e poi consegnarmelo. Se non se ne fosse innamorata. Ho atteso che lui uscisse e l’ho strangolata prima di portarla in questo posto; la troverà qui a penzoloni con una lettera accanto e crederà si sia tolta la vita per il rimorso. Sarà come perdere due volte la donna amata. Il suo tormento sarà peggiore del mio, per causa sua ho perso mio fratello e mi sono macchiato delle colpe di Caino, uccidendo mia sorella.
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