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Michelangelo Frammartino riceve il premio

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La più antica mostra del cinema del mondo, Venezia, quest’anno presentava in concorso ben 5 titoli italiani. Ieri sera il verdetto di un’autorevole giuria internazionale ha assegnato i premi più intimi e coerenti con le proprie vocazioni estetiche e professionali a due opere del Sud.

Premio speciale della Giuria a Michelangelo Frammartino, autore calabrese non per luogo di nascita ma per appartenenza, e il Gran Premio della Giuria a Paolo Sorrentino, napoletano, (a latere va segnalato anche il premio Mastroianni al giovane attore scelto per interpretare l’alter ego del regista).

Due meridionali di fama internazionale, con estetiche differenti e che trionfano con due film profondamente diversi che regalano nuovo futuro all’atletica macchina del cinema. Il Buco di Frammartino racconta la storia, veramente accaduta, di un gruppo di speleologi piemontesi, che nel 1961, tra estreme difficoltà, con l’aiuto della popolazione locale ancora in condizioni di estrema povertà, riescono a calarsi nell’Abisso del Bifurto, nell’Alto Jonio Cosentino, in una delle cavità più profonde della terra.

In “È stata la mano di Dio”, Paolo Sorrentino è tornato a Napoli, dove mancava dal suo primo film, per raccontare la sua storia personale per essersi salvato andando ad una partita del divo Maradona e scegliendo così di non seguire i genitori in montagna dove i due troveranno la morte. La morte, che è un tema del nostro regista più internazionale, in questo film acclamato e divisivo come sempre, trova ora una sponda narrativa di estremo rigore sui contesti che lo caratterizzano.

In questi due riconoscimenti c’è il premio alla creatività meridionale più alta. Quella che non si accontenta del consenso banale della nostra epoca difficile. Sorrentino scruta il mistero dell’anima, Frammartino la più intima natura dei nostri luoghi che circondano i nostri borghi sempre più abbandonati, Sorrentino è un napoletano che vive a Roma dove sta il cinema che conta.
Ma è napoletano nell’anima. Frammartino ha studiato e vive a Milano, figlio di emigranti calabresi che dice in conferenza stampa: «Sono calabrese, e si sa che i calabresi stanno dappertutto». Prendendo il premio ha anche dedicato il suo premio «alla Calabria, la più bella regione d’Italia».

Due autori internazionali che amano le proprie radici e la loro terra. Non è orgoglio terrone. È qualcosa di diverso. È molto politico per due cineasti che non fanno cinema politico. I politici di oggi purtroppo non hanno gli strumenti per comprenderlo.

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