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Il boss Grande Aracri

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CROTONE – La ridefinizione della geografia della ‘ndrangheta passava da Cutro, perché al boss Nicolino Grande Aracri, vertice indiscusso della super cosca, tra l’altro, al centro del maxi processo Aemilia, il più grande contro le mafie al Nord, avrebbe fatto capo il progetto di una nuova “provincia” mafiosa, con audace rivendicazione di autonomia dal crimine reggino.

Un concetto cristallizzato nei capi d’imputazione del processo Kyterion, parallelo a Aemilia, in cui Grande Aracri è stato condannato all’ergastolo, ma anche in quelli del processo Rinascita.

La conferma ulteriore viene dal pentito Gennaro Pulice, collaboratore di giustizia di spicco, ex killer ed ex mente imprenditoriale del clan Cannizzaro Iannazzo Daponte di Lamezia Terme, ieri chiamato a deporre nel processo contro il clan Mannolo di San Leonardo di Cutro e le sue proiezioni in Umbria, scaturito dall’inchiesta che portò alle operazioni Malapianta e Infectio, in quanto il progetto coinvolgeva una serie di famiglie ‘ndranghetiste operanti nella fascia jonica.

Dai Trapasso ai Mannolo di San Leonardo di Cutro, ai Cossari Gualtieri nel Catanzarese, ai Farao Marincola di Cirò, ai Torcasio Giampà di Lamezia Terme e, ovviamente, ai Grande Aracri di Cutro.

Anche alla cosca di cui faceva parte Pulice fu chiesto di aderire a tale proposito e collocarsi accanto alla famiglia Grande Aracri. Pulice, uno che aveva raggiunto il grado della “santa”, il livello a partire dal quale «la ndrangheta cambia» perché si avvale di «rapporti confidenziali con esponenti delle istituzioni, cerca il consenso sociale, arriva a controllare la politica», racconta in un verbale del novembre 2018, ieri sostanzialmente confermato in aula, dell’«idea di allontanarsi criminalmente da Reggio Calabria» che era «maturata all’interno della mia famiglia per la volontà di riscattarsi da quella zona per ampliare gli interessi su Catanzaro dove non esisteva una famiglia e pertanto era terreno di conquista di chicchessia, da Lamezia a Cirò per passare da Cutro e Oppido Mamertina».

Incalzato dal pm Antimafia Pasquale Mandolfino, ma anche dall’avvocato Paolo Carnuccio, difensore del presunto boss Alfonso Mannolo, capo della ‘ndrina di San leonardo di Cutro, Pulice, davanti al Tribunale penale di Crotone presieduto da Massimo Forciniti, ha ripercorso anche il progetto del boss Grande Aracri di «affrancarsi dal crimine reggino. Fino al 2012 – ha precisato – era una progettualità, poi mi trasferii all’estero e non so se la progettualità si sia concretizzata. La volontà era comunque stata manifestata da tempo, da quello che mi dissero in carcere Giovanni e Vincenzo Trapasso e Romolo Villirillo. Grande Aracri voleva non rispondere più ai dettami del crimine di San Luca».

Un rapido excursus. Torniamo all’interrogatorio reso dinanzi ai pm della Dda di Catanzaro e agli investigatori della Guardia di finanza di Crotone. «Se parlo di un allontanamento da Reggio Calabria è implicito che comunque fino a quel momento Polsi era un riferimento comune a tutta la ndrangheta e famiglie come i Pesce, i Bellocco, gli Alvaro di Sinopoli avevano per tutti una enorme influenza. Con l’avvento al potere di Nicolino Grande Aracri è stato poi posto in essere un tentativo di rendere più autonoma tutta l’area ionica catanzarese».

Insomma, c’era tutto un gruppo di «famiglie insofferenti alla dipendenza da Reggio Calabria. Anche a me chiedevano di intercedere affinchè la mia famiglia ed in generale il Lametino potesse aderire a questo progetto e collocarsi con Grande Aracri».

Trapasso, poi, «aveva anch’egli la volontà di affrancarsi maggiormente da Reggio Calabria, ed anche se non aveva grande stima di Grande Aracri gli riconosceva comunque la capacità di organizzazione sul territorio». Grande Aracri, comunque, «non perseguiva questo progetto soltanto per ragioni di convenienza e per affari, ma anche per acquisire uno “status” criminale superiore. Il progetto di volersi dissociare dalla casa madre reggina era condiviso dalla quasi totalità delle famiglie di ‘ndrangheta presenti sul territorio catanzarese e crotonese ed altre ed ovviamente da Grande Aracri, a cui queste realtà criminali dovevano fare riferimento».

Pulice in quel verbale si soffermava ampiamente su questo variegato arcipelago criminale.

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