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LA SANITA’ al Sud cresce, migliorano cure e qualità dell’assistenza e della prevenzione. A non aumentare sono i soldi che lo Stato trasferisce alle Regioni, quelli restano pochi e, soprattutto, in quota inferiore rispetto ai trasferimenti garantiti al Nord. Il ministero della Salute, attraverso la valutazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nell’anno 2019, promuove quasi tutto il Sud, con la Puglia che ormai è vicina alle regioni settentrionali. Le uniche due bocciate sono Calabria e Molise, giudicate non ancora all’altezza.
LE “PAGELLE”
Sono 17, complessivamente, le Regioni con una valutazione positiva rispetto ai livelli essenziali di assistenza, si confermano in testa alla classifica Veneto, Toscana ed Emilia Romagna ma la Puglia accorcia le distanze. L’attribuzione dei punteggi avviene attraverso l’analisi di 34 indicatori: si va dall’assistenza ospedaliera a quella territoriale, passando per la prevenzione, sicurezza gli alimenti, oncologia e così via.
Le pagelle non sono fine a se stesse, infatti le Regioni, per poter accedere al maggior finanziamento del Servizio sanitario nazionale (la quota premiale) devono ottenere almeno un punteggio minimo di 160. In base all’ultimo report pubblicato, 10 regioni raggiungono un punteggio superiore a 200: Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Lazio. Le altre 7 hanno un punteggio compreso tra 200 e 160: Puglia, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Sicilia, Basilicata, Campania e Valle d’Aosta. Mentre Molise e Calabria (oltre a Sardegna e PA di Bolzano), si caratterizzano invece per punteggi inferiori a 160.
IL REPORT DEL MINISTERO
“Nel 2019 – si legge nel report del ministero – risultano adempienti la maggior parte delle Regioni, a esclusione di Molise e Calabria, che si collocano nella classe “inadempiente”. Tali regioni, che sono sottoposte ai Piani di rientro, dovranno superare le criticità rilevate su alcune aree dell’assistenza, tra cui quelle degli screening, della prevenzione veterinaria, dell’assistenza agli anziani e ai disabili. In particolar modo, per la regione Calabria, il punteggio molto basso e in peggioramento rispetto all’anno precedente è dovuto all’insufficienza della qualità e copertura dei flussi informativi”. In sei anni, dal 2013 al 2019, il Mezzogiorno ha fatto passi in avanti importanti: nel 2013, infatti, al Sud erano ben sei le Regioni inadempienti e quindi bocciate, si salvava solamente la Sicilia. Nel 2019, risultano ancora in difficoltà la Calabria e il Molise.
ANCHE NEL 2021 MENO SOLDI AL SUD
Un netto miglioramento nonostante il sottofinanziamento sia una “piaga” non ancora superata: anche il 2021 non ha portato cambiamenti, come negli ultimi 20 anni le Regioni del Nord hanno ottenuto una fetta più grande della torta chiamata “Fondo sanitario nazionale”. Nonostante 2,7 miliardi in più rispetto al 2020, resta il divario nella suddivisione. Alla Puglia, 4,1 milioni di abitanti, dei 116,29 miliardi complessivi, sono stati riservati 7,64 miliardi: l’anno scorso ne ricevette 7,49, quindi +240 milioni.
Potrebbe sembrare una vittoria, se non fosse che, ad esempio, l’Emilia Romagna (quasi a parità di popolazione, 4,4 milioni di residenti) riceverà 8,79 miliardi contro gli 8,44 del 2020: non solo 1,1 miliardi in più rispetto alla Puglia, ma potrà godere di un incremento rispetto all’anno scorso di 350 milioni. Prendendo in considerazione il Veneto (4,9 milioni di abitanti) la sproporzione resta, visto che la Regione di Zaia incassa 9,54 miliardi: 1,9 miliardi in più della Puglia e 280 milioni in più rispetto all’anno scorso. Insomma, l’iniqua ripartizione non solo prosegue ma, in qualche modo, si amplifica. La Campania, 5,8 milioni di residenti, avrà 10,8 miliardi contro i 10,6 dell’anno scorso, +200 milioni.
E’ vero che il riparto del 2021 garantisce un incremento di finanziamento alle Regioni a statuto ordinario almeno pari al +1,7% rispetto al 2020, ma è anche vero che l’aumento avrebbe dovuto avvantaggiare le Regioni del Sud che, storicamente, ricevono meno.
LA SPESA PRO CAPITE
Insomma, il Mezzogiorno è ancora penalizzato perché nulla è cambiato. Le differenze si fanno ancora più palesi se prendiamo la spesa pro capite dello Stato per ogni cittadino: per la salute e le cure di un pugliese, lo Stato investirà nel 2021 1.861 euro, contro i 1.982 riservati ad un emiliano e 1.935 per un veneto. La Lombardia, che conta 10 milioni di residenti, riceve 19,53 miliardi contro i 18,8 miliardi del 2020: + 700 milioni in un anno e una quota procapite pari 1.950 euro. La Campania solo 1.877 euro pro capite; la Calabria (quasi due milioni di abitanti) ottiene nella ripartizione del fondo sanitario nazionale solamente 3,65 miliardi, circa 70 milioni in più rispetto al 2020 e 1.837 euro procapite.
Potremmo continuare: il Friuli Venezia Giulia che conta 1,2 milioni di residenti, incassa 2,40 miliardi: 1.995 euro per ogni suo cittadino. E ancora: il Piemonte, che pure negli ultimi anni come certificato dalla Corte dei Conti, non ha brillato nell’obiettivo di tenere sotto controllo la spesa sanitaria, incassa dallo Stato 8,56 miliardi, 200 milioni in più: 1.963 euro pro capite. Chiudiamo con la Toscana, 3,73 milioni di abitanti e 7,32 miliardi (200 milioni in più): 1.957 euro pro capite.
DIECI ANNI DI SOTTOFINANZIAMENTO
Insomma anche il 2021 conferma l’andamento degli anni precedenti, basta pensare che nel confronto tra il 2010 e il 2020, l’incremento percentuale del Fondo sanitario nazionale ha sempre premiato il Nord: negli ultimi 10 anni la Lombardia ha visto aumentare la propria fetta dell’11,4%, l’Emilia Romagna del 9,9%; 8,2% in più per la Toscana. La Basilicata, invece, ha avuto un incremento percentuale molto più modesto (+4,9%); l’Abruzzo del 6,7%; Calabria +5,7%; la Puglia e la Campania di circa l’8,1%. E ancora: dal 2012 al 2017, nella ripartizione del fondo sanitario nazionale, sei regioni del Nord hanno aumentato la loro quota, mediamente, del 2,36%; altrettante regioni del Sud, invece, già penalizzate perché beneficiare di fette più piccole della torta dal 2009 in poi, hanno visto lievitare la loro parte solo dell’1,75%, oltre mezzo punto percentuale in meno.
Tradotto, significa che, dal 2012 al 2017, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana hanno ricevuto dallo Stato poco meno di un miliardo in più (per la precisione 944 milioni) rispetto ad Abruzzo, Puglia, Molise, Basilicata, Campania e Calabria.
I RILIEVI DELLA CORTE DEI CONTI
Ecco come è lievitato il divario tra le due aree del Paese: mentre al Nord sono stati trasferiti 1,629 miliardi in più nel 2017 rispetto al 2012, al Sud sono arrivati soltanto 685 milioni in più. Basterebbero questi dati – certificati dalla Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali – per comprendere come ci sia un sottofinanziamento dei sistemi sanitari regionali del Mezzogiorno.
Si dirà, le Regioni del Nord ricevono più soldi perché spendono meglio. Falso mito. Tra il 2018 e il 2019, in Italia si è registrato un peggioramento del disavanzo nei conti del settore sanitario del 10 per cento: dai 990 milioni del 2018 si è passati a poco meno di 1,1 miliardi nell’esercizio appena concluso. Un peggioramento – certifica la Corte dei Conti nel Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica, in epoca pre Covid – da ricondurre “in prevalenza alle regioni non in Piano e a statuto ordinario, che vedono ampliarsi il disavanzo dai 69,1 milioni del 2018 ai 165,5 del 2019”.
I giudici contabili stanno parlando proprio delle Regioni del Nord, lo chiariscono in un passaggio successivo: “Un risultato – si legge nella relazione – dovuto soprattutto al Piemonte, che quest’anno sembra chiudere l’esercizio con uno squilibrio di circa 79 milioni. Più limitati gli squilibri di Liguria, Toscana e Basilicata”. Le regioni a statuto speciale segnano un incremento più contenuto (+6,6 per cento), pur confermando il risultato fortemente negativo a cui fanno fronte immettendo risorse aggiuntive.
Le regioni in Piano, cioè sostanzialmente quasi tutti quelle del Mezzogiorno, nel 2019 continuano a registrare un riassorbimento degli squilibri. Fatta eccezione per il Molise che peggiora i suoi conti passando da disavanzo di 30 milioni del 2018 a uno di 120 nel 2019, le altre migliorano. Nel 2017 – rileva sempre la Corte dei Conti – con qualche lieve variazione rispetto agli anni dal 2012 al 2016, il 42% del totale delle risorse finanziarie per la sanità è assorbito dalle Regioni del Nord, il 20% dalle Regioni del Centro, il 23% da quelle del Sud, il 15% dalle Autonomie speciali.
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