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La notizia di ieri non è stata l’incontro tra le parti sociali sul “che fare?’’ con le misure precauzionali contro una possibile recrudescenza del contagio con le sue varianti.  Siamo tutti rimasti a bocca aperta alla notizia arrivata nel tardo pomeriggio di una convocazione a sorpresa di Mario Draghi nei confronti di Maurizio Landini.

Grande prova di senso pratico, perché il convitato di pietra di questo tormentone senza capo né coda è proprio il leader della Cgil, che si trascina dietro anche i segretari delle altre confermazioni. Se ci saranno novità positive dimenticheremo anche i rodimenti di fegato che ci hanno colpito in queste settimane di discorsi veramente incomprensibili.

Maurizio Landini sembrava un disco (di vinile) rotto che, arrivato a un certo punto del solco, si metteva a girare a vuoto e a gracchiare sempre con il medesimo suono.

«La soluzione migliore è adottare l’obbligo vaccinale con un provvedimento legislativo. Utilizzare invece il Green pass è un modo per aggirare una questione che all’interno del governo e del Parlamento non sono stati in grado di risolvere». Così parlò Zaratustra (il segretario della Cgil, Maurizio Landini), intervistato da Gad Lerner e Marco Palombi alla Festa del Fatto Quotidiano (dimmi con chi vai e ti dirò chi sei).

«Mi auguro che lunedì, prima con Confindustria, poi con Confapi, tutti insieme, ci metteremo nella condizione di dire al governo: fai la legge sull’obbligo vaccinale, rendi gratuiti i tamponi per rendere gestibile questo processo nei luoghi di lavoro. Questo è un passaggio molto importante».

IL FALSO PROBLEMA

A sentire queste parole veniva la voglia di chiedere a Landini: «Ma a voi del sindacato che cosa frega se “all’interno del governo e del Parlamento non sono in grado di risolvere’’ la questione dell’obbligo vaccinale? Il problema dovrebbe essere un altro: il Green pass è un provvedimento che va nella direzione giusta o no?

Il sindacato è forse divenuto un custode del corretto funzionamento delle istituzioni, un tutore della balance of powers?

Non gli basta risolvere i problemi nella maniera più semplice ed efficace? Non ritiene normale che, anche in questo campo, si impari a camminare prima di mettersi a correre?

Per fortuna il governo sembra intenzionato a fare di testa sua: ovvero, a estendere il Green pass per accedere nei luoghi di socialità, compresi i posti di lavoro, riservandosi di stabilire l’obbligo di vaccinazione per legge all’occorrenza.

LA STRADA GIUSTA

Chi scrive era ed è convinto che sia questa la strada giusta e che a mettere invece il carro davanti ai buoi (a passare cioè direttamente all’obbligo) si determini una situazione di stallo in attesa del “verdetto’’ del Parlamento, che crei difficoltà alle stesse direzioni aziendali nell’adottare le regole indicate dalle associazioni imprenditoriali e già praticate per l’ingresso alle mense (che peraltro sono operanti in una modesta percentuale di imprese).

Ma per quanto possa essere ritenuto testardo il leader della Cgil e, a lui sottomessi, quelli della Cisl e della Uil, diventa difficile capacitarsi di tanta insistenza nel sostenere una linea sbagliata, peraltro in netta contraddizione con i “giuramenti solenni’’ sull’impegno dei sindacati per le vaccinazioni, ritenute una salvaguardia importante, anche se non decisiva, per difendersi dal contagio.

I “NEO-NEUTRALISTI”

Poi, se anche questo Parlamento bizzarro riuscisse a varare una legge consegnando alla variante Delta un numero imprecisato di mesi, alla fin della fiera saremmo – come nel gioco dell’oca – alla casella di partenza: a dover certificare l’avvenuta vaccinazione per recarsi al lavoro e a sanzionare in qualche misura coloro che rifiutassero ancora di sottoporsi all’iniezione fatidica.

In un lungo saggio su Il Foglio, Marco Bentivogli, già segretario generale della Fim-Cisl (costretto a dimettersi perché la confederazione non sa che farsene di dirigenti intelligenti e preparati) ha coniato una definizione per i sindacalisti come Landini e soci: li ha chiamati i “neo-neutralisti’’.

Scrive Bentivogli che «il neo neutralista sceglie il quieto vivere: altro che davanti, è sempre almeno dieci metri indietro, non ama il rischio. Anche perché, se non dai retta al “no green pass”, ti scrive sui social, manda messaggi a tutti, poi inizia ad attaccarti e va subito al personale, talvolta usa le mani».

«I neo-neutralisti – commenta ancora l’ex sindacalista – oscillano tra la pigrizia e la difesa di bottega, perché la dialettica e il confronto con i no vax sono faticosi e in fondo mettono a rischio il proprio ruolo e mestiere. In fondo – aggiunge – considerano i no vax dei personaggi singolari, ma perdere voti e rappresentanza non piace a nessuno. Figuriamoci a un neo-neutralista».

L’ABDICAZIONE

Non è un caso che Landini continui a ribadire idee di abdicazione dal suo ruolo di dirigente sindacale: «Non possiamo essere noi ad assumerci la responsabilità»’.

In altri tempi (non si deve andare tanto indietro: basta riportare la moviola della cronaca   all’aprile 2020, quando furono sottoscritti i protocolli sulla sicurezza che hanno permesso la riapertura delle aziende) affermazioni simili sarebbero sembrate un atto di codardia.  Come ha detto Savino Pezzotta, ex segretario della Cisl, la sicurezza del lavoro deve essere una prerogativa del lavoro organizzato prima ancora che ne è responsabile.

PER LA SINISTRA PERIFERIE OFF-LIMITS

Sorge, a questo punto, un dubbio atroce per chi – come chi scrive – è cresciuto con la rappresentazione della classe lavoratrice contenuta nel quadro di Pellizza da Volpedo: il quarto stato che diventa protagonista della storia. È davvero ancora così? O la mitica classe lavoratrice è stata inquinata da tutti i peggiori “ismi’’ raccolti nell’immondezzaio della storia?

Se FdI è il primo partito, se insieme alla Lega sono in grado di raggiungere da soli la maggioranza nelle prossime elezioni politiche, ci sarà pure qualche voto (“qualche” è un eufemismo) che proviene dalle fabbriche? Se vi sono 3,6 milioni di over50enni non vaccinati, non saranno tutti disoccupati?

Forse ha ragione Marco Bentivogli quando scrive che «in Italia il populismo sindacale è stato l’ostetrica di quello politico». Se è così la sinistra non deve lamentarsi di essere presente nei quartieri alti. Per lei nelle periferie non c’è più posto. In ogni caso, un po’ di ottimismo non guasta mai. Landini facci sognare!


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