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COSENZA – Il sequestro da cento milioni al quale è stato sottoposto stamattina l’imprenditore ed editore Piero Citrigno (LEGGI) nasce da una storia di usura che lo ha portato a una condanna ormai definitiva. Si tratta del processo “Twister” (ossia “Uragano”) che scaturì da due operazioni. La prima scattò l’8 marzo 2004. Quel giorno la Guardia di Finanza e i carabinieri arrestarono, su direttive della Dda, 41 persone, accusate di associazione finalizzata all’estorsione e all’usura. Il secondo “Twister” è del 23 luglio 2004. I finanzieri e i carabinieri notificarono altre ordinanze di custodia cautelare a sei persone, quattro delle quali già coinvolte nel precedente “Twister”. 

«A Cosenza – fu detto nel corso della conferenza stampa del primo “Twister” – non esiste un’attività, commerciale o finanziaria, che non sia controllata dalla criminalità organizzata». Una criminalità, fu detto, capace di inserirsi anche nelle banche e di rimpinguare costantemente le “bacinelle” dei clan, nel caso di “Twister” facenti capo a boss di spessore, capaci di gestire l’usura anche dal carcere, e malgrado il regime del 41 bis. Il tutto, per come emerso dalle indagini, per un giro d’affari superiore ai 400 mila euro al mese, e con tassi d’usura variabili dal 6 al 15% mensile. 

Secondo l’originario capo di imputazione l’affare sarebbe stato gestito dal latitante Ettore Lanzino, Francesco, Romano e il defunto Carmine Chirillo, per la Dda esponenti di spicco della criminalità organizzata cosentina. Tra gli indagati figuravano diversi imprenditori. Citrigno (difeso dall’avvocato Sergio Calabrese) era stato originariamente accusato di aver praticato l’usura con l’aggravante del metodo mafioso ma poi questo aspetto venne a cadere.

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