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SIOUX è il suo nome sul ring perché, proprio come questo popolo, Emanuele Blandamura «nutre un profondo rispetto per la vita e con lo spirito guerriero è sempre pronto a scendere in battaglia per le giuste cause». Questa sera, a Stoccarda dentro la Hanns-Martin-Schleyer Halle, affronterà Marcos Nader per l’assegnazione del titolo Unione Europea dei Pesi medi. L’incontro della consacrazione per il pugile esploso dopo un inizio di carriera abbastanza tormentato. I titoli di campione Wbc del Mediterraneo e International Silver Wbc dei Pesi Medi, infatti, sono arrivati solo nel 2011 e nel 2013. A seguire con particolare emozione il match, che sarà trasmesso in diretta alle 23 sul Canale Sky 545, anche il “pezzo” lucano di famiglia del pugile che vive a Ferrandina. A dispetto dell’Anagrafe che lo vuole nato nel 1979 a Udine, in effetti Emanuele Blandamura ha profonde radici a sud. «In realtà – racconta il campione, poco prima di prendere il volo per Stoccarda – sono nato nel posto in cui mio padre si era trasferito per lavoro, ma vivo a Roma da quando avevo poco più di un anno insieme ai miei nonni paterni Felice e Isabella che mi hanno allevato».
Di quella separazione tra i genitori arrivata troppo in fretta, si capisce che non ama parlare molto: è una ferita che brucia ancora. Ma basta chiedergli dei nonni per farlo sciogliere: «Nonno – ricorda- era un bel carabiniere di Cerignola in servizio a Ferrandina, quando sposò mia nonna Isabella Susanna e si trasferì con lei a Roma. Devo a loro, all’amore sconfinato di cui mi hanno nutrito, insieme a mia zia Teresa, se sono diventato quello che sono. Nonno è la radice ferma della nostra casa, nonna la regina». E’ proprio da lei che Emanuele ha ereditato le radici lucane: «Nonna mi parla sempre con emozione di Ferrandina e ci torna sempre volentieri a trovare le sorelle e i nipoti, a cui anch’io sono molto legato». Insomma Roberto Cammarelle non è l’unico campione della boxe di casa nostra, ma per Emanuele si tratta di una scoperta. «Non sapevo avesse anche lui origini lucane- commenta- lo conosco bene, è un gran ragazzo. L’ho incrociato spesso ai Campionati italiani dilettanti».
E le loro strade avrebbero dovuto incrociarsi anche nel 2004, alle Olimpiadi, quando Emanuele, dopo essersi fatto notare nella sua categoria tra i Dilettanti era stato chiamato a far parte della squadra azzurra. «Invece di presentarmi al raduno collegiale- ricorda – scappai in Germania con una ragazza tedesca conosciuta a Roma. Allora non avevo ancora piena consapevolezza dei miei mezzi e le idee chiare sul mio futuro. Per un match mi davano non più di 50 euro, io invece volevo che i nonni e la famiglia mi guardassero in faccia con orgoglio quando dicevo: sono un pugile. Ma mi bastò vedere un paio d’incontri di boxe alla tv per farmi scattare la voglia di tornare a casa e al ring». Da allora la carriera di Emanuele Blandamura è stata in continua ascesa: un successo dopo l’altro fino al passaggio tra i professionisti nel 2007. Da allora è imbattuto: 21 vittorie su 21 incontri disputati, 5 ottenute prima del limite. Ma l’amore per questo sport, in realtà, nasce da più lontano.
«Avevo appena 18 anni quando ho indossato i guantoni la prima volta- racconta Blandamura- e devo dire che grazie alla boxe sono diventato uomo. La vita di borgata non è facile, le insicurezze si amplificano e per affermarti sei costretto a fare il duro. E’ una trappola in cui sono caduto anch’io, ho rischiato seriamente di perdermi, prima di trovare la mia strada. Sul ring ho dimostrato prima a me stesso e poi agli altri di valere. Il pugilato per me è stata una scuola di vita. I miei maestri Guido Fiermonte e Alberto Mancini mi hanno educato alla disciplina. Il resto lo ha fatto Giovanni Capranica: i suoi consigli sono stati preziosissimi; gli sono talmente grato che, da quando è mancato, prima di ogni incontro, vado a fargli visita al Verano». A completare la metamorfosi di Emanuele Blandamura è stata la scoperta del buddismo: «Credo profondamente nella spiritualità e nella forza dell’umanesimo – dice Emanuele- non ammetto colpi bassi nè sul ring e ancor meno nella vita».
E per promuovere questi valori, oltre allo sport, Emanuele usa anche la musica (un’altra delle sue passioni). In rete spopola il video “Round zero” del rapper Daniel Mendoza di cui il Sioux del ring è il protagonista. La testa e il cuore adesso, però, sono al match con Nader. «Partiamo alla pari- dice Emanuele- e che vinca il migliore. Una cosa è certa: Nader si troverà davanti un pugile vero». Che, mai come questa volta, non sarà da solo a combattere. Da Roma sono partiti con due bus per andare a sostenere il Sioux. Faranno, invece, il tifo a distanza per il loro campione nonno Felice e nonna Isabella, i più grandi e accesi sostenitori di Emanuele Blandamura.
m.agata@luedi.it
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