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POTENZA – Ne abbiamo già parlato nei giorni scorsi guardando al “lato positivo”. Le utenze al San Carlo di Potenza sono aumentate, così come la mobilità attiva, ovvero il numero di persone che vengono a curarsi in Basilicata da altre regioni e che rappresentano una fonte di guadagno notevole per il sistema sanitario regionale. Ma stando a quanto pubblicato dal ministero della Sanità, ovvero il rapporto che riguarda l’intero 2012, c’è da fare i conti con una situazione non proprio rosea per la Basilicata, perché sono molti di più i lucani che scelgono di andare a farsi curare altrove che i cittadini di altre regioni che approdano in Basilicata. E questa è una tendenza che riguarda tutto il territorio nazionale, salvo le regioni “Benchmark” ovvero quelle ritenute modello da seguire in merito alla gestione della sanità pubblica.

Ieri il Sole 24 ore ha anticipato i dati pubblicati dal ministtero, dati che economicamente non sono preoccupanti ma che a confronto degli oltre 310 milioni di euro di debiti della regione Campania sono veramente bruscolini. La Basilicata ha chiuso con un debito nel 2012 di quasi 20 milioni di euro di saldo negativo in rapporto alla mobilità dei pazienti. Le cifre sono queste: per quanto riguarad la mobilità attiva (utenze da fuori regione) la Basilicata ha incassato 77.826.444 euro.  Ma ne ha dovuti pagare 96.937.443 per pagare gli interventi dei lucani in altre regioni. Questo ovviamente ha creato un buco di 19.110.999 euro.

In cifre non economiche: a farsi curare in Basilicata nel 2012 sono state 14mila 216 persone ma in 22.342 hanno scelto di andare via. Nel 2013 però la mobilità attiva sembra essere aumentata, questo significa che c’è ancora spazio di azione.

Il problema, come ha sottolineato nel suo rapporto Nicola Salerno, economista e autore anche dell’analisi sul Sole 24 Ore per quanto riguarda la Basilicata, sta tutto negli investimenti. È vero che oggi al lucania si è allineata alla media nazionale sulla spesa, ma è altrettanto vero che questo non significa aumento degli investimenti, ma che le altre regioni si sono dovute piegare alla crisi e rinunciare ad una parte degli investimenti.

v.panettieri@luedi.it

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