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POTENZA – Il raddoppio delle estrazioni passa anche da questa operazione. E ancora una volta la protagonista l’Eni.
Poco tempo fa l’annuncio della realizzazione di un nuovo pozzo petrolifero, il Pergola 1, nella zona di Masseria Votta, nel Comune di Marsico Nuovo, con relativo sbancamento per la creazione di strade d’accesso ed infrastrutture a 1022 metri sul livello del mare.
Adesso, annuncia la Organizzazione Lucana Ambientalista, il progetto dell’Eni che rientra nel piano di sviluppo delal Val d’Agri, è stato presentato alla Regione in modo da ottenere la Valutazione di Impatto ambientale. Un aspetto che sembra andare di pari passo con l’idea del raddoppio delle estrazioni in Basilicata.
In sostanza il progetto prevede la costruzione di nuovi oleodotti a partire dal pozzo di Pergola 1. Otto chilometri di tubature interrate da collegare ai 500 chilometri di oleodotti già presenti per trasportare l’oro nero al centro oli di Viggiano.
Questo significa che le nuove tubature dovranno collegarsi a quelle già esistenti nella concessione della Val d’Agri. Il nuovo pozzo, che andrà ad innestarsi nei bacini che alimentano i fiumi Agri e Sele, promette qualcosa come 40mila barili di petrolio estratto al giorno trasformando di fatto quella zona nella “nuova Viggiano”.
Ma a preoccuparsi non sono soltanto i comitati contro il pozzo Pergola 1 a Marsico Nuovo, ci sono anche i comitati del Vallo di Diano. La ragione è spiegata dalla posizione stessa del nuovo pozzo, che sfiora letteralmente il bacino campano del fiume Sele.
Oltretutto, dicono i comitati ambientalisti, sembra che la Shell non voglia rinunciare al permesso di ricerca Monte Cavallo, sui Monti della Maddalena.«Il pozzo Pergola 1 – scrivono i comitati – è invasivo sulle sorgenti che esistono in zona e che l’Ente Parco dell’Appennino lucano è incapace di salvaguardare. Un bene messo in pericolo così come l’agricoltura locale. Non considerando gli espropri per “pubblica utilità” per la realizzazione della postazione Pergola 1, lo sviluppo degli oleodotti».
E in effetti stando ai progetti la zona che risulterà interdetti è una fascia di 20 metri per un totale di otto chilometri, dalla Masseria Votta (dove sorge il pozzo) fino all’“area innesto 3”. Un totale di 180mila metri quadri fino alla dorsale Cerro Falcone-Volturino, ancora non realizzata, e alla dorsale dei tre pozzi già esistenti Agri 1, Cerro Falcone 6 e Cerro Falcone 9. La Ola ricorda anche un avvenimento, quella perdita lungo le condotte, il 25 marzo 2013, di idrogeno solforoso che ha preoccupato molto gli abitanti della zona. Ma a preoccupare è anche la questione delle falde idriche che alimentano le sorgenti dell’Agri e del Sele, in zona anche ad elevato rischio sismico.
E poi ci sono i pozzi Caldarosa 1 e Caldarosa 2, che dovrebbero sorgere a ridosso di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale dell’Appennino Lucano, Monte Volturino e il Monte Caldarosa.
«L’area scelta per ospitare i pozzi -scrive la Ola – è fuorilegge, ed in questo contesto la Regione Basilicata potrebbe concedere la Via. Infatti, le misure di salvaguardia della Rete Natura 2000 emanate dalla Regione Basilicata prevedono «il divieto di nuove attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi all’interno dei siti Rete Natura 2000 (Zps e Zsc) e in una fascia di rispetto pari a 1.000 (mille) metri esterna ai suddetti; nonché il monitoraggio degli effetti su habitat e specie di interesse comunitario all’interno dei siti Rete Natura 2000, delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi già in essere in aree limitrofe e adiacenti. Pertanto, dalla localizzazione dei 2 suddetti pozzi (a 680 e 700 metri dalle aree) si evince che sorgerebbero all’interno della fascia di rispetto».
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