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«UNA volta sono venuti due ragazzini biondi a chiedermi di diventare nero carbone. Gli ho detto di andare altrove. Perché io non sono uno stilista, sono un barbiere».

Gino Tucci è uno dei quattro barbieri rimasti in città. Uno degli storici, in via Teatro Stabile da 39 anni, dopo diverso tempo sempre nel centro storico, in via Pretoria. Impara il mestiere a 8 anni e mezzo, a Salerno. Poi a 16 anni si trasferisce a Potenza, dove è dipendente per una decina di anni prima di aprire un negozio tutto suo. Tiene a ribadirlo: «Io sono un barbiere», come se fosse l’ultimo di una specie estinta. «La barba, adesso – dice – non la sa fare più nessuno». Lui è uno di quelli vecchio stampo. Nulla può sostituire la carezza del pennello e la dolcezza della schiuma alle mandorle. Indispensabile poi l’allume, per ogni tipo di irritazione. Il dopobarba è ancora il più sofisticato che ci sia, il Floid, sebbene nessuno più faccia uso di colonie come “La lavanda”, di produzione italiana.

Qualche «cultore del piacere» ancora si sottopone alla “barba del relax”, dove la pennellatura dura ben 10 minuti. Viene effettuata con i tradizionali arnesi del mestiere, il rasoio a mano e la così detta “strappa”: una mattonella di cuoio per limare il rasoio e che veniva unta con del grasso animale per addolcire il taglio prodotto dopo aver affilato su un’apposita pietra. Sono i clienti storici, coetanei di Gino, classe 1943.

Di giovani ne vengono ma sono soprattutto i figli degli affezionati, che prediligono i tagli semplici. Ciò non toglie che ci siano ugualmente richieste specifiche: la riga asimmetrica, per esempio, e la sfumatura alta. Qualche capello a spazzola, rigorosamente senza gel. Da Gino, negli anni, hanno fatto sosta vari attori.

«Quando le cose importanti – dice – si facevano ancora qui, nel Teatro Stabile». Tra gli ultimi, il comico Lello Arena, ma risale già a sei anni fa. Sulla sua mitica poltrona comprata durante il militare e che ora non c’è più, si sono seduti i fratelli Giuffrè, Enrico Montesano, Gino Bramieri con cui ha scattato una foto storica appesa in negozio. Insieme a quella del Potenza – la domenica saltava il pranzo per andarla a vedere, dopo la chiusura della bottega – e di piazza Prefettura in bianco e nero. Qualcuno poi Gino l’ha visto crescere, come l’onorevole Margiotta, cliente trentennale. Da Gino oggi ancora si chiacchiera, ci si confida, «ma il rapporto con i clienti non è più come quello di una volta – spiega – soprattutto con i nuovi». La crisi, infine, c’ha messo del suo. «I capelli – racconta – si tagliano ogni due mesi, se non tre». L’atmosfera però è ancora quella calda e accogliente di 40 anni fa, come sottolinea un affezionato. Gino e i suoi arnesi, i suoi cimeli, le sue bottiglie di prodotti accuratamente selezionati, le sue foto antiche. Gino e il suo sorriso.

an. mart.

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