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LA CORTE dei Conti, pur confermando la sperequazione a livello territoriale tra Nord e Sud, richiama tutti gli amministratori degli Enti pubblici locali, anche quelli del Mezzogiorno in ritardo, ad una migliore efficienza nella spesa in vista dell’attuazione del Pnrr.

“La sfida più grande è rappresentata dal controllo della razionalizzazione della spesa da parte dei vari soggetti che saranno esecutori del Recovery plan, spesso collegati fra loro in logica di network”: scrivono i magistrati contabili nella relazione “Prime analisi sulla qualità della spesa dei Comuni” approvata ieri. Nel report vengono evidenziati i risultati di una specifica analisi sulla gestione di alcuni rilevanti servizi comunali, quali le funzioni di “amministrazione, gestione e controllo”, “polizia locale” e “rifiuti”, che assorbono il 45% della spesa corrente degli enti locali, per un ammontare di circa 24 miliardi di euro.

Dall’indagine emerge un quadro disomogeneo a livello territoriale in termini di impiego di risorse e qualità dei servizi: “Le linee di tendenza a livello generale mostrano, infatti, evidenti differenze Nord-Sud, peggiori prestazioni di qualità della spesa nei piccoli Comuni rispetto ai Comuni di medie dimensioni, laddove nei grandi emergono costi maggiori; una differenziazione su base regionale delle tendenze di spesa (incrementi/decrementi) da ricollegare a politiche regionali che influenzano attività e decisioni dei Comuni”, scrivono i giudici. Insomma, una situazione a macchia di leopardo che non lascia dormire sonni tranquilli.

Ad esempio, per la voce di bilancio “Amministrazione, gestione e controllo” i Comuni di Liguria (304 euro pro capite) e Calabria (289 euro) sono quelli che spendono di più tra le regioni a statuto ordinario; mentre Veneto (152 euro) e Puglia (166) quelli che spendono meno. Non c’è quindi, secondo l’analisi qualitativa della spesa fatta dalla Corte dei Conti, un Nord che spende meglio e un Sud che sperpera, nonostante una sperequazione palese nella distribuzione dei fondi nazionali. Un capitolo a parte poi lo meritano le regioni e province autonome: la Valle d’Aosta spende 852 euro pro-capite, il Trentino Alto Adige 388 euro, cifre non paragonabili con il resto del Paese. I territori regionali in cui il trend di spesa si incrementa in modo particolarmente elevato sono Marche (+10,8%), Basilicata (+6,8%) e Piemonte (+6,4%). I territori regionali dove il trend di spesa invece diminuisce in misura più accentuata (-1,4%) sono Valle d’Aosta (ma parte dal valore più elevato in assoluto) e Puglia. La crescita di spesa per la voce “Amministrazione” è poi maggiore nei Comuni piccoli (+4,9%), contro +3,2% dei Comuni medi e +2,9% dei Comuni grandi.

“Sul fronte dimensionale, quindi, l’analisi consente di quantificare il livello di inefficienza dei Comuni piccoli, che è pari a circa il doppio dei Comuni migliori e la cui tendenza è in peggioramento”, sottolinea la Corte dei Conti. “La spiccata variabilità dei livelli di spesa fra i Comuni – lanciano l’allarme i magistrati contabili – potrebbe essere sintomo di una generalizzata minore efficienza dei servizi amministrativi”. Un problema non di poco conto in vista dei miliardi che stanno arrivando dall’Europa: “Un tema sfidante – si legge ancora nel report – è rappresentato dal controllo della razionalizzazione della spesa dei vari soggetti che saranno esecutori del Recovery plan, spesso collegati fra loro in logica di network. Come indicato dalla Commissione Europea, dalla catena dei soggetti finanziatori a quelli esecutori ed ai livelli nazionale-regionale-locale, dovrebbe essere impostato un sistema unitario di controlli, un cruscotto di indicatori di performance chiave (KPI)”. D’altronde, nel documento “Commission Staff Working Document Guidance to Member States Recovery and Resilience Plans”, la Commissione europea individua di fatto il concetto di “sana gestione finanziaria”.

Quindi, secondo la Corte dei Conti, è necessario dotarsi “di un sistema unitario di controlli, una sorta di mega- cruscotto di indicatori chiave di performance, key performance indicators (KPI), che consenta di realizzare in modo efficace i processi di controllo, in particolare quello concomitante, anche attraverso l’incentivazione di meccanismi di trasparenza dell’agire amministrativo”. Una parte fondamentale “è costituita – si legge – dai sistemi di rilevazione contabile, poiché al di là della armonizzazione contabile, esistono ancora esempi di “asincronie” nella contabilizzazione dei flussi di risorse finanziarie fra i vari enti. Ciò potrebbe generare potenziali difficoltà nella rappresentazione, in ottica consolidata, dell’azione amministrativa delle varie entità che saranno chiamate alla realizzazione del Recovery plan”.

Il richiamo della magistratura contabile è forte e chiaro: occorre invertire la rotta, la pubblica amministrazione ad ogni livello deve “agire in modo efficiente”. D’altronde, anche il regolamento UE 2021/241, che istituisce il dispositivo per la ripresa e resilienza, pone una forte attenzione al concetto di efficienza. “Il Pnrr – ricorda la Corte dei Conti – deve presentare una spiegazione di come i costi totali delle riforme e degli investimenti siano in linea con il principio dell’efficienza sotto il profilo dei costi (art. 18 punto k), attraverso un monitoraggio con appositi indicatori (art. 18 punto p).

La necessità di prevenzione, individuazione e correzione della corruzione e frode (art. 18 punto r) passa immancabilmente attraverso l’analisi dell’efficienza”. Tutto questo senza dimenticare e cancellare l’altro tema dirimente: la sperequazione nella spesa sociale. La stessa Corte dei Conti, appena un mese fa, ha lanciato il monito: “E’ esigenza primaria assicurare la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi e i livelli essenziali delle prestazioni in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale”, hanno scritto i giudici contabili in una relazione sull’attuazione dell’autonomia differenziata trasmessa alla commissione parlamentare di studio.

Cosa che non è ancora accaduta, visto che a distanza di 12 anni dalla legge Calderoli che ha messo in funzione il federalismo fiscale, gli effetti sono devastanti soprattutto per gli Enti locali del Sud per la mancata applicazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni introdotti dalla riforma del titolo V della Costituzione ma del tutto ignorati.


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