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Il problema sono i trasporti, gli autobus stracolmi dove è impossibile qualsiasi forma di distanziamento, le mense che non si sa se ripartiranno, i docenti che verranno nominati ad anno scolastico già cominciato.

Ma lo scontro è sul Green pass, tema ferragostano che scalda gli animi e fa salire ai massimi stagionali le temperature già bollenti. Afa e calura spingono i sindacati nella stessa direzione. La colpa del governo è aver imposto il passaporto vaccinale per il personale scolastico, «con relative sanzioni in caso di inadempienza, una decisione – si scrive in un comunicato congiunto dei confederali – unilaterale, nonostante l’amministrazione scolastica e sindacati siano da tempo impegnati a trovare soluzioni utili per far ripartire la scuola in presenza».

Ma è come bussare ad una porta chiusa a 4 mandate Per il presidente del Consiglio Mario Draghi quel certificato non è negoziabile. O ce l’hai non ce l’hai e poco importa che riguardi una categoria, il personale scolastico, già vaccinata al 90%. Il provvedimento o sta alimentando forti tensioni. Per i sindacati è stato scritto in modo “frettoloso e radicale”. Da qui la protesta: “Basta diktat”, “la scuola non si riapre per decreto”, serve il “confronto”.

Nell’ Italia accesa dai piromani, la nota sindacale è a tutti gli effetti un innesco doloso. Il primo a raccogliere il testimone è il presidente dell’Anp (Associazione Nazionale Presidi) Mario Rusconi, ricordando come dopo il 20 di agosto, le scuole riprenderanno l’attività in presenza con degli studenti che dovranno colmare i debiti formativi. Da inizio settembre inizieranno a pieno ritmo le attività di segreteria e di programmazione didattica, mentre da metà settembre a seconda dei calendari regionali prenderà il via il nuovo anno scolastico 2021/22.

«Apprendiamo essere obbligatorio il Green pass – rivela telegrafico il professor Rusconi – per il personale della scuola (insegnanti, bidelli) e nelle università anche per gli studenti nulla viene precisato circa i consulenti esteri e i fornitori che a vario titolo avranno ingresso nelle scuole. Ad esempio i docenti/consulenti che svolgeranno attività didattica/progettuale nelle classi potranno entrare senza esibire la propria certificazione verde». «Ci aspettiamo in tal senso chiarezza e coerenza di atteggiamento» – punzecchia Rusconi. E aggiunge: «Ai presidi è fatto obbligo di controllo del personale scolastico. Sarebbe auspicabile, come tra l’altro previsto dal decreto, che le regioni fornissero alle scuole l’elenco delle persone con il lascia passare verde evitando così dispendio di energie da parte delle segreterie in perenne mancanza di organico, oltre che dare la possibilità ai dirigenti di concentrarsi sull’avviso dell’anno scolastico cercando di assicurare che possa riavviarsi nella massima serenità sia per gli studenti sia per i docenti e anche per le famiglie».

I grandi assenti in tutto questo sono gli enti locali, regioni, province e comuni. Chi li ha visti batta un colpo. «Occorre maggior impegno, concertazione e disponibilità da parte degli Enti locali con le scuole poiché l’abnegazione di docenti, dirigenti e personale scolastico non è sufficiente a garantire un normale anno scolastico», li chiama in causa Rusconi.

Del resto perché mettersi contro i lavoratori, le categorie, gli esercenti, i genitori e i ragazzi. Meglio restare allineati e coperti e mandare avanti i sindacati. Che in molti casi pongono problemi veri. Dimenticando però che senza uno spirito costruttivo e collaborativo anziché risolverli si diventa parte del problema. Che fare con il personale precario, ad esempio i supplenti che devono rispondere al volo alle chiamate? E come si condurranno gli accertamenti e le procedure sanzionatorie introdotte dal Governo?

Nella matassa da sbrogliare c’è il decongestionamento delle classi sovraffollate e le modalità del distanziamento. Il ricordo dei banchi a rotelle è ancora troppo vicino per non preoccuparsi.

«Noi – ricordano i sindacati- avevamo invocato un provvedimento chiaro, che individuasse precisi adempimenti, ma anche responsabilità dirette in capo allo Stato e affidasse al negoziato fra le parti gli aspetti che riguardano la gestione del rapporto di lavoro. L’incursione del Governo complica il percorso verso possibili soluzioni condivise».

I sindacati chiedono che «non si realizzi, con il taglio dell’organico aggiuntivo Covid, nessun arretramento su misure di sicurezza per ragioni economiche e che sia immediatamente rimossa ogni reticenza da parte dell’Amministrazione nel fornire sia i dati relativi agli esiti del contagio in ambito scolastico, che l’esatto stato della campagna vaccinale. I diktat alimentano tensioni e ostilità anche nei contesti in cui come nella scuola si è già dimostrata altissima responsabilità e senso civico».

CANGINI: “E IL PARLAMENTO?”

Potrebbe sembrare una questione di lana caprina. Ma che il Green pass non sia ancora stato introdotto in Transatlantico con la stessa fermezza fa discutere. «Da giovanissimo motociclista, vissi male l’approvazione della legge che nel 1986 introdusse l’obbligo del casco – parte da lontano Andrea Cangini, deputato di Forza Italia – Da tabagista adulto, vissi male la legge che nel 2003 introdusse il divieto di fumo nei locali chiusi. Vissi male quelle leggi perché comprimevano le mie libertà, ma ne compresi la ratio. Non che fossi convinto fino in fondo della bontà di simili norme più o meno ispirate alla tutela costituzionale della salute pubblica, ma essendo evidentemente valide per tutti, le feci anche mie. Di sicuro non sarei stato così remissivo se la legge del 1986 avesse esentato i parlamentari dall’obbligo del casco o se quella del 2003 fosse stata derogata per i locali della Camera o per quelli del Senato. È per questo che, ritenendo doveroso che il legislatore dia il buon esempio, considero opportuno che l’obbligo imposto a ristoranti, musei, sale da concerto e simili riguardi anche gli ambienti parlamentari».

DAL PAPA SENZA PASSAPORTO VERDE

Finora dinanzi al tacito diniego di qualcuno sono state opposte varie motivazioni. L’esercizio di una funzione costituzionale primaria o l’autodichiarazione delle Camere. Resta il fatto, rileva Cangini, che «gli eletti dal popolo debbano avere gli stessi diritti e gli stessi doveri dei cittadini comuni». Intanto, cambiato luogo e Stato, per l’udienza di papa Francesco in Vaticano il certificato non è stato richiesto ai fedeli. Prima di avvicinarsi alla piccola folla dei pellegrini, Bergoglio ha ricevuto una telefonata che ha suscitato la curiosità dei presenti. Il cellulare è stato passato da un collaboratore al Papa che, naturalmente, non ha svelato il motivo della chiamata o chi ci fosse all’altro capo dal telefono. Le uniche misure adottate per il momento sono quelle del contenimento del numero dei partecipanti, della misurazione della temperatura all’ingresso, del distanziamento e dell’utilizzo della mascherina, nonostante anche in Vaticano sia entrato in vigore il certificato sanitario, necessario però per accedere ai Musei Vaticani. C’è chi vorrebbe estendere i controlli ai trasporti. Massimo Galli, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, lo ha detto chiaro e tondo, perché «il vaccino è importante ma non copre al 100% dall’infezione»,

LA CIRCOLARE DEL VIMINALE E LA PROTESTA DEGLI STEWARD

Già. Ma chi deve fare i controlli? La circolare del Viminale rimanda al Dpcm del 17 giugno scorso e in particolare all’articolo 13. Si spiega che alla verifica sono deputati: i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni; il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, iscritto nell’apposito elenco; i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde, nonché i loro delegati; il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività per partecipare ai quali è prescritto il possesso di certificazione verde, nonché i loro delegati; i vettori aerei, marittimi e terrestri, nonché i loro delegati.

Rientrano in queste categorie anche gli steward che svolgono servizi di sicurezza in occasione di eventi sportivi, come negli stadi di calcio. Il controllo avviene in due fasi: la prima consiste nella verifica del possesso della certificazione verde alle attività per le quali è prescritta.

Questa prima verifica ricorre in ogni caso. La seconda fase, consiste nella dimostrazione, da parte del soggetto intestatario della certificazione verde, della propria identità personale, mediante l’esibizione di un documento d’identità. «Si tratta, ad ogni evidenza, di un’ulteriore verifica che ha lo scopo di contrastare casi di abuso o di elusione delle disposizioni», si legge nella circolare. La verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione verde ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione. Tutto chiaro? No, E i primi a sollevarsi sono state proprio le associazioni e le associazioni degli steward. «Siamo già troppo pochi per controllare i biglietti…».


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