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SENISE -Si svolgeranno stamattina nella chiesa di San Francesco i funerali di Vincenzo Tricarico. Il pensionato, ottantanove anni compiuti a luglio è morto presso l’ospedale di Potenza, dov’era ricoverato da alcuni giorni, a seguito di un malore che lo aveva portato al coma. Con la sua scomparsa si chiude definitivamente il connubio uomo-asino che ha fatto la storia millenaria della comunità di Senise.
Una storia di cultura e tradizione contadina basata proprio sulla indissolubilità del binomio uomo –asino; laddove l’animale rappresentava il bene più prezioso della famiglia, al quale era riservato l’angolo più protetto e remoto dell’abitazione; seguito subito dopo dal maiale .L’uomo, il capo famiglia veniva al terzo posto per importanza nella scala gerarchica. Se mai ci si sarebbe aspettata una morte, le priorità augurate era queste appena citate. Vincenzo Tricarico dunque rappresentava l’ultimo anello esistente che mai sarebbe andato in campagna senza la compagnia dell’asino. Quando qualche anno fa, era morta “Tiruccia”, non aveva perso tempo e l’aveva subito rimpiazzata on un’altra asinella che l’ha accompagnato fino al suo ricovero in ospedale.
Il “Pellaio”, così era meglio conosciuto non solo a Senise, un soprannome mai esattamente interpretato, ha incarnato per tutta la sua vita la figura del difensore delle istanze popolari. Mettendosi sempre in prima linea. Anche durante il periodo passato all’interno delle stanze comunali,da comunista eletto, non lesinando mai critiche neppure ai suoi che poi ha abbandonato proprio per divergenze. E’ stato comunque fautore del dialogo in assoluto a trecento sessanta gradi, mettendo come priorità, proprio il bene comune che dunque non aveva colore o schieramento; l’ultima battaglia lo ha visto vincitore per il ponte sul Serrapotamo poi realizzato. Schivo, educato e soprattutto onesto ad ogni costo, ha vissuto una vita all’insegna dell’umiltà, rifiutando ogni tentazione, anche tecnologica; non aveva neppure la patente di guida. Crescendo insieme alla moglie comunque una bella famiglia di quattro figli: Antonio, Prospero (che purtroppo non c’è più), Leonardo e Francesco. La sua fama, i suoi modi decisi ma sempre educati e rispettosi,hanno travalicato i confini, arrivando fino a Napoli. Dove si recava periodicamente per fare provviste per il suo negozio-bazar. Proverbiale la sua traversata in Argentina in cerca di quel padre che non lo accolse, portandosi come bagaglio al seguito, un solo vecchio canovaccio con dentro ancora qualche tozzo di pane.
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