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Il capomafia cetrarese Franco Muto

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CETRARO (COSENZA) – E’ finita in una bolla di sapone la vicenda del “fantomatico” milione di euro che il clan Muto avrebbe dovuto versare al Comune di Cetraro, a titolo di risarcimento del danno, essendosi l’ente locale costituito parte civile.

Il risarcimento era stato deciso il 21 settembre del 2006 dal Tribunale di Paola con la sentenza di primo grado del processo Azimut, successivamente confermata in appello e poi anche in Cassazione. Una sentenza storica che ha condannato vertici e gregari del clan Muto a diversi anni di carcere ma anche, per la prima volta in Italia, a risarcire con dieci milioni di euro la Presidenza del Consiglio dei Ministri. E poi  tre milioni alla Regione Calabria, un milione di euro al Comune di Cetraro e 500 mila euro alla Provincia di Cosenza.

Da allora, ossia dalla condanna di primo grado, poi divenuta definitiva, sono trascorsi ben 15 anni senza che le precedenti amministrazioni comunali, sia durante i due successivi mandati a sindaco dell’attuale consigliere comunale e regionale Giuseppe Aieta, e sia dell’amministrazione guidata da Angelo Aita, siano riusciti ad incassare, almeno una parte di questa consistente somma di denaro. Soldi che tanto bene farebbero alle casse comunali, specie in questo momento, visto che l’Ente versa in una situazione talmente critica che si parla di deficit finanziario. Somma di denaro alla quale, peraltro, vanno aggiunti anche gli interessi, nel frattempo maturati, in questo lungo lasso di tempo.

Per ammissione dello stesso sindaco della cittadina tirrenica, Ermanno Cennamo, il Comune ha 1,3 milioni di euro di debiti ed un fondo crediti di circa 4 milioni di euro. E’ evidente che qualcosa in questa vicenda non torna. La domanda, quindi, nasce spontanea: come mai in questi quindici anni il Comune di Cetraro non è riuscito ancora ad incassare il milione di euro dal clan Muto? Ma, ancora, ci si chiede: perché non ha mai nemmeno tentato un’azione più incisiva? Forse l’Ente locale ha paura di ritorsioni nell’esigere il pagamento di quanto dovuto sia dal boss Francesco Muto, capo indiscusso di una delle più potenti famiglie di ‘ndrangheta calabresi, sia dai suoi affiliati, condannati al risarcimento per la sentenza Azimut?

«Il problema – spiega il primo cittadino di Cetraro Ermanno Cennamo – è che le persone che devono pagare dalle visure fatte dall’Agenzia delle Entrate e quant’altro, risultano tutte nullatenenti. Questo vuol dire che il Comune non può aggredirle dal punto di vista patrimoniale – spiega il primo cittadino di Cetraro – perché non sono titolari di conto corrente, non sono proprietari di beni immobili non hanno auto intestate e così via, insomma, non hanno nulla intestato. La questione è in mano all’avvocato Beniamino Iacovo che periodicamente fa delle verifiche. Se ci fosse la possibilità di recuperare quella cifra, confiscando beni immobili, autovetture o altro, saremmo messi meglio – conclude il sindaco – purtroppo, al momento, non possiamo fare nulla perché, ad oggi, non ci sono le condizioni per poter incassare questi soldi».

In effetti, dall’inchiesta Frontiera del 2016 che ha disarticolato il clan Muto, e che ha visto la condanna del capobastone, oggi ai domiciliari nella sua casa di Cetraro dopo la condanna a 20 anni di reclusione, risulta che i militari del Ros non abbiano rintracciato “elementi di alcun tipo attestanti che il Comune di Cetraro abbia, al fine, incamerato le somme liquidate in via equitativa finanche confermate dalla Suprema Corte”. Con la delibera n. 37 del 28.03.2017 l’allora giunta comunale guidata dal sindaco Angelo Aita approvava un atto d’indirizzo ai fini del conferimento dell’incarico legale ad un avvocato di fiducia dell’ente, individuato nell’avvocato Beniamino Iacovo, “per il recupero delle somme liquidate nel giudizio “Azimuth” e per la promozione di azione civile di danni e refusione delle spese processuali nel giudizio “Nepetia”. Anche per il processo Nepetia la Cassazione ha confermato, con sentenza esecutiva, il risarcimento dei danni in sede civile a favore del Comune di Cetraro nonché di tutte le spese processuali da parte degli esponenti del clan Muto condannati. Per questa inchiesta, lo ricordiamo, è stato condannato in via definitiva il presunto boss del clan di Amantea, Tommaso Gentile, assolto invece il capobastone Francesco Muto.

Stando, quindi, alle ultime notizie apprese è ancora in corso il recupero, presso le competenti cancellerie, delle anzidette sentenze definitive, munite della clausola di esecutività, affinché il Comune di Cetraro possa approntare gli atti necessari per il recupero delle somme liquidate in sede di giudizio.

Insomma, stando così le cose, è molto probabile che neanche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Calabria e la Provincia di Cosenza non abbiano ancora incassato i risarcimenti loro assegnati dalle anzidette sentenze. A questo punto, per assurdo, non è da escludere che soggetti condannati del locale clan, in quanto nullatenenti, incassino pure il reddito di cittadinanza.  

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