5 minuti per la lettura
ALTRI 46 milioni di euro, a tutti gli effetti già riconosciuti alla Regione Basilicata, che però ora rischiano di finire in fumo. Questa volta, non per costruire una nuova infrastruttura, come nel caso del distretto G, ma per sanare quei due cimiteri di veleni letali che sono l’area industriale della Valbasento e quella di Tito: entrambi dichiarati siti di interesse nazionale da bonificare, con decreto ministeriale, rispettivamente nel 2002 e nel 2003. E’ questa l’amara verità che è emersa nel corso della conferenza dei servizi, che si è svolta ieri a Roma, con i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, i sindaci delle due aree interessate, l’Arpab, la Provincia di Matera e la Regione. Ora tutto è legato a quella ulteriore richiesta di proroga che l’assessore regionale, Aldo Berlinguer, ha chiesto al Mise. Se dovesse essere bocciata, ci troveremmo quasi di fronte a un’evitabile definanziamento dei dieci interventi per i due Sin lucani. Dopo più di dieci anni di attesa, era arrivato a giugno del 2013 l’accordo quadro con cui si riconoscevano alla Regione Basilicata le risorse necessarie, rinvenienti per lo più dal Fondo di coesione, 2007-2013, con cui finalmente poter bonificare le due bombe ecologiche che da troppo tempo minacciano la salute dei lucani. Un finanziamento scaduto lo scorso 31 dicembre, senza che la Regione – anche a causa del vuoto amministrativo che si è venuto a creare dopo le dimissioni anticipate dell’ex presidente De Filippo – sia riuscita ad adempiere agli obblighi spettanti: predisporre i progetti e le relative convenzioni. Nel corso della riunione di ieri è arrivata la nuova proroga concessa fino a giugno. Ma pare che questi tempi non siano sufficienti per gli uffici regionali. I progetti attuativi andrebbero presentati entro gli inizi di marzo. E pare che in viale Verrastro siano ancora all’anno zero. Da qui la decisione di Berlinguer di provare a chiedere un ulteriore rinvio dei tempi. Ma non è detto che la richiesta venga accettata dal Ministero competente. Il che avrebbe delle conseguenze molto gravi per il territorio. Per le comunità interessate si tratterebbe di una beffa inaccettabile.
Idrocarburi, cadmio, mercurio, amianto piombo, solfati, floruri, manganese, trielina, nitriti, ferro e manganese: solo alcuni dei nomi che popolano la lunga lista dei veleni che hanno contaminato terreni e falde acquifere delle due aree industriali di Tito e Valbasento. Un elenco da brividi. Eppure, dopo tutti questi anni, quei veleni derivanti da industrializzazione selvaggia alla porte delle due città capoluogo, sono ancora lì. Qualcosa è stata fatta, ma molto, il grosso, è ancora da fare. Senza quei finanziamenti è quasi impossibile immaginare un’altra possibilità di ripristino ambientale nei due Sin. E ieri, Cgil e Uil, che hanno preso parte alla riunione romana, sono andati all’attacco: «E’ evidente – commentano in una nota – che quel che finora è mancato e’ stato un coordinamento tra Regione (soggetto attuatore), consorzi industriali, sindaci, agenzie regionali, per evidenti responsabilità che non si possono scaricare sulle popolazioni e sui sindaci delle aree interessate. Poiché non pensiamo che sia in atto una strategia volta poi, in nome dell’emergenza, ad assegnare risorse e lavori ai soliti noti, chiediamo che in questi pochi giorni si compiano, in totale trasparenza, tutti gli atti necessari». E proprio questo è uno dei più grandi problemi che ruotano intorno alla bonifica dei siti: convenzioni e affidamenti di lavori che fanno gola a molti, data l’abbondanza del bottino. Ma questa volta non possono esserci interessi di bottega da barattare davanti al sacro santo diritto alla salute di popolazioni già fortemente danneggiate da anni di conclamato inquinamento. E nessuno può concedersi il lusso di perdere altro tempo tempo. Per ora la riunione romana è stata aggiornata a marzo. In quella sede sarà chiaro se le istituzioni lucane si macchieranno dell’ennesima colpa.
IL DETTAGLIO DEGLI INTERVENTI
Quarantasei milioni di euro per dieci interventi: quattro per l’area industriale di Tito, sei in quella della valbasento.Questo il dettaglio degli interventi secondo l’accordo di programma firmato tra Regione e Ministeri, lo scorso giugno:
VALBASENTO
La bonifica nella Valbasento prevede il completamento dell’esecuzione della caratterizzazione dell’area ex pista Mattei (1,7 mln), il completamento della messa in sicurezza e bonifica acque di falda delle sole aree di competenza pubblica (10,8mln), la bonifica dei suoli delle aree pubbliche nonché di quelle agricole colpite da inquinamento indotto (3,2mln), il completamento della caratterizzazione delle acque superficiali e dei sedimenti dell’asta fluviale del fiume Basento, il completamento della progettazione degli interventi di Mise e la bonifica delle acque superficiali e dei sedimenti dell’asta fluviale del fiume Basento (1 milione). Poi ancora la realizzazione della messa in sicurezza e la bonifica delle acque superficiali e dei sedimenti dell’asta fluviale del fiume Basento (3 mln) e la progettazione e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del sito ex Materit (3,7 mln).
TITO
Nel Sin di Tito, invece, i fondi assicureranno la prosecuzione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda (11 mln), la bonifica dell’area fluviale inclusa nel Sin (3 mln), la messa in sicurezza e bonifica delle scorie siderurgiche (3,2 mln) e la messa in sicurezza e bonifica del bacino fosfogessi.
Quest’ultimo intervento prevede un impegno di spesa di 6 milioni di euro.
m.labanca@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA