Il presidente Mario Draghi con Ursula Von Der Leyen
4 minuti per la letturaVogliamo metterci la coscienza a posto con il reddito di cittadinanza o siamo pronti ad approfittare della risalita dell’economia per consolidare la pace sociale puntando a creare nuovi lavori e a riunire le due Italie? La gente ha bisogno di vivere con dignità, non solo di non morire di fame. Draghi e il suo esecutivo di unità nazionale ci hanno rimesso in carreggiata. La ripresa degli investimenti pubblici, a partire dal Sud, e i nuovi lavori dipenderanno da come si attuerà la riforma della pubblica amministrazione e della giustizia, da quanti intralci porranno o non porranno partiti, sindacati e le magistrature amministrative e contabili
Non tocchi niente e allora viene giù tutto. Bisogna operare per cambiare il sistema se non si vuole che l’autunno caldo incendi il Paese e la ristrutturazione generale si trasformi in un grande falò del lavoro. Anche il sindacato deve raggiungere la soglia minima di maturità che consente di porsi correttamente il problema se ha senso fare agonizzare i lavoratori un giorno in più difendendo il loro posto e prolungando la loro agonia o fare in modo che perdano un posto perso e ne trovino un altro vero.
Su questo si gioca il futuro del Paese. Su questo si gioca la pace sociale. Su questo si misura la volontà condivisa di uno sforzo comune. Su questo tema che appartiene alle sensibilità costitutive di Draghi si dovrà verificare la volontà comune dei partiti della coalizione di governo e dell’opposizione, questa volta, non solo di fare presto, ma di fare bene. Diciamolo meglio: di fare il bene.
Diamo ai partiti del rumore un tema vero sul quale discutere al posto del solito chiacchiericcio propagandistico. Qui si vede chi ha più a cuore la vita vera delle persone. Qui la fuffa del “diritto della democrazia” di calpestare il diritto di vivere altrui e di demolire la speranza comune di conservare o trovare un nuovo lavoro si scioglie come neve al sole. Ricordate quello che abbiamo detto ieri: prodotto interno lordo (Pil) oggi vuol dire vaccinare, vaccinare, vaccinare.
Pensare che se aumenta di un poco l’occupazione siamo a posto, significa essere fuori dal mondo. Vuol dire ignorare che si lasciano fuori masse di persone e che di queste masse di persone bisogna farsi carico.
Vogliamo metterci la coscienza a posto con il reddito di cittadinanza o siamo pronti ad approfittare della risalita dell’economia per consolidare la pace sociale puntando a creare nuovi lavori e a riunire le due Italie? La gente ha bisogno di vivere con dignità, non solo di non morire di fame. Draghi e il suo esecutivo di unità nazionale ci hanno rimesso in carreggiata e hanno ripreso per i capelli una situazione molto compromessa prima della pandemia globale, ma che dal nuovo ’29 mondiale poteva essere slabbrata fino alla dissoluzione.
Però, il tantissimo fatto in così breve tempo è solo l’inizio del cammino. Perché la ripresa degli investimenti pubblici, a partire dal Sud, e i nuovi lavori dipenderanno da come si attuerà la riforma della pubblica amministrazione e della giustizia, da quanti intralci porranno o non porranno le magistrature amministrative e contabili all’azione della nuova governance del Recovery Plan, da come risponderanno o non risponderanno le amministrazioni territoriali. Tutto si capirà subito, da settembre a dicembre, perché in questi pochi mesi siamo al giro di boa e si capirà se questa impresa di Ricostruzione del Paese riesce o meno a rimettere in circolo il suo Mezzogiorno. Questo è il problema che ci ha portato giù come Paese. Questo ci dice la scelta strategica di ridurre le disparità territoriali del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) compiuta dal governo Draghi. Questo ha capito prima di tutti l’Europa che di un’Italia che fino a Firenze è solo concorrenza non sa che farsene.
Il Mezzogiorno è il passaggio fondamentale di questa nuova grande avventura perché attraverso di esso si dà o non si dà un messaggio a tutta l’Europa. Da questo passaggio essenzialmente dipenderà se l’Europa reggerà alla prova della solidarietà e eviterà di essere stritolata da Cina e Stati Uniti. Abbiamo l’uomo giusto per guidare in casa e in Europa questo processo di cambiamento. A settembre i partiti del rumore si ricordino di non sprecare la carta estrema. Perché non ve ne saranno altre, certo, ma anche perché vincere elettoralmente sulle macerie di un Paese non consegna le chiavi del potere ma un fardello insostenibile di sofferenze, grane e pene. Non vogliamo neppure pensarci.
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L’avvento di Draghi e i suoi collaboratori o collaboratrici è permanente ed incline alla paraficazione non è importante da quale parte arrivino i suggerimenti, consigli, pareri o intuizioni, si potrebbe anche figurare un autunno caldo purché le contestazioni abbiano la stessa validità che il governo Draghi ha elaborato. Non ci auguriamo le mostruosità di un precedente governo tecnico, Draghi studia da politico e lo fa in fretta è già avanti.