Dalila Nesci
4 minuti per la letturadi DALILA NESCI*
È questa la sensazione che tante volte ho provato quando denunciavo i misfatti della politica e della governance manageriale sulla Sanità calabrese.
Un cerino che veniva passato di mano in mano per evitare di prendere posizione, per minimizzare le questioni, per delegittimare professionisti impegnati o cittadini indignati.
Condivido il suo fervore, Direttore, sull’affaire commissariamento della Sanità calabrese.
Lo condivido perché è anche il mio. E nonostante le difficoltà, le narrazioni stereotipate che mai giungevano all’origine delle responsabilità e certe solitudini incontrate nel mio percorso politico, non ho mai inteso cedere al disimpegno.
Ho incrociato pavidità e presunte ragioni di Stato, nel tempo, però, passi in avanti ne sono stati fatti e c’è chi ha avuto il coraggio di accendere un faro sulla Sanità calabrese: l’ex ministra Giulia Grillo ha avviato un tentativo, il ministro Roberto Speranza non si è tirato indietro nell’affrontare questa sfida ormai incancrenita dal tempo e dalle occasioni perdute della politica regionale.
La sentenza n. 168 del 2021, della Corte Costituzionale ha rilevato profili di incostituzionalità delle norme di recente emanate al fine di supportare l’azione commissariale di risanamento della Sanità in Calabria. Sentenza che come esponente del governo, non intendo leggere con gli occhi dello speculatore politico.
La Consulta ha innanzitutto dichiarato l’illegittimità costituzionale del “decreto Calabria” nella parte in cui non prevede che al prevalente fabbisogno della struttura commissariale provveda direttamente lo Stato ma si prevede che il supporto della Struttura Commissariale sia affidato al personale degli uffici regionali e di fatto al Dipartimento della Salute.
Dipartimento che, in questi dieci anni, è stato via via smantellato da ogni giunta regionale senza soluzione di continuità. E’ pur vero che, consapevoli di queste difficoltà, nei “decreti Calabria” è stato sempre previsto il supporto di Agenas. Sono però anch’io convinta che si debba fare di più. Per questo saluto la sentenza della Consulta come grande opportunità per ogni livello istituzionale.
La Corte Costituzionale se da un lato riconosce il ruolo delle autonomie territoriali sul tema sanità, dall’altro conferma che spetta allo Stato un ruolo di “garante di ultima istanza” che esercita attraverso il potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione.
Ad ogni modo, credo che in visione di un futuro ripensamento del Titolo V della Costituzione, dobbiamo approntare una seria rivisitazione dell’istituto del commissariamento e dei piani di rientro che, così come normato oggi, non risponde più alle logiche e politiche economiche dei nostri tempi in cui, finalmente, si torna ad investire abbandonando definitivamente la stagione dell’austerity.
Mi preme sottolineare che l’illegittimità del commissariamento reiterato era stato da me denunciato a più riprese, anche con atti di sindacato ispettivo nella scorsa legislatura, ma c’è un elemento sottaciuto da molti che invece va esplicitato. Nella mia interpellanza urgente discussa il 27 novembre 2015, grazie alla puntuale risposta dell’allora sottosegretario di Stato alla Salute, Vito De Filippo, fu chiara – come un lampo di luce nella notte calabrese – la responsabilità della Regione Calabria: “Non risulta a questo ministero che gli organi istituzionali della Regione Calabria abbiano, né nel 2013 né ora nel 2015, manifestato l’intenzione di presentare un nuovo piano di rientro”.
L’amara verità, dunque, è che, per molti anni, il commissariamento è stato utilizzato come alibi di rimpallo politico delle responsabilità. Anche se riconosco, senza cedere a semplificazioni illusorie, che insistono oggettive difficoltà che hanno reso e rendono tuttora difficile la presa in carico del problema a tutto tondo. Subito dopo l’elezione dell’allora presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, infatti, avevo proposto di fare fronte comune e riscrivere insieme un nuovo piano di rientro per chiedere ai ministeri vigilanti l’uscita dal commissariamento. Non se ne fece nulla, le condizioni politiche non erano ancora favorevoli ad una cooperazione in tal senso. Avviai, così, un’opposizione dai banchi del Parlamento senza sconti, pur in assenza di rappresentanti regionali del M5S in Calabria. Tengo bene a mente, infatti, gli imboscati di allora e gli opportunisti di oggi.
Ad ogni modo, ciò che muove tuttora il mio operato politico è la difesa per una parità di accesso al diritto alla salute in Calabria affinché si interrompa l’indicibile emigrazione sanitaria, anche per mancata vigilanza sui rimborsi sanitari verso strutture fuori Regione.
Oggi più che mai, come unica rappresentante calabrese del Governo Draghi, vedo nitidamente la possibilità di un riscatto politico trasversale e la voglia di collaborare per la ricognizione del debito ed il superamento del commissariamento.
Per stralciare ogni posizione debitoria del passato, serve una ricognizione definitiva del pregresso e sancire una nuova gestione libera da errori e contiguità delinquenziali sui quali opererà la magistratura contabile e penale.
Inoltre, sulle difficoltà delle regioni meridionali e quei criteri ingiusti che a partire dal FSN hanno ulteriormente deteriorato i Livelli essenziali di assistenza, c’è un impegno concreto del ministro Speranza ed anche una rinnovata attenzione da parte del ministero di Economia e Finanza.
E proprio perché non sempre il tempo a disposizione è stato utilizzato in maniera efficace, credo che adesso si debbano fare passi ben ponderati ma decisivi nel superamento del debito storico della sanità calabrese. Perché, a partire dalla prossima legge di bilancio, non avremo più il tempo di tornare indietro a correggere quanto fatto.
Speranza c’è, lo Stato pure. Sono convinta che la rinascita dell’Italia parte da Sud e la Calabria dovrà diventare, finalmente, l’emblema delle sfide possibili.
Sottosegretaria di Stato, Sud e Coesione territoriale
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