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Diciamoci la verità: sulle vaccinazioni Mattarella e stato bravo ma quanto alla giustizia ci ha lasciato un po’ sul campanile come si usa dire in amore quando non si raggiunge l’acme. Il presidente della Repubblica è per sua funzione anche il presidente del Consiglio superiore della magistratura, anche se la funzione reale è svolta dal vicepresidente, tuttavia l’attuale e abbastanza eroico abitante del Quirinale, ha svicolato. Il centro del centro del malessere della giustizia infatti abita a nel palazzo dei marescialli a Roma dove ha sede il Csm.

SISTEMA FUSO

Dagli scandali usciti ed entrati da e in quel palazzo si è avuta la temperatura di un sistema fuso, disfunzionale e concentrato su esiti che non hanno nulla a che vedere con l’erogazione del pubblico servizio della giustizia.

Lo stato della giustizia italiana è tale che l’Europa, per una volta tutt’altro che matrigna, ci ha ingiunto di raggiungere il livello minimo di civiltà giudiziaria comune nei Paesi dell’unione per avere pieno diritto ai famosi fondi. Capacità giudiziaria vuol dire esercizio della funzione perché quanto a civiltà giuridica noi ambiziosamente ci consideriamo la culla del diritto.

LE SOLITE CARENZE

Peccato che questa culla sia rimasta tale e l’infante non sia mai cresciuto. Questo è il problema: lentezza mostruosa dei processi, costo astronomico degli stessi, malcontento e crollo della fiducia dei cittadini in un sistema che non li rende uguali agli altri europei. Tutti sappiamo che oltre le ben note carenze che tutti i tribunali lamentano in fatto di personale, computer, polizia giudiziaria, pulizie delle scale, stato polveroso degli uffici, lassismo, ci sono anche alcune cattive abitudini che purtroppo alcuni funzionari dello Stato in toga hanno confuso con dei loro diritti.

Ricordiamo come stanno le cose alla partenza. Il popolo italiano, tornato alla democrazia e diventato una Repubblica scelse di darsi un sistema giudiziario al di sopra di ogni sospetto. Quale può essere il sospetto peggiore per un organismo giudiziario? Quello dell’asservimento ad altri poteri. Siano essi politici, malavitosi, finanziari, sindacali, religiosi, metteteceli tutti. E allora che cosa pensarono i famosi padri costituenti? Pensarono di dotare il paese di un organismo che tutelasse l’indipendenza di questi alti dipendenti dello Stato approdati alla loro funzione attraverso un concorso pubblico.

GLI ELETTORI

Quando ricordo a me stesso questa storia, mi torna sempre in mente quel che disse un grande re indigeno messicano agli spagnoli: “Voi discendete dalle barche, noi dagli Aztechi”. Ora il Parlamento discende dal voto degli elettori e quindi è espressione dell’unico potere che esista in una democrazia, mentre i magistrati discendono da un concorso pubblico che comincia e definisce la loro legittimazione. Che non è poca cosa, ma che non è neppure un potere.

La questione dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario che fu il fulcro della rivoluzione francese non ha più senso: il legislativo ha il potere di rappresentanza popolare, l’esecutivo è la sua espressione approvata con voto di fiducia; e quanto al giudiziario si tratta della esecuzione delle leggi esistenti con un ampio margine di potere di interpretazione che con il passare degli anni è diventato del tutto abusivo, tant’è vero che molte volte nella storia della Repubblica ci siamo trovati di fronte a sentenze della Suprema Corte di Cassazione, i cui operatori discendono anche loro da un concorso e non dal potere popolare, esprimere leggi sotto forma di sentenze che modificavano altre leggi esistenti. Ciò ha generato un conflitto che si è poi acuito man mano che i magistrati si sono riuniti nei loro sindacati e nelle loro associazioni, alcune delle quali sembrano più delle bande che dei rispettabili organismi rappresentativi.

Lo scandalo Palamara è stato soltanto l’ultimo in ordine di tempo, ma terribilmente istruttivo: esisterebbe una organizzazione, non si sa se loggia massonica o no, in cui una congrega di abusivi tra cui alcuni magistrati, avvocati, giornalisti e forze dell’ordine si riunirebbero per trovare la quadra fra loro con accomodamenti e transazioni, per usare la giustizia secondo le loro private convenienze.

CATENA INFINITA

Uno dei grandi mali del nostro sistema è la cosiddetta obbligatorietà dell’azione penale, che sembrerebbe dal suono una buona cosa che invece è pessima. Se tutte le denunce dessero davvero luogo obbligatoriamente ad una inchiesta e poi l’inchiesta ad un’istruttoria, l’istruttoria un processo, il processo a una sentenza, non la si finirebbe più.

Ne consegue che i procuratori hanno un potere di discrezionalità nello stabilire quale dossier è più uguale dell’altro. Tutto questo è arcinoto. Qui sta lo scandalo e qui anche gli interessi politici legati a dei sottoposti interni al corpo dei magistrati, la maggior parte dei quali come sappiamo, è formato da persone specchiatissime tra cui però se ne celano di più opache e alla fine della giostra il cittadino scopre che i processi civili sono talmente iniqui per lunghezze da mettere in fuga le aziende straniere che abbiano voglia di investire, come accaduto anche in tempi recentissimi

E nel penale ciascuno è autorizzato a pensare che la propria sentenza non sempre corrisponda alla giustizia in senso non soltanto codificato ma anche ideale. Processi lunghi, costosi, iniqui amministrati talvolta da personale che non è all’altezza del compito affidato gli.

Adesso si fa gran chiasso sulla riforma Cartabia che in realtà affronta una parte importante ma non tutta quella della questione giudiziaria. È solo la riforma Cartabia ma i 5 Stelle tentano di giocarsi una carta politica anche se già sanno di aver perso perché una cosa è sicura di Draghi, ed è che in quel suo sorriso un po’ da dinosauro, lui non mollerà mai, non cambierà idea, al massimo concederà piccoli aggiustamenti, giusto per far contento questo o quel membro della sua maggioranza parlamentare.

LA RESA DEI CONTI

Adesso siamo arrivati al “redde rationem” e quindi non resta che aspettare il voto di fiducia. Nel frattempo, i referendum sono in marcia ed è possibile che il voto popolare crei una spaccatura tale da imporre al governo e al Parlamento un ulteriore ripensamento dopo l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

LA GUERRA FREDDA

L’Italia ha vissuto di emergenze fin dalla sua nascita a causa della guerra fredda e tutte le emergenze sono state buone per sospendere momentaneamente, cioè per sempre, l’uso della normalità. Adesso è ora di tornare a questa normalità. Per farlo occorre un sistema giudiziario che dia i frutti che è chiamato a dare. Altrimenti bisogna pensare a qualcosa di radicalmente nuovo.

Questo Parlamento non è il più adatto per compiere questo lavoro e bisognerà certamente aspettare il prossimo. Ma i tempi sono maturi, l’Europa ce lo chiede, e noi se vogliamo restare al passo in tema di civiltà così come lo siamo ormai in economia, dobbiamo darci una mossa. Piantarla con le frasi ad effetto, i pregiudizi e imparare a considerare l’amministrazione della Giustizia un servizio pubblico di massima qualità che richiede altrettanta responsabilità ed efficienza. Qualsiasi altra funzione abusiva e parassitaria, va eliminata.


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Fabio Grandinetti

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