LAMEZIA TERME – Una sentenza significativa per sfruttamento lavorativo dei migranti è stata emessa dal tribunale collegiale di Locri (presidente Alfredo Sicuro; a latere Adriana Cosenza e Giovanna Sergi) che ha condannato alla pena di un anno e al pagamento del risarcimento del danno di 4.000 euro oltre alle spese legali, Pasquale e Saverio Palumbo, padre e figlio, accusati dalla Procura della Repubblica di Locri per estorsione, violenza, furto di energia elettrica ai danni di quattro braccianti immigrati. Pasquale Palumbo, titolare di un’azienda agricola di Brancaleone, dove erano finiti a lavorare i braccianti di origine africana, insieme al figlio Saverio avrebbero causato a Ben Johnson lesioni a seguito di un’aggressione dovuta al fatto che al lavoratore sarebbe stato intimato di andare via dall’azienda.
Tutto questo perchè l’immigrato avrebbe avuto la “colpa”, insieme ai suoi colleghi di lavoro, di pretendere il pagamento dei 19 giorni di lavoro senza ottenere null’altro che una ferita lacero contusa dovuta ad una bastonata sotto l’occhio sinistro. Il giorno dell’aggressione i braccianti chiamarono le forze dell’ordine e i carabinieri di Bianco, trovandosi a pattugliare la zona, intervennero sul posto e identificarono i braccianti che furono ascoltati a sommaria informazione.
I braccianti furono invitati a ripresentarsi per regolarizzare la loro posizione, così chiesero di essere sostenuti dal Centro sociale ex canapificio di Caserta grazie al quale ottennero dal pm di Locri il nulla osta al rilascio del permesso di soggiorno. Durante il dibattimento è emerso, grazie alla testimonianza dei carabinieri intervenuti e al racconto dei tre testimoni di lavoro di Ben, un contesto lavorativo di estremo disagio. Fondamentale è stata la testimonianza di A. Francis per far emergere come i migranti vivevano in un casolare fatiscente dell’azienda e con orari di lavoro massacranti: dalle 6.30 sino alle 20.30 senza alcun giorno di riposo e con una pausa pranzo di un’ora. Malgrado lo stato di continua soggezione, la mancata retribuzione pattuita (di 5 euro all’ora) e la condizione di sfruttamento lavorativo in cui versavano i quattro braccianti, entrambi i Palumbo sono stati invece assolti dall’accusa di concorso in estorsione.
“Un fiammifero acceso nel buio di centinaia di migliaia di lavoratori stranieri che in Calabria e nel Sud Italia vivono e lavorano in condizioni di sfruttamento estremo”. Così ha commentato la sentenza l’avvocato del foro di Lamezia Terme, Tonino Barberio dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’Immigrazione) che grazie al sostegno dell’Associazione Comitato per il Centro sociale di Caserta si è costituito parte civile per il bracciante africano e lo ha difeso davanti al tribunale di Locri. La parte offesa del procedimento, Ben, è a Rosarno per la raccolta delle arance ed alloggia per la stagione nella tendopoli di San Ferdinando. I suoi tre colleghi braccianti testimoni contro i Palumbo, Yaw, Francis, Boadi, grazie al progetto “Rosarno …e poi” finanziato dalla Fondazione con il Sud e gestito dal Centro sociale ex canapificio e dal Cir stanno svolgendo un tirocinio retribuito con una borsa lavoro presso tre cooperative sociali del casertano che fanno agricoltura biologica su terreni confiscati alla camorra.