4 minuti per la lettura
POTENZA – «Annullamento» del divieto di dimora nei suoi confronti, ma con rinvio al Riesame di Potenza, che dovrà uniformarsi alle prescrizioni
E’ quanto avrebbe deciso ieri pomeriggio la Corte di cassazione accogliendo – in parte – il ricorso presentato dall’avvocato Paolo Carbone per l’ex vicegovernatore della giunta regionale Agatino Mancusi (Udc) nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi del parlamentino lucano.
La notizia è circolata in tarda serata tra gli addetti ai lavori ma l’ufficialità si avrà soltanto questa mattina, quando dovrebbe conoscersi l’esito anche dei ricorsi omologhi presentati da altri tre consiglieri regionali uscenti: Antonio Autilio (Cd), Alessandro Singetta (Misto), e Rocco Vita (Psi).
Ad aprile erano stati tra i destinatari del divieto di dimora assieme all’allora capogruppo Pdl Nicola Pagliuca, Paolo Castelluccio (Pdl), Mariano Pici (Pdl) – il solo per cui sarebbe stata revocato per un ripensamento sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza – , Mario Venezia (FdI), più un ex come Vincenzo Ruggiero (La Destra). Ma ieri davanti agli ermellini del Palazzaccio si sono presentati soltanto i loro legali.
Se verrà confermato l’annullamento dell’ordinanza di misure cautelari disposta dal Riesame e il suo rinvio allo stestto Riesame nei confronti di Mancusi, resterebbe comunque da capire quale sia stata la questione accolta dai giudici.
Potrebbe infatti trattarsi di un rilievo che mette in discussione l’esistenza dei gravi indizi necessari rispetto alle accuse formulate dalla procura di Potenza – e qui l’intera inchiesta sui rimborsi potrebbe venirne ridimensionata – o soltanto sull’esistenza di esigenze cautelari specifiche.
Oltre ai 16 destinatari dell’ordinanza di misure cautelari del gip (quelli di cui sopra più i dimissionari Rosa Mastrosimone (Idv), Vincenzo Viti (Pd), e chi ha subito soltanto il sequestro di alcune somme sui conti correnti come Antonio Flovilla (Udc) Innocenzo Loguercio (Psi), Franco Mollica (Udc), Antonio Potenza (Pu) e Antonio Tisci (Pdl)) sono 18 i consiglieri e gli ex consiglieri coinvolti nella stessa inchiesta. Solo che a loro da principio sono state contestate somme inferiori a 5mila euro come il presidente uscente della giunta regionale Vito De Filippo (Pd) e gli assessori Nicola Benedetto (Idv), Luca Braia (Pd), Roberto Falotico (Udc), e l’“esterno” Attilio Martorano. O ancora il presidente del Consiglio Vincenzo Santochirico (Pd), e i consiglieri Giuseppe Dalessandro (Pd), Antonio Di Sanza (Pd), Franco Mattia (Pdl), Michele Napoli (Pdl), Pasquale Robortella (Pd), Luigi Scaglione (Pu) e Gennaro Straziuso (Pd). Infine il governatore in pectore Marcello Pittella (Pd) e gli ex onorevoli lucani: Pasquale Di Lorenzo (Fli), l’ex assessore Vilma Mazzocco (Cd), Giacomo Nardiello (Pdci), l’attuale presidente dell’Asi di Potenza Donato Salvatore (Psi) e l’amministratore delegato di Acquedotto lucano Rosa Gentile.
Tra gli esempi di malcostume presi di mira dagli investigatori di carabinieri, finanza e polizia c’è una varietà di spese personali rimborsate tra il 2010 e il 2011 con i fondi di segreteria e rappresentanza a disposizione dei consiglieri e quelli per l’attività politica dei gruppi: circa 2.600 euro al mese più altri 1.200 per ogni singolo componente da rendicontare in un secondo momento depositando scontrini e fatture. Si va dall’orsetto di peluche al gelato acquistate in autogrill, passando per caramelle e prodotti da forno di ogni tipo, il noleggio di un auto in Costa Smeralda in altissima stagione, soggiorni a Ponza, settimane bianche, pernottamenti in albergo con accompagnatrici imprecisate, pranzi in Costa Azzurra o in occasione di ricorrenze familiari tipo il compleanno del coniuge, la finitura e la levigatura del parquet in alcuni locali privati, i mignon di domenica, il cenone di capodanno e il pranzo di ferragosto. Poi ci sono i collaboratori “fantasma” che hanno smentito di aver ricevuto le somme dichiarate nei contratti depositati, o di aver mai lavorato per il consigliere in questione, oppure – in un caso – hanno ammesso di averlo fatto ma all’insaputa del marito che di quel dubbio rapporto di lavoro non sapeva nulla, né avrebbe dovuto saperlo. Quindi una montagna di fatture e scontrini ritoccati con l’aggiunta di un numero a penna a destra o a sinistra dell’importo originale: a volte aggiungendo 300 euro, e a volte soltanto 2. Schede benzina “gonfiate”, fatture fotocopiate e rimborsate più volte, altre per spese già rimborsate con le indennità di missione, altre per spuntini in varie parti d’Italia allo stesso momento e altre ancora per francobolli disconosciute da chi dovrebbe averle emesse.
In totale si tratta di meno di 300mila euro, a questi andrebbero aggiunti gli oltre 200mila che la Corte dei conti sta cercando cercando di recuperare da i rimborsi intascati dai consiglieri tra il 2009 i primi mesi del 2010, a cui a breve andrebbero sommati quelli utilizzati in maniera indebita nella seconda parte del 2010 e in tutto il 2011.
Assieme ai 34 politici è stato chiesto il rinvio a giudizio anche di 9 persone per reati collegati: il commercialista Ascanio Emanuele Turco, l’albergatrice Carmela Mancino e la sua collaboratrice Donata Santoro, i ristoratori Antonio Sanrocco, Angelo Santo Galgano e Rosa Amoroso, i tabaccai Serena e Francesco Marino e il collaboratore di De Filippo Nicola Brenna.
l.amato@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA