X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

TITO – La sorella voleva riportare i fratellini a casa nelle Marche. La famiglia Mariotti  si era trasferita in Basilicata per lavoro negli anni ‘60 e poi è ripartita. Ma ogni volta che era possibile qualcuno tornava a Tito per portare un fiore sulla tomba dei due bimbi. Solo che dietro alla lapide con la dedica di «mamma e papà» Massimiliano e Manuela non c’erano più.

Una cassetta di zinco piena di ossa troppo lunghe per essere quelle di due neonati, assieme ad altre della stessa lunghezza in una busta di plastica bianca e persino un paio di occhiali.

E’ la macabra sorpresa che ha trovato Maria Chiara Mariotti, un’insegnante di Fano, una volta arrivata a Tito per recuperare dal cimitero i resti dei due fratellini.

Il caso ha creato un gravissimo imbarazzo dell’amministrazione comunale, che da allora non è ancora riuscita a trovare una soluzione.

Di più è già partita una denuncia e anche in Procura a Potenza starebbero cercando di far luce sull’accaduto.

Il fattaccio (chiamarlo errore potrebbe essere riduttivo) risale ai primi anni ‘80 quando i Mariotti hanno chiesto e ottenuto una celletta dove riunire i  resti dei due bambini.

Il primo, Massimiliano, era venuto alla luce già morto 25 anni prima, nel 1965, mentre Manuela l’anno dopo era sopravvissuta appena qualche mese.

Soltanto la nascita di Maria Chiara era riuscita a far tornare il sorriso a casa Mariotti, dopo le tante lacrime versate. Ma il ricordo e la tenerezza al pensiero dei due angeli di casa non erano mai venuti meno. Per questo «mamma e papà» avevano deciso di acquistare una nicchietta solo per loro.

Qui però cominciano i problemi. Non potendo scendere il giorno stabilito per l’estumulazione avevano chiesto di assistere alle operazioni ad alcune signore conosciute quando abitavano a Tito, che erano rimaste amiche di famiglia.

In realtà, a quanto loro stesse di recente hanno ricordato, arrivati in tarda mattinata i due corpicini erano stati già inseriti in una singola cassettina di zinco. Del maschietto rimaneva qualche ossicino, mentre la femminuccia aveva ancora capelli e sopracciglia. Poi il custode che all’epoca era in servizio nel cimitero avrebbe invitato le signore a seguirlo fuori, dato che si era fatta ora di pranzo, assicurando che nel pomeriggio gli operai avrebbero finito il lavoro. 

Oggi anche il custode è morto e dovrebbe essere lì attorno nel camposanto (il condizionale è quanto mai necessario), perciò non può più raccontare cosa ricorda.

Chi invece è ancora in vita è uno degli operai che effettuarono la traslazione, per quanto fin’ora non sarebbe stato in grado di fornire molte indicazioni.

Troppo il tempo trascorso. E troppe – forse – anche le operazioni di quel tipo compiute negli anni, che in effetti – con tutto il rispetto dovuto ai defunti – per chi fa questo di mestiere possono diventare di routine. 

Soltanto una circostanza lascia davvero perplessi, ed è che nella cella affianco a quella dei due bimbi scomparsi ci siano proprio i genitori di quell’operaio. Una cosa che avrebbe suscitato più di un sospetto su quanto successo. L’alternativa è che qualcuno abbia potuto prendere i resti dei due bimbi per farci chissà cosa, messe nere e orrori simili. Se no si è trattato davvero soltanto di un errore, come dice chi prova a minimizzare: un errore, più una busta di plastica.

A rendere la situazione ancora più difficile c’è infine il fatto che a Tito non si trovino nemmeno i registri delle sepolture, delle traslazioni e le varie operazioni compiute nel cimitero prima del 1983. Sembra che siano andati perduti a causa del terremoto, e a nessuno è mai venuto in mente di cercarli.

l.amato@luedi.it

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE