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REGGIO CALABRIA – Dopo l’eclatante manifestazione di domenica davanti al Duomo di Reggio Calabria, i familiari di Giovanni Strangio e Giuseppe Nirta, condannati all’ergastolo per la strage di Duisburg, avevano in mente una nuova manifestazione davanti al tribunale di Locri ma questa volta a bloccare tutto è intervenuto il questore di Reggio Calabria, Guido Longo, che ha vietato la manifestazione. I familiari avevano intenzione di inscenare una nuova protesta per ribadire l’innocenza, a loro modo di vedere, dei loro congiunti. Il questore, nel provvedimento di divieto, afferma che non si può escludere che nella protesta possano infiltrarsi elementi appartenenti alla ‘ndrangheta. 

Da parte loro i parenti di Strangio e Nirta hanno risposto alla decisione del questore con una nota in cui affermano che proseguiranno comunque la loro protesta. Avevamo chiesto il permesso al Questore – affermano i familiari – di poter fare una manifestazione pacifica per chiedere aiuto allo Stato affinchè tre innocenti possano avere giustizia per un crimine non commesso, ma il Questore ha rigettato la nostra richiesta motivando che si potrebbero aggiungere ‘ndranghetisti alla manifestazione. E con questa scusa ci ha proibito di chiedere aiuto allo Stato. Ieri ci siamo legati nel Duomo di Reggio Calabria ma ieri sera la chiesa, ‘la casa di Nostro Signore che accoglie tutt’, ci ha cacciato fuori con la scusa che c’era l’allarme e di notte ad ogni movimento suonava. Abbiamo dormito in macchina per continuare la protesta. Oggi continueremo finchè il Ministro di Giustizia non avvierà un procedimento parlamentare. Tutti devono sapere che non c’è un solo indizio che li collochi a Duisburg, ma la magistratura reggina continua con il suo disegno di colpevolezza contro di loro e tutto questo avviene perchè non c’è la responsabilità personale dei magistrati. Cosicchè prima di emettere sentenze già fatte – concludono i parenti dei condannati – si leggano bene gli atti per dare modo ai nostri familiari di essere giudicati per i loro reati e non per convinzioni della Procura».

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