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Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia

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INIZIANO due settimane decisive sul fronte del contenimento della pandemia di Covid in Italia. Nei prossimi giorni si terrà l’atteso confronto fra governo e Cts per stabilire i nuovi parametri per il cambio di colore delle regioni. Alla luce dell’ultimo monitoraggio di Iss e ministero della Salute il quadro è chiaro: sospinti dalla variante Del la corsa dei contagi è ripartita ma la copertura vaccinale assicura la salvaguardia del sistema ospedaliero che continua a svuotarsi o a registrare modestissime risalite dei ricoverati, con numeri complessivi ben lontani dalla soglia di guardia.

Il nuovo decreto, poi, prorogherà lo stato d’emergenza in scadenza il 31 luglio, con due ipotesi per la nuova deadline: la fine di ottobre o quella di dicembre. In una situazione del genere l’epidemia può ancora essere controllata senza considerare, come elemento decisivo per il passaggio da un colore all’altro, quello dell’incidenza dei contagi. Che resterà, sia pur calmierato dal dato degli ospedalizzati regionali.

Si facesse diversamente, a partire dal 26 luglio fioccherebbero le prime zone gialle a poco più di un mese dalla promozione di tutta l’Italia in bianco, con danni pesantissimi al tessuto economico e sociale, non giustificabili sulla base del quadro attuale. Rischierebbero la retrocessione, in base all’incidenza emersa venerdì scorso, Sardegna, Sicilia, Veneto, Lazio e Campania. Sarebbe il ritorno di un incubo nel pieno della ripresa di un Paese che, a partire da aprile, ha registrato solo miglioramenti della propria condizione, a cominciare dai territori più funestati dalla pandemia. Come la Lombardia, primo (grande) focolaio del virus, condizione che ha mantenuto (di fatto) sino al 2 aprile scorso, quando si è vista costretta ad affrontare la sua decima zona rossa. Nessuno ha fatto peggio, anche considerando le 8 settimane trascorse in arancione (12, invece, quelle in giallo).

A livello generale i mini lockdown lombardi hanno pesato quasi un quarto di quelli dell’interno Nord che (come macroregione) a sua volta con 47 zone rosse totali è ben oltre il 50% di quelle dell’intero Paese (91). Con 9 serrate regionali e 10 zone arancioni ha rischiato di far peggio la Valle d’Aosta, ultima a passare in bianco, condizione nella quale, infatti, inizia oggi a passare solo la quinta settimana. Il Settentrione può, però, consolarsi con la Liguria, unica regione italiana a non aver mai affrontato il rosso, sia pur a fronte di 13 zone arancioni.

Sul versante opposto, rispetto alla Lombardia, si colloca la Sardegna, che vanta le performance migliori in Italia. È stata la prima (in primavera) ad assaggiare il sogno del bianco, status mantenuto per 3 settimane in primavera e (da oggi) 8 volte in estate per un totale di 11. Restando a Sud la peggiore, tenendo conto solo delle zone rosse, è stata la Campania con 9. Poco sotto si colloca la Calabria, finita in lockdown 6 volte, cui si aggiungono le 11 settimane trascorse in arancione e le 13 in giallo. Sei serrate regionali anche per la Puglia che, però, viene salvata (ai fini della classifica) dalle sette zone bianche, una in più rispetto a quelle della Calabria. In generale il Sud con le sue 30 volte in rosso, vale quasi un terzo delle 91 italiane.

Se dovessimo stilare un ranking generale al secondo posto fra le migliori, dopo la Sardegna, troveremmo il Lazio, che in rosso è stato solo 2 volte (a marzo), in arancione 6 e in giallo 22. Nel quadro del Centro viene, però, battuto dall’Abruzzo per numero di zone bianche: 9. Tante quante la Toscana che, però, conta 6 settimane in rosso e 10 in arancione. Come macroregione, quella centrale è la migliore, con solo 14 zone rosse, poco più di un nono del totale nazionale.


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