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REGGIO CALABRIA – Tre persone sono state arrestate dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria che hanno eseguito all’alba un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti di tre persone, presunti appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta “Pesce”, operante a Rosarno. I tre fermati sono Biagio Arena (’82), Vincenzo Cannatà (’75) e Rosario Rao (’82),  a vario titolo indagati di associazione di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di munizioni e di armi comuni da sparo e di armi da guerra, aggravate dalle finalità mafiose e tentato omicidio aggravato da finalità mafiose. L’operazione eseguita dai Carabinieri è stata denominata “Lupus in fabula”. 

I tre indagati sono accusati di tentato omicidio aggravato dalle modalità mafiose e della detenzione e porto in luogo pubblico di armi da guerra, tra cui un fucile kalaŝnikov, una pistola semiautomatica Glock, una pistola automatica Uzi, con relativo munizionamento. Alcune di queste armi sono state artatamente manomesse per aumentarne la potenzialità offensiva. I tre fermati sono gravati da precedenti penali ed hanno rapporti di parentela con affiliati alla cosca Pesce. Nello specifico Arena è figlio di Domenico cl. 54, soggetto pluripregiudicato, ex latitante, attualmente detenuto e già condannato per appartenenza alla cosca mafiosa Pesce, con sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria del 22 febbraio 2013, nelle forme del rito abbreviato, a 8 anni di reclusione, nell’ambito del procedimento “All Inside”. Sia Arena che il cugino Rosario Rao, inoltre, sono nipoti del boss detenuto Vincenzo Pesce cl. 59 detto “U pacciu”, esponente apicale della cosca ed attualmente detenuto in regime di 41 bis. 
La valenza, senza precedenti, dell’intero impianto investigativo si basa sull’applicazione di una nuova tecnologia, grazie alla quale è stato possibile eseguire l’intercettazione delle sessioni di chat tra smartphone. Gli indagati avevano scelto di utilizzare proprio quel tipo di comunicazione, credendo di poter interagire in maggiore sicurezza e non essere intercettati. Nel corso dei messaggi scambiati per via telematica da Arena, Rao e Cannatà, gli investigatori sono riusciti a captare, in diretta, le immagini relative alla cessione di una mitragliatrice tipo “Uzi” e di una pistola semiautomatica marca “Glock”, appositamente modificata per esplodere colpi a raffica. Così come per le altre operazioni effettuate nell’ultimo triennio su Rosarno, volte a disarticolare la potente ed egemone cosca di ndrangheta, prezioso si è rivelato, infine, il contributo reso dalla collaboratrice di Giustizia Giuseppina Pesce.
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