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POTENZA –  Con il segno negativo davanti a un 2,9% sul prodotto interno lordo della Basilicata l’economia lucana è tornata «ai livelli di 15 anni fa».

E’ quanto evidenziato nella nota sull’andamento economico del I semestre 2013 elaborata dal Centro Studi Unioncamere Basilicata. Tra i dati peggiori l’industria e il mercato del lavoro. In salvo quelli sull’export, ma solo grazie agli energetici. Abbastanza perché il presidente Pasquale Lamorte lanci un appello preoccupato: «Occorre una riflessione rigorosa e ad ampio raggio»

Le ultime proiezioni macroeconomiche di ottobre elaborate da Prometeia per la Basilicata evidenziano un sensibile peggioramento dello scenario congiunturale. La riduzione reale del Pil regionale per il 2013 è stata ampliata rispetto alle stime di maggio e portata dal -2,5 al -2,9%; contemporaneamente, la modestissima ripresa attesa per il 2014 (+0,3%) è stata ridotta ad appena il +0,1%. In termini assoluti, il Pil stabilirà il nuovo “minimo” dall’inizio della crisi, attestandosi sui livelli di 15 anni fa. Lo rileva la nota congiunturale sull’economia lucana del I semestre 2013, elaborata dal Centro Studi Unioncamere Basilicata.

«Il cedimento dell’economia lucana, purtroppo, risulta molto più accentuato di quello prospettato per l’economia italiana e di quello del Mezzogiorno, a causa della persistente debolezza della domanda interna – rileva ancora il presidente di Unioncamere Basilicata, Pasquale Lamorte –. I consumi delle famiglie, penalizzati dalle condizioni molto negative del mercato del lavoro regionale, continuano infatti a scendere, mentre l’industria arretra e il mancato effetto di traino esercitato dalla domanda estera rimanda al 2014 i primi timidi segnali di ripresa. Cogliamo come un segno di reazione da parte delle imprese il saldo positivo sulla nati-mortalità aziendale, ma guardiamo con preoccupazione al dato del credito (che evidenzia un’ulteriore stretta) e a quello delle insolvenze, giunte ormai oltre i livelli di guardia. Il quadro a tinte fosche della nota richiama dunque ancora una volta la necessità di una immediata riflessione in grado di produrre proposte programmatiche per il breve e il medio periodo,  individuando le linee strategiche prioritarie per evitare che la prolungata emergenza assuma i contorni dell’irreversibilità. E’ auspicabile, quindi, un ragionamento rigoroso e ad ampio raggio, cui non dovrebbero sottrarsi neanche i futuri amministratori regionali».

 

INTERSCAMBIO CON L’ESTERO

CALA L’AUTOMOTIVE (FIAT) MA I NUMERI “TENGONO” – TUTTO MERITO DELL’ENERGIA (PETROLIO)

Nella prima metà del 2013, l’export regionale ha evidenziato una sostanziale stazionarietà rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La tenuta del “made in Basilicata” è stata favorita, in realtà, dal forte “rimbalzo” dei prodotti energetici (petrolio greggio trasferito all’estero per la raffinazione), che sono passati da un valore pressoché nullo nel I semestre 2012 agli 84 milioni di euro di un anno dopo. Ciò ha compensato ampiamente l’ennesima caduta del fatturato estero realizzato dall’industria dei mezzi di trasporto, che ha perso circa 60 milioni di euro, per un decremento del 17,4%.

La quota di export di questo comparto ha continuato quindi a ridursi e, negli ultimi 5 anni, è scesa dal 73 al 52%. Al “netto” degli energetici e dell’auto il bilancio dell’export regionale si presenta decisamente negativo: -10,0% la variazione rispetto al 2012. Particolarmente pronunciata la flessione dell’export dei prodotti metalmeccanici (-33,0%), dopo due anni di crescita a ritmi sostenuti.

A due cifre anche il calo delle vendite dei prodotti della gomma e materie plastiche (-11,5%), mentre il “sistema moda” (tessile, abbigliamento, calzature) ha ceduto il 7,4%. Per contro, si mantiene sempre favorevole l’export della filiera agroalimentare, che ha messo a segno un incremento del 5,4%, dopo il +17,6% dell’anno precedente.

 

MORTALITA’ AZIENDALE

IL SALDO TORNA POSITIVO – MA AUMENTANO ANCHE I FALLIMENTI 

Tra gennaio e giugno, le dinamiche demografiche delle imprese extra-agricole segnalano un significativo recupero del numero di nuove iscrizioni rispetto allo stesso periodo del 2012 (da 1.428 a 1.648, per un incremento relativo del 6,2%) e una lieve flessione delle cessazioni, passate da 1.493 a 1.477 (+17,9%). Il saldo di nati-mortalità del semestre è tornato quindi in territorio positivo, attestandosi a +171 unità, mentre nell’anno precedente le chiusure aziendali avevano superato le nuove aperture di 65 unità. Restano però i dati dei fallimenti e il bilancio anagrafico del comparto artigiano, che continua a registrare valori decisamente negativi. Per le crisi d’impresa, i primi 6 mesi del 2013 hanno visto un + 13,8% di procedure fallimentari aperte.

 

OCCUPAZIONE

CRESCE L’AREA DELL’INATTIVITA’- E’ IL FENOMENO DELLO SCORAGGIAMENTO

NEL corso della prima metà del 2013, le condizioni del mercato del lavoro regionale hanno continuato a peggiorare, soprattutto sul versante dell’occupazione, che ha subito l’ennesima forte flessione; mentre la ripresa dei fenomeni di abbandono della ricerca attiva di un impiego hanno evitato che le perdite di lavoro si traducessero in maggiore disoccupazione.

Secondo le ultime rilevazioni ISTAT sulle forze di lavoro, l’occupazione complessiva è diminuita dell’1,3% nel I trimestre e del 3,2% nel II, rispetto al 2012; in termini assoluti, tali andamenti hanno prodotto la cancellazione di circa 4mila posti di lavoro nei primi 6 mesi di quest’anno. Di segno negativo, tuttavia, anche il trend della disoccupazione: -7,0 e -5,3% le variazioni tendenziali, rispettivamente, nella prima e seconda frazione dell’anno, per uno stock di senza lavoro che, nella media si è ridotto di circa 2 mila unità rispetto al 2012. L’aumento degli inattivi (quasi 3 mila unità in più) suggerisce che alla base della mancata crescita della disoccupazione vi sia un riesplodere dei fenomeni di scoraggiamento, con l’”uscita” dal mercato del lavoro, anche solo temporanea, di molti soggetti inoccupati.

 

CREDITO

CONTINUA A RIDURSI PER IMPRESE E FAMIGLIE – NON SI FERMA LA CRESCITA DEI TASSI DI INSOLVENZA

LE condizioni del mercato creditizio si presentano ancora decisamente critiche, in Basilicata come nel resto del Paese: la contrazione dei prestiti erogati alle imprese e alle famiglie non accenna a fermarsi e, nel contempo, continua a crescere il volume delle sofferenze bancarie, alimentando un circolo vizioso che rischia di compromettere definitivamente non soltanto le possibilità di ripresa ma la tenuta stessa dell’economia lucana.

I prestiti vivi (calcolati al netto delle sofferenze) concessi al sistema produttivo

viaggiano ormai stabilmente in territorio negativo e, nello scorso mese di giugno, hanno fatto registrare un calo tendenziale del 6,4%, il più elevato dall’inizio della crisi. La restrizione del credito non sta risparmiando nessuna tipologia di impresa, interessando anche le realtà aziendali più strutturate e di maggiori dimensioni. I tassi di insolvenza si sono attestati al 22,6% a giugno, più del doppio della media nazionale (11,1%), mentre il numero di affidati in stato di insolvenza, tra le imprese, ha superato le 4.150 unità (+6,6% negli ultimi 12 mesi).

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