Il leader di Italia Viva Matteo Renzi
4 minuti per la letturaÈ risorto? Parliamo ovviamente di Matteo Renzi che è tornato a tenere il centro della scena dopo una eclissi che sembrava averlo relegato nel cono d’ombra di un piccolo partito che non riesce nei sondaggi a superare stabilmente neppure la fatidica soglia del 3%.
Eppure, al di là delle glorie di un tempo lontano quando portò il PD quasi al 40%, era stato il politico dei colpi di teatro: prima nell’agosto 2019 lavorando in modo determinante per sbarrare a Salvini la strada delle urne contribuendo molto a far nascere il Conte 2, poi nell’inverno 2020-2021 facendolo cadere e aprendo una nuova strada, quella del governo Draghi.
Ora si misura con l’impresa di affossare la ripresa di un asse radicaleggiante fra PD, M5S e LeU convinte di rinverdire le loro fortune con una battaglia identitaria sul “genere”.
Renzi un certo intuito politico ce l’ha, inutile negarlo. A volte se ne fida troppo e scambia quel che potrebbe venire con ciò che è già avvenuto, ed è il suo limite.
Ma proprio per questa ragione bisogna cercare di capire cosa ha visto nella sua sfera di cristallo, prima di liquidarlo spocchiosamente come un ciarlatano da baraccone, così come inclinano a fare un po’ di pasdaran del Nazareno, o di farsi vincere dalla voglia di vendetta per la sua riuscita nell’affondare il Conte 2, così come fanno i Cinque Stelle, ma anche qualcuno, forse non pochi, nel PD.
È ovvio che il cambio di atteggiamento sul DDL Zan, che IV ha votato alla Camera, non deriva solo da una riflessione sulla possibilità che il Senato lo bocci. Se c’è questa possibilità è perché ci si interroga se non sia cambiato il vento. Sul fatto che quel disegno di legge sia scritto male e fortemente viziato da un ideologismo alla buona ci sono ampi consensi.
Lasciamo da parte l’argomento, che non va più di moda, per cui le leggi dovrebbero essere generali lasciando alla magistratura di applicarle alle più diverse fattispecie. Andava di moda fra i teorici del diritto mezzo secolo fa, adesso nessuno si fida più della magistratura, per cui lasciarle la libertà di “specificare” viene visto come una specie di licenza di inventarsi leggi nuove o di rendere inoperanti i principi generali a seconda del giudice nelle cui mani finisci. E allora l’imperativo è specificare, specificare, specificare, creando giungle di norme e fattispecie a dir poco bislacche.
Forse però il tempo dei pasdaran sta declinando e la gente smette di affollarsi sotto le ghigliottine mediatiche, a parte un po’ di aficionados, che sono magari tanti considerati in sé, ma pochi in rapporto alla comunità politica nel suo insieme. Renzi, a nostro modo di sentire, intuisce questa nuova fase e si propone di cavalcarla sul tema che più può colpire un vasto strato di opinione pubblica: l’imposizione dell’uscita da un modo considerato per secoli “normale” di vedere i rapporti fra i sessi e il loro inquadramento nel sistema sociale.
Certo oggi, per fortuna, a parte i fanatici nessuno pensa più di “punire” ciò che si colloca in modo diverso da quella presunta normalità, perché in una società individualistica come la nostra, il rispetto delle libertà di comportamento individuale è un dato acquisito. Dunque accordo generale sulla repressione degli istinti che fanno leva sulle diversità per umiliare e offendere, anche in modo grave.
Che però questo preluda ad una accettazione generalizzata di altri parametri di inquadramento del sistema sociale è tutto da dimostrare e anzi, a stare ad una certa ripresa del versante conservatore in tutte le sue diverse sfumature, pare che si alimentino volontà di resistenza al cambiamento. Renzi, cogliendo questo mutare del vento, passa sul versante della destra? una spiegazione veramente semplicistica.
Il leader di IV non ha velleità da ideologo, la sua specialità è la tattica politica. Coglie semplicemente che si aprono spazi per sparigliare le carte. Il centrodestra, che di suo sarebbe più diviso di quel che vuole ammettere, su quei temi si compatta. Anche sull’altro fronte ci sono perplessità da parte di soggetti che non stimano una grande idea quella di arrendersi ai mantra alla moda per strategie politiche bislacche (il PD e altri riflettano sull’ingenuità commessa nel dare il via libera alle pulsioni grilline sul taglio dei parlamentari).
Così Renzi prova a giocare di nuovo la carta del mossiere, offrendosi come colui che può costruire il ponte fra i ragionevoli dell’una e dell’altra parte: benissimo ad una legge contro omofobia e transfobia, ci mancherebbe, ma lasciamo perdere l’innalzare quei comportamenti a “valori” da promuovere come tali. Se l’operazione gli riuscisse, ritornerebbe in posizione centrale e da quella, viste le concatenazioni temporali, potrebbe esercitare un ruolo chiave nella elezione del successore di Mattarella, soprattutto se, come può essere, avverrà attraversando le macerie delle campagne per le amministrative d’ottobre. Se l’operazione fallisse, potrà sempre dire di essere stato l’unico ad aver provato di evitare uno scontro a cornate fra una certa destra e una certa sinistra, scontro che non porterebbe alcun vantaggio, ma solo guai a questo paese.
La sua strategia sarebbe a rischio se qualcuno con maggiore autorevolezza e più solide basi politico-parlamentari si sostituisse a lui in quel ruolo. Ma nell’attuale spaesamento che colpisce un po’ tutti i partiti rilevanti non vediamo proprio chi potrebbe farlo.
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