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SAN MARCO ARGENTANO – Un bambino di prima elementare soffre di una lieve patologia che necessita, nel caso si manifesti qualche crisi, della somministrazione di un farmaco “salva vita”. Ma nonostante la chiara semplicità delle manovre (dalla posizione del bambino, alla conservazione del farmaco, della posologia già stabilita perché il principio attivo è contenuto in una peretta monouso) e il nulla osta dato dai genitori a effettuarle, nella scuola si rifiutano di assumersi questo impegno. E come unica soluzione possibile, per ora, hanno autorizzato la madre a stazionare tutto il giorno nel corridoio dell’edificio scolastico della frazione Scalo. La giovane è costretta, così, a rinunciare a lavorare e, al tempo stesso, a sottoporre il piccolo all’umiliazione di averla – mentre le mamme degli altri bambini non sono lì – sempre a scuola. All’inizio la donna restava in classe, poi – visto l’evidente paradosso della situazione – è stata sistemata in corridoio. In alternativa, è stato prospettato ai due genitori, di tenersi il bambino a casa, con buona pace per il suo diritto allo studio, alla socialità, e con il rischio per i genitori di essere accusati di violazione degli obblighi scolastici.
Il piccolo ha già dovuto rinunciare a frequentare le scuole materne per lo stesso motivo. «Ma in quella occasione – dicono Mario ed Eleonora – ce ne siamo fatti una ragione, perché il bambino era ancora piccolo. Ma di certo abbiamo sbagliato, visto che nessuno si è preoccupato di far preparare la scuola all’arrivo del bambino». Dopo quasi un mese dall’apertura delle scuole, il 7 ottobre scorso, la dirigente scolastica si è attivata, seguendo alla lettera le raccomandazioni interministeriale del 25 novembre 2005 ma dando avvio così a un procedimento amministrativo la cui lentezza rischia di protrarre l’assurda situazione ben oltre il periodo natalizio: ha chiesto all’azienda sanitaria provinciale di stipulare una convenzione con la scuola per individuare il soggetto più idoneo alla somministrazione del farmaco. La dirigente ha comunicato, come astrattamente prescrive la normativa, che se non vi sono locali idonei alla somministrazione e il personale si rifiuta o non ha mai seguito un corso di primo soccorso, si debba chiedere aiuto alle autorità sanitarie (ma anche a Croce rossa e Misericordia). Nella scuola, dice la dirigente, non ci sono locali adatti, e l’unica maestra che ha seguito un corso del genere, lo ha fatto dieci anni fa; e ora lo ritiene “datato”.
La giovane coppia di San Marco è perciò preoccupata per la piega “burocratica” che ha preso la vicenda; sia perché da quel giorno è calato il silenzio sul problema, sia perché il caso concreto poteva essere risolto con un po’ più di buon senso: «Non ci vogliono locali particolari per somministrare il farmaco, basta anche la sala insegnanti. E per fare un clistere di 2,5 millilitri non ci vuole una laurea in medicina. Tanto più che noi abbiamo autorizzato la scuola a intervenire». Un piccolo sforzo consentirebbe a una famiglia di tornare alla normalità e a un bambino di godersi il suo diritto di essere uno scolaretto come gli altri».

SAN MARCO ARGENTANO (CS) – Un bambino di prima elementare soffre di una lieve patologia che necessita, nel caso si manifesti qualche crisi, della somministrazione di un farmaco “salva vita”. Ma nonostante la chiara semplicità delle manovre (dalla posizione del bambino, alla conservazione del farmaco, della posologia già stabilita perché il principio attivo è contenuto in una peretta monouso) e il nulla osta dato dai genitori a effettuarle, nella scuola si rifiutano di assumersi questo impegno. E come unica soluzione possibile, per ora, hanno autorizzato la madre a stazionare tutto il giorno nel corridoio dell’edificio scolastico della frazione Scalo. 

La giovane è costretta, così, a rinunciare a lavorare e, al tempo stesso, a sottoporre il piccolo all’umiliazione di averla – mentre le mamme degli altri bambini non sono lì – sempre a scuola. All’inizio la donna restava in classe, poi – visto l’evidente paradosso della situazione – è stata sistemata in corridoio. In alternativa, è stato prospettato ai due genitori, di tenersi il bambino a casa, con buona pace per il suo diritto allo studio, alla socialità, e con il rischio per i genitori di essere accusati di violazione degli obblighi scolastici.Il piccolo ha già dovuto rinunciare a frequentare le scuole materne per lo stesso motivo. «Ma in quella occasione – dicono Mario ed Eleonora – ce ne siamo fatti una ragione, perché il bambino era ancora piccolo. Ma di certo abbiamo sbagliato, visto che nessuno si è preoccupato di far preparare la scuola all’arrivo del bambino». 

Dopo quasi un mese dall’apertura delle scuole, il 7 ottobre scorso, la dirigente scolastica si è attivata, seguendo alla lettera le raccomandazioni interministeriale del 25 novembre 2005 ma dando avvio così a un procedimento amministrativo la cui lentezza rischia di protrarre l’assurda situazione ben oltre il periodo natalizio: ha chiesto all’azienda sanitaria provinciale di stipulare una convenzione con la scuola per individuare il soggetto più idoneo alla somministrazione del farmaco. La dirigente ha comunicato, come astrattamente prescrive la normativa, che se non vi sono locali idonei alla somministrazione e il personale si rifiuta o non ha mai seguito un corso di primo soccorso, si debba chiedere aiuto alle autorità sanitarie (ma anche a Croce rossa e Misericordia). 

Nella scuola, dice la dirigente, non ci sono locali adatti, e l’unica maestra che ha seguito un corso del genere, lo ha fatto dieci anni fa; e ora lo ritiene “datato”.La giovane coppia di San Marco è perciò preoccupata per la piega “burocratica” che ha preso la vicenda; sia perché da quel giorno è calato il silenzio sul problema, sia perché il caso concreto poteva essere risolto con un po’ più di buon senso: «Non ci vogliono locali particolari per somministrare il farmaco, basta anche la sala insegnanti. E per fare un clistere di 2,5 millilitri non ci vuole una laurea in medicina. Tanto più che noi abbiamo autorizzato la scuola a intervenire». Un piccolo sforzo consentirebbe a una famiglia di tornare alla normalità e a un bambino di godersi il suo diritto di essere uno scolaretto come gli altri».

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