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IL concetto di trasparenza della pubblica amministrazione, da ieri, ha una nuova chiave di lettura. La trasformazione si deve all’ufficio legale del Comune di Matera che si è opposto, insieme ad alcuni, dei difensori degli imputati del caso-Pepe, all’ingresso dei giornalisti nell’aula in cui si svolgeva l’udienza preliminare.
Se, per alcuni versi, è comprensibile (l’art. 127 infatti prevede che “L’udienza si svolga senza la presenza del pubblico”.), il no di alcuni avvocati difensori, diventa quanto meno difficile da intuire lo spirito che ha mosso la responsabile dell’ufficio legale di una pubblica amministrazione, a rifiutarsi di ammettere i giornalisti in aula.
Proprio la parte civile, ovvero quella danneggiata dai comportamenti illegali addebitati nel caso specifico all’ex comandante della Polizia municipale, preferisce che le ragioni che hanno condotto al danno, eventualmente arrecato all’amministrazione comunale, non vengano rese pubbliche attraverso il lavoro svolto dai giornalisti ovvero quello di informare la comunità che compone le fondamenta di un’amministrazione pubblica quale è il Comune.
A poco sembrano valsi gli appelli, più volte illustrati pubblicamente, dal sindaco Salvatore Adduce al rispetto dei valori di trasparenza.
Appelli che si muovono su un itinerario completamente diverso da quello dell’ufficio legale dell’amministrazione comunale che, invece, preferisce le porte chiuse.
Una riflessione profonda su questa scelta spetterebbe al sindaco in nome di un percorso verso la trasparenza che, in questo modo, rischia di essere vanificato per sempre.
La legge, va chiarito, prevede che l’udienza preliminare si svolga in assenza di pubblico.
L’art. 127 del codice di procedura penale, all’art. 6, non consente la presenza di soggetti estranei all’udienza.
Qualcuno, però, ieri ha invocato l’art. 441 che riguarda, in particolare il giudizio abbreviato, ma che si svolge comunque in camera di consiglio prevede: «Il giudice dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza, quando ne fanno richiesta gli imputati».
Ferma restando la norma, rimane però il ragionevole dubbio sulle motivazioni che hanno portato ad una scelta che non contribuisce al clima di trasparenza e corretta informazione su un caso di pubblico interesse come quello che ha portato all’arresto di Franco Pepe.
a.ciervo@luedi.it
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