Vito Santarsiero
12 minuti per la letturaPOTENZA – «Quando fai l’amministratore devi rispondere solo alla tua coscienza, non dispiace il fatto che nessuno riconosca quello che hai fatto. Quello che dispiace è l’aggressione, la bugia, le strumentalizzazioni». A distanza di sette anni, da quando cioè è finita la sua avventura da sindaco, Vito Santarsiero ha ancora sulla sua scrivania carte e documenti di quegli anni. Cita a memoria eventi, riunioni, consigli comunali, come se il tempo non fosse passato.
«In questi anni – dice – ho scelto volutamente il silenzio». Ma, quegli anni tornano prepotenti nella sua vita mentre – dice – «aspetto solo la pensione».
Figlia di quegli anni è una condanna. Per se stesso, per alcuni esponenti della giunta da lui guidata e per dei dirigenti comunali. E quella condanna lo costringe, suo malgrado, a restare legato a quegli anni di amministrazione, ai confronti spesso molto accesi con tutti: «Io credevo giusto rapportarmi con chiunque volesse parlarmi, dopo la città si è zittita».
Partiamo con ordine. Dopo i dieci anni di amministrazione Santarsiero al Comune di Potenza, la Procura della Corte dei Conti ha messo sotto osservazione la gestione dei trasporti per l’intero periodo, contestando svariate irregolarità e chiedendo una condanna per il sindaco e altre 20 persone tra assessori e dirigenti per complessivi 18,6 milioni di euro.
Da quel primo procedimento (è il dicembre del 2017), Santarsiero e la sua giunta escono assolti «da ogni responsabilità – si legge nella sentenza – in ordine alle poste di danno agli stessi contestate».
Ma la vicenda è ben lontana dall’esser chiusa, perché «l’impianto accusatorio che a Potenza era stato completamente rigettato», viene portato dal procuratore regionale per la Basilicata, alla Corte dei Conti di Roma per il processo di appello.
Il secondo “round” rivede la sentenza di primo grado, annulla gran parte delle contestazioni e comunque condanna pesantemente la giunta guidata da Santarsiero e due dirigenti per complessivi 5,3 milioni: l’allora assessore ai Trasporti, Giuseppe Ginefra viene condannato al pagamento di 1.336.440,80; il dirigente dell’Ufficio comunale competente, Mario Restaino, a 1.336.440,80; il dirigente all’Ufficio Bilancio e Finanze, Laguardia Rosario Pompeo a 267.288,15 euro; il sindaco Vito Santarsiero a 267.288,15 euro. Stessa cifra viene chiesta, come risarcimento, agli altri esponenti della giunta: Pietro Campagna, Antonio Pesarini, Nicola Lovallo, Emidio Fiore, Donato Pace e Luciano De Rosa. Per l’allora assessore alla Pubblica istruzione, Giuseppe Messina, la cifra è di 61.291,93, mentre 205.996,22 euro vengono chiesti all’assessore al Bilancio, Federico Pace.
Cosa contesta la sentenza di Appello? Sostanzialmente due delibere.
Per prima cosa si contesta la delibera di giunta comunale 154/2012, sostenendo che non attua il Piano trasporti del 2010 e causa, nel 2013, un numero di chilometri effettuati superiore di oltre 430.000 rispetto a quelli previsti dal Piano. Nella sentenza si afferma inoltre che il Piano 2010 prevedeva 1.510.411 chilometri.
«E questo noi lo abbiamo contestato – spiega Santarsiero – in primo luogo perché il Piano è stato attuato a gennaio 2013, appena completate le infrastrutture necessarie. In secondo luogo perché i chilometri previsti dal Piano sono 2.075.827, quindi quasi 500.000 in più di quanto scritto in sentenza, come si evince dalla delibera di approvazione del Piano Sat (la società di assistenza tecnica incaricata dal Comune di lavorare al progetto della Mobilità, ndr.), avvenuta in Consiglio comunale nel dicembre 2010. E se proprio vogliamo essere precisi, nel 2013 i chilometri realmente effettuati li abbiamo anche diminuiti rispetto a quelli previsti dal Piano del 2010: erano 1.940.831,9. Per cui, contrariamente all’accusa, vi è stato nel 2013 innanzitutto l’attuazione del Piano e successivamente non un numero di chilometri attuati maggiore ma una percorrenza inferiore di 135.000 km».
La seconda contestazione è relativa al metodo e al merito di una seconda delibera di giunta, la 156 del 2013. La sentenza, infatti sostiene che quella delibera, che modifica il Piano 2010 approvandone uno nuovo, sia frutto di un “motu proprio” della giunta, senza indirizzo del Consiglio, «come se – dice Santarsiero – noi la mattina ci fossimo svegliati e avessimo deciso di aggiungere arbitrariamente 500.000 chilometri al Piano». Inoltre nella sentenza della Corte d’Appello si contesta sia di aver attuato il nuovo Piano nella «consapevolezza della mancanza di copertura finanziaria», sia la violazione da parte del dirigente Laguardia «dell’obbligo imposto dal Tuel (Testo unico Enti locali, ndr.) di effettuare le attestazioni di copertura della spesa, in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa». Il provvedimento finale contesta di aver causato nel 2014 un maggiore percorrenza di 1.446.000km rispetto al 1.510.411 del Piano 2010.
E su queste contestazioni, tutte contestate, ci sono decine di documenti, non ultimi numerosi articoli dell’epoca, che dimostrano il contrario.
«A gennaio del 2013 – spiega Santarsiero – mettemmo in attuazione il Piano del 2010, perché nel frattempo erano state fatte tutte le infrastrutture, in primis il parcheggio sulla Fondovalle. Questo Piano prevedeva circa 500.000 chilometri in meno rispetto al precedente, perché noi ritenevamo di poter sfruttare al meglio il sistema delle scale mobili e il sistema metropolitano delle Fal. Ma, appena messo in funzione, mostrò subito una serie di criticità, legate alla situazione urbanistica della città».
«La nostra città – continua – è caratterizzata da un nucleo storico, che è quello del centro e dei due versanti della collina, uno che va verso la stadio e l’altro verso Verderuolo, che rappresentano la parte urbana compatta: è un’area di circa 30/35.000 abitanti che, effettivamente, con il servizio delle scale mobili riusciva a risolvere, in gran parte, i problemi della mobilità. Il resto della città, è fatta da una serie di quartieri periferici (20/25.000 abitanti), come tanti satelliti: Bucaletto, Macchia Romana, Macchia Giocoli, Malvaccaro, Gallitello, Rossellino, che sono separati da questo nucleo centrale e dai grandi erogatori di servizi, come ospedale, Regione e Comune. Per cui l’abbattimento dei chilometri per loro era un problema, perché avevano e hanno bisogno di collegamenti sia tra i quartieri, sia verso il centro e i grandi erogatori di servizio. Senza tener conto poi degli oltre 15.000 abitanti nelle frazioni, che necessitano di ancora maggiori collegamenti. Per cui quel Piano entrò subito in crisi. A marzo fu chiesto un consiglio comunale straordinario aperto (22 marzo 2013), a cui parteciparono anche i Comitati di quartiere. In questa sede tutti evidenziarono la necessità di rivedere il piano, che non andava bene. Al consiglio comunale seguirono numerose sedute della competente commissione consiliare dove si discusse e si propose, con l’ausilio della Sat, anche una soluzione che significava aumento di chilometri. Contemporaneamente i sindacati premevano, sia per i disagi sia perché il nuovo sistema aveva portato anche a un abbattimenti dei posti di lavoro. Per cui la giunta, alla fine, approvò nell’ottobre del 2013 una delibera che sostanzialmente reinserisce quei circa 500.000 chilometri che erano stati eliminati. E’ la delibera 156 del 2013 che prevede l’attuazione di 2.680.000 km».
Nessun “motu proprio” quindi: dopo il consiglio straordinario, tra marzo e settembre 2013 si son tenute ben 20 sedute di commissioni consiliari sul tema. E da quelle sedute che son venute fuori le modifiche da proporre alla giunta. E tutti gli elaborati tecnici che accompagnano la delibera, portano anche la firma della Sat, che dal Consiglio comunale aveva avuto il compito di assistenza tecnica nel settore mobilità. La delibera che ne verrà fuori, la 156, inoltre rinvia l’attuazione del Piano (come si legge nel parere del dirigente al Bilancio) e all’approvazione del Bilancio in Consiglio comunale.
«Questa delibera prevedeva un vincolo – precisa Santarsiero – imponeva cioè che il nuovo Piano poteva essere attuato soltanto con la necessaria copertura finanziaria presente in Bilancio. Il 9 dicembre, in una regolare seduta del Consiglio comunale, fu approvato il Bilancio. E tale Bilancio prevedeva per l’anno 2014 la somma di circa 15 milioni, necessaria per il nuovo Piano del trasporto. Senza tener conto che il Consiglio comunale, in tale delibera di approvazione del Bilancio, esplicita anche che l’obbiettivo programmatico nel settore Mobilitá è quello della attuazione del “Nuovo programma di esercizio”. Il nuovo Piano partì pertanto – continua Santarsiero – con la regolare copertura finanziaria, a febbraio 2014, vale a dire solo successivamente al deliberato del Consiglio Comunale di approvazione del Bilancio. Da puntualizzare anche che in sentenza si afferma che il contratto fu sottoscritto senza l’approvazione dell’organo competente, laddove anch’esso fu invece sottoscritto dal dirigente solo dopo l’approvazione della delibera del Consiglio comunale di approvazione del Bilancio».
E c’è ancora da chiarire una contestazione sui chilometri effettuati nel 2014: secondo la Corte dei Conti quelli del Piano 2010 sono 1.510.411 e quelli attuati sono 2.957.031,7 (di qui il danno di 4 milioni e 119 mila euro richiesti). Un dato contestato energicamente: «Intanto il Piano 2010 prevedeva 2.075.411 km , e poi il Rendiconto Cotrab del 2014 dice chiaramente che i km realmente effettuati nel 2014 sono 2.580.980, circa 400.000 in meno di quelli indicati in sentenza».
C’è un passaggio, della sentenza di appello, che forse richiama ancora una contraddizione. Perché da un lato si afferma che non era stata prevista la spesa, dall’altro si definiscono «assolutamente evanescenti le entrate» che, secondo il Bilancio di previsione sarebbero arrivate da traffico, pubblicità e parcheggi. Quindi, anche se le si considera «evanescenti», si dà per scontato che delle entrate sono state previste per sostanziare il nuovo Piano.
Ma comunque anche sull’evanescenza Santarsiero ha da ridire: «Erano 1,6 milioni, certificati -dice – dalla relazione dei revisori dei conti, approvate dal consiglio comunale e in sintonia con le stime riportate nel Piano. Senza tener conto che nei Bilanci successivi del Comune di Potenza si è arrivato a prevedere, per tale voce, entrate fino a 4 milioni in un anno. Fin qui la sentenza della Corte centrale e le contestazioni ad essa. Non esistendo un terzo grado di giudizio alla Corte dei Conti, l’unica possibilità per le nostre contestazioni è stata quella di fare un ricorso per revocazione».
«Noi siamo stati assolti a Potenza, condannati a Roma – sottolinea Santarsiero – e non abbiamo avuto un terzo grado che ci desse la possibilità di spiegare le nostre ragioni. Nella revocazione, che riguarda solo errori di fatto presenti in sentenza, purtroppo non ci siamo potuti opporre come avremmo potuto, considerato che abbiamo dovuto fronteggiare contestazioni in parte sopravvenute, non presenti cioè nell’originario atto di citazione. Abbiamo potuto utilizzare solo gli atti già presenti all’interno dei fascicoli di difesa, che abbiamo ovviamente guardato in ogni dettaglio. Non abbiamo potuto fare valutazioni e ragionamenti ma rispetto alle accuse fatte e agli errori di fatto commessi, abbiamo comunque fatto riferimento ad atti presenti e molto chiari per ognuna delle contestazioni».
La sentenza di revocazione emessa qualche settimana fa annulla ogni responsabilità rispetto alla delibera 154/2012, rivede tutti i dati numerici contestati nella delibera 156/2013 e condanna a un risarcimento che scende da circa 5 milioni e 300mila euro a circa un milione e mezzo.
La condanna è perché il nuovo Piano, approvato con la delibera 156/2013, sarebbe stato attuato senza copertura finanziaria. Pertanto, l’assessore ai Trasporti dell’epoca, Ginefra e il dirigente al ramo, Restaino dovrebbero restituire al Comune 357.666 euro a testa invece dei precedenti 1.336.000. Per Santarsiero, gli ex assessori Pietro Campagna, Antonio Pesarini, Donato Pace, Luciano De Rosa, Emiddio Fiore, Federico Pace, e il dirigente Laguardia, invece, la condanna scende da oltre 200mila euro a 71.933 ciascuno. Assoluzione piena, infine, per il solo Giuseppe Messina, che non era presente all’atto di approvazione della delibera 156/2013.
«Ovviamente non siamo soddisfatti – dice Santarsiero – anche perché la sentenza di revocazione presenta affermazioni significative oltre a errori di fatto. In essa intanto si afferma che l’avvio del Piano del 2010 vi era stato e che tale Piano aveva determinato un malcontento collettivo. E in quest’ottica la sentenza aggiunge che “la delibera 156/203 rappresenta un indubbio compromesso tra le esigenze rappresentate dalla cittadinanza e i vincoli che ne derivano dal Piano 2010”. Tradotto: avete regolarmente attuato il Piano, tale Piano non andava bene e lo avete modificato non già “motu proprio” bensì dopo le sollecitazioni della cittadinanza, delle Commissioni, del Consiglio comunale e dei tecnici del settore. La modifica è avvenuta con una delibera equilibrata che rappresenta un “giusto compromesso”, non certo scellerata. Vengono di fatto meno dei cardini della sentenza di condanna che è di fatto del tutto annullata. Qual è allora la nostra colpa?».
Il capo d’accusa che resta in piedi è che, per il Piano, non ci sia stata la necessaria copertura economica. «Invece – ripete Santarsiero -è negli atti che lo stanziamento è previsto in Bilancio, peraltro atto pubblico che tutti possono consultare, come è negli atti che il Piano parte a febbraio, con regolare copertura finanziaria, quindi solo dopo l’approvazione della stessa in Bilancio. Siamo partiti da un mare di accuse e di errori per cui ci chiedevano conto di ogni cosa e danni per oltre 18 milioni con gran gogna mediatica, arriviamo a un solo capo di accusa dove la condanna avviene contestando peraltro una cosa non vera, la mancata copertura finanziaria di un Piano del Trasporto. Il nostro errore è stato offrire un servizio alla città. Si valuti inoltre che la Corte dei conti non condanna un cittadino per colpa lieve, per essere condannato devi aver commesso dolo o colpa grave. A me è stato detto: “hai attuato il Piano, esso non andava bene, andava cambiato come ti chiedevano tutti e hai fatto una delibera equilibrata”. Mi si può spiegare dov’è la colpa grave? Dov’è il dolo? Ora con i nostri avvocati, che sono stati encomiabili e da ringraziare per qualità e sforzo messo in campo, procediamo con un ricorso in Cassazione, già avviato per giurisdizione, dove, confortati anche dalla sentenza di revocazione, siamo fiduciosi possano essere definitivamente affermate le nostre giuste ragioni. Si sta altresì valutando l’ipotesi, estrema e particolarissima, di un nuovo ricorso sempre per revocazione alla sentenza di revocazione della Corte dei Conti. Sarebbe quasi un unicum in giurisprudenza. Dopo una incredibile gogna mediatica e accuse gravissime tutte cadute, che pure pongono il tema dell’accuratezza delle indagini, non siamo comunque condannati – si difende ancora Santarsiero – perché abbiamo offerto un servizio inutile, non perché ci siamo svegliati la mattina e abbiamo deciso di cambiare il piano “motu proprio”, non per aver fatto una delibera scellerata. E non ci condannano nemmeno perché abbiamo fatto pagare i chilometri con costo unitario superiore alla media. Anzi, la prima sentenza ci dice che abbiamo fatto pagare un costo chilometrico inferiore a quello pagato successivamente. Non ci condannano perché abbiamo rubato: perché ci condannano? Per un Piano attuato con copertura finanziaria che il Consiglio Comunale aveva previsto in Bilancio. Come spiegarlo a noi stessi e alle nostre famiglie? Mi piace anche ricordare che quel Piano approvato con la delibera 156/2013 e attuato nel 2014, prima di essere annullato dalla nuova amministrazione, da tutti è stato considerato il miglior Piano dei Trasporti mai attuato in città».
Ma c’è un’altra cosa che a Santarsiero dispiace ancora di più: «A Peppino Ginefra e Mario Restaino chiedono di pagare oltre 300.000 euro. Trovo profondamente ingiusto che due persone debbano pagare di più: questo perché la scelta con l’assessore era condivisa da tutti e perché il dirigente ha fatto solo il suo dovere di attuare indirizzi di Giunta e Consiglio. Comunque ribadisco che è stato fatto tutto correttamente. Ma poi, semmai ci fossero state delle anomalie, perché qualcuno deve pagare più del sindaco? Lo dissi anche in un’audizione al pm, chiedendo di restare come unico indagato. Non per essere un eroe, ma perché sapevo bene della correttezza dei nostri atti, tutti accettati e sostenuti dal sindaco».
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