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Giuseppe Conte ospite di Lucia Annunziata

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Conte fa Achille sotto la tenda, almeno sino al momento in cui scriviamo. Poi le sorprese sono sempre possibili, perché è tutto molto “sceneggiato” e di conseguenza i colpi di teatro fanno parte del copione. In attesa di vedere cosa ci è riservato, possiamo ragionare su qualche dato.

Il primo è che un partito che ha il gruppo più numeroso tanto alla Camera quanto al Senato è semplicemente un corpo senza vita a cui si rivolgono per una obbedienza senza partecipazione tanto il suo fondatore e cosiddetto garante, quanto colui che da mesi si è comportato come il suo capo effettivo pur senza avere altra validazione per quel titolo che l’investitura del fondatore. Non si è vista fino ad oggi una qualsiasi occasione in cui ai parlamentari o ai militanti sia stata data l’occasione di esprimersi vuoi sul proprio futuro in generale vuoi sulla diatriba che oppone Grillo a Conte.

Presentare la vicenda ultima come lo scontro tra un vecchio pazzo che pretende un ruolo da monarca assoluto e un politico di nuova stoffa che invece vorrebbe creare un partito è uno dei tanti aspetti surreali a cui ci ha abituato la storia dei Cinque Stelle. M5S non è mai stato né un partito né un movimento nel senso normale del termine. È sempre stato un agglomerato di consensi raccolti attraverso i canali mediatici, manipolando i quali si è riusciti a far eleggere in parlamento e in altre sedi della democrazia rappresentativa delle persone a cui non è mai stato riconosciuto altro potere se non quello di agire secondo quanto veniva elaborato dai manipolatori di quei canali.

Tutto è stato deciso senza coinvolgimento di altri soggetti, men che meno di una “base” che non c’era e che si fingeva si potesse far esprimere con qualche clic su una piattaforma incontrollabile dall’esterno. Così fu fin dalle rappresentazioni in cui Grillo mise alla berlina il povero Bersani o in cui ci riprovò senza fortuna con Renzi, oppure quando, dopo aver minacciato l’impeachment a Mattarella, tirarono fuori dal cilindro la candidatura a premier dell’ “esterno” Conte, o infine quando si decise a tornare al governo col “partito di Bibbiano” (al secolo il PD) o infine di sostenere il governo Draghi perché metteva in squadra il grillino ad honorem Cingolani che doveva fare la rivoluzione ambientale. Tutto gestito dal monarca Beppe Grillo, senza che la cosa creasse alcun problema a Giuseppe Conte: neppure l’ultima mossa, che forse non gradiva, ma che accettava ricevendo in cambio dal monarca l’investitura a capo politico di un movimento che avrebbe dovuto rinnovare.

L’irritazione di Conte per riscoprirsi degradato dal monarca al ruolo di “figurante”, assomiglia molto ad un amaro risveglio alla realtà dopo un lungo sonno. Il fatto è che adesso, se ci riflettono, tanto l’uno quanto l’altro scopriranno che il non avere un partito o un movimento è una fregatura, perché impedisce loro di disporre di un referente a cui appellarsi per vedersi riconosciute le proprie ragioni. Grillo ha fatto ai parlamentari una specie di allocuzione papale e se ne è andato senza chiedere a nessuno se fosse o meno d’accordo. Conte parla per dichiarazioni alla stampa, ma non convoca nessuna assemblea a cui chiedere la condivisione della sua posizione e soprattutto un contributo alla costruzione del nuovo soggetto politico. Vogliamo ricordare che sono mesi che il capo politico designato elabora uno statuto, ma ha condiviso questo lavoro parzialmente col solo Grillo tenendo tutto per sé in attesa di un mitico voto dei militanti sulla piattaforma che, guarda caso, era inagibile.

Ora anche a prescindere dal rilievo che la tanto reclamata “trasparenza” non c’è mai stata, non si è mai visto un partito o un movimento che esistendo già (ha raccolto il 33% alle elezioni del 2018, ha una rappresentanza parlamentare notevole) non abbia avuto spazio di espressione mentre si lavorava per dargli una nuova forma. Tanto più che ciò avveniva a fronte di una crisi che aveva portato a molte defezioni e ad un dimezzamento dei consensi stimati.

Sono questi i problemi che stanno davanti al futuro di M5S e non verranno risolti né se ci sarà la scissione fra Grillo e Conte, né se la faccenda si rappattumerà in qualche modo. Per rimanere un attore politico con cui nel sistema si devono fare i conti c’è bisogno di avere un “partito” (di nuovo o vecchio taglio poco importa) e non di decidere chi potrà continuare ad essere il capo di una aggregazione fantasma.


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