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VAL D’AGRI  – Centrato l’obiettivo della “Carta europea del turismo sostenibile”, il Parco nazionale dell’Appennino lucano –  in attesa della cerimonia di consegna del riconoscimento che avverrà il prossimo 6 novembre  a Bruxelles presso nella sede del Parlamento europeo –  si appresta ad intraprendere il cammino previsto per l’attuazione dei principi e la realizzazione delle azioni previste dal piano. Quindi “lavoro premiato” per l’ottenimento di una certificazione che solo pochi parchi hanno ottenuto e visto la “giovane età” del Parco lucano e il processo Cets, iniziato solo ad aprile 2012 con il supporto della Fondazione Eni Enrico Mattei e Federparchi – AmbienteItalia, è più che soddisfacente.

«E’ un grande risultato», commenta il presidente dell’ente parco, Domenico Totaro che spiega come in questi anni il Parco abbia  «lavorato in silenzio» sotto il peso anche di polemiche inutili e sterili.  Ora, però, «è un percorso tutto in salita».

Presidente, una bella notizia e ora, quale sarà il prosieguo?

«E’ un grande risultato ma chiaramente il percorso è tutto in salita ed è anche un impegno per tutti noi. Una premessa che ora ha bisogno di una pianificazione puntuale delle azioni da attuare, alcune in capo all’Ente e molte altre di competenza degli operatori privati, delle associazioni e delle amministrazioni. E’ un una sfida, pur cosciente della nostra struttura complessiva, in fase ancora di start up. Abbiamo lavorato nel silenzio, movimentando quelle poche risorse. Con il territorio abbiamo fatto una serie di incontri. C’è stato un coinvolgimento a tappeto delle strutture sia turistiche che quelle produttive, di servizi, educative e informative, e tra questi un ruolo importante è  stato dato dai Centri di educazione ambientale (Ceas) insieme alle guide del Parco. In questo scorcio di gestione, sul territorio,  abbiamo messo in campo, sul fronte sentieristica qualcosa come sessanta chilometri di sentieri attrezzati e individuati una decina di itinerari tematici che il nostro sito racconta. Sono stati realizzati numerose attività sul versante enogastronomia, paesaggistico e storico – culturale. Tre i filoni trasversali che ci hanno guidato: conoscenza, comunicazione e gestione del territorio».

Parliamo della struttura del Parco, a che punto siamo?

«Non abbiamo mai perso di vista quelli che sono gli strumenti essenziali del Parco: il Piano e il regolamento. E’ con grande soddisfazione  che abbiamo espletato la gara del servizio di incarico professionale per  la redazione del Piano e del regolamento del parco che sono gli strumenti principali per una corretta pianificazione e i progetti di sviluppo sostenibile. In questo mese abbiamo approvato lo Statuto che permetterà alla comunità del parco di poter scegliere  i rappresentanti del territorio all’interno dell’esecutivo.  Abbiamo fatto tutti passaggi previsti dalla legge per far si che si proceda alla designazione dei componenti per formare il direttivo e l’esecutivo. Il mio auspicio per il futuro è che si continui su questa strada anche con l’insediamento dei nuovi organi, che spero avvenga al più presto». 

Per concludere, come può convivere un’area protetta con le estrazioni petrolifere?

«Il Parco dell’Appennino Lucano sin dalla sua nascita si trova in una situazione alquanto particolare: da una parte la sua mission, la conservazione della biodiversità e la valorizzazione sostenibile delle risorse a beneficio delle comunità locale, dall’altra l’attività di estrazioni di idrocarburi che interessa il territorio e che, è bene dirlo per l’ennesima volta, è un qualcosa di precedente all’istituzione del Parco; conciliare le diverse realtà con i suoi interessi configgenti diventa una sfida tanto delicata quanto complessa per i suoi molteplici aspetti. Sono perciò in essere diversi interessi, e come presidente di questo Ente, ritengo che sia necessaria e possibile la composizione di tali interessi attraverso gli strumenti di cui si è detto poc’anzi (piano e regolamento). Inoltre è altrettanto naturale che il Parco si candidi ad essere anche beneficiario delle royalties a sostegno della propria azione di conservazione della biodiversità e di sviluppo economico e sociale. La sfida che il Parco deve accettare è, dunque, quella di adoperarsi per mettere in campo tutte le azioni che consentano di chiudere il cerchio tra conservazione, attività petrolifera e  sviluppo sostenibile».

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