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QUANDO gli Achei costruirono il tempio a Metaponto, la legge Galasso non era stata approvata ancora. Ne costruirono tanti di templi; molti di questi avviluppano il territorio del Mezzogiorno d’Italia, ancora oggi, imponenti, raffinati e sembra che siano nati insieme alla terra sulla quale si adagiano.

Metaponto era una città situata tra i fiumi Bradano e Basento e il mar Ionio: già tra il VI e V secolo a.C. si ha notizia di una riorganizzazione dei terreni agrari a causa dell’impaludamento e della malaria, come ben noto, è il fenomeno dell’innalzamento delle acque del mare, nel V secolo, che procurarono allagamenti a tutta la città.

Senza entrare nel merito dei fenomeni legati ai dissesti idrogeologici di quella zona, al mare che avanza e arretra ciclicamente, all’alveo dei fiumi che cambia nel corso del tempo, al porto presente in età federiciana, oggi Metaponto è rappresentata dalle Tavole Palatine, da quelle colonne che erano state costruite e dedicate a Hera.

E così la pioggia che distrugge Pompei, sta distruggendo anche il tempio di Metaponto. Ma Metaponto non ha gli stessi visitatori di Pompei, può morire, crollare perché non produce molto denaro. E in questo mondo nel quale anche il patrimonio culturale viene censito o protetto o salvaguardato solo in funzione del denaro che produce, ci fa capire che Metaponto così come Santa Maria del Vetrano a Montescaglioso possono essere abbandonati nel disinteresse generale.

Invece è arrivato il momento di cambiare la rotta. Per noi lucani, Metaponto rappresenta il simbolo della nostra identità più lontana quando, inconsapevolmente, ci unimmo inesorabilmente alla storia del Mediterraneo. E allora, se nessuno ha voglia di difendere questa identità, invito i pochi, i veri amanti della cultura, dell’arte, dell’architettura, di questo territorio ad abbracciare, e ad abbracciare fortemente, questo tempio.

E questo invito è un invito reale: vediamoci tutti mercoledì 16 ottobre, alle ore 15 presso lo spiazzale che si trova dinanzi la zona archeologica di Metaponto.

Molti diranno che a quell’ora si lavora, che non possono raggiungere Metaponto perché lontana, che è una faticata, che non vale la pena, che è una trovata inutile, lo diranno in molti se mai proprio quelli che piangono lacrime finte quando parlano di Pompei.

E l’invito è rivolto a tutti gli amministratori e i politici della Basilicata, a tutti ma proprio a tutti. Perché se ci riuniamo e ci uniamo in un girotondo simbolico intorno al nostro passato, alla nostra identità è come se regalassimo le nostre energie a quel luogo che ha bisogno di noi.

Quando un nostro caro o un amico non stanno bene, subito accorriamo lasciando ogni impegno per poter star vicino a chi non sta bene.

Venire a Metaponto tutti insieme ha lo stesso valore, significa far sentire la nostra forza, la nostra presenza, significa, almeno per una volta, essere tutti uniti per salvare tutto il nostro passato, i nostri ricordi più atavici, la nostra storia, quelle radici di cui tutti parlano ma in pochi sappiamo cosa sono.

Abbracciamolo forte. Ha bisogno di noi. “Si avvicinò ai merli per considerare un attimo la situazione storica. Uno strato di fango ricopriva ancora la terra, ma qua e là piccoli fiori blu stavano già sbocciando”, scriveva Quenau alla fine del suo libro più famoso.

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