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BELVEDERE SPINELLO (KR) – Un rapporto di pessimo vicinato tra due signore non più giovanissime può sfociare nelle aule giudiziarie e addirittura può essere ricondotto all’ipotesi di stalking. Perché non erano semplici dispetti quelli che hanno destato l’attenzione degli inquirenti. E alla fine l’imputata è stata condannata a quattro mesi di reclusione. Stalking da donna a donna, dunque, come emerso da un processo definitosi ieri davanti al giudice del Tribunale penale di Crotone Gilda Del Borrello. La diatriba tra C. B., di 67 anni, finita sotto accusa, e la parte offesa, R. M., di 57, sarebbe scaturita, infatti, da secchiate d’acqua lanciate dall’imputata per strada. L’acqua putrida penetrava nell’abitazione della vicina essendo la via lungo la quale le due donne abitano in pendio.
Il pm Antonio Malena aveva chiesto per l’imputata una condanna a 4 mesi di reclusione. E l’avvocato di parte civile, Antonello Amato, aveva proposto un risarcimento di 80.000 euro. Il giudice, invece, ha inflitto una pena meno grave, concedendo la sospensione condizionale all’imputata, condannata, però, anche al risarcimento di 1800 euro alla parte offesa. Non il maxi risarcimento che invocava la parte civile né la condanna più severa proposta dal rappresentante della pubblica accusa. Ma lo stalking, anche secondo il giudice, ci stava tutto. Secondo l’accusa, infatti, l’imputata, con condotte reiterate, avrebbe minacciato la sua vicina di casa pronunciando, tra l’altro, espressioni come “ti spacco la testa” e “te la farò pagare”. L’avrebbe molestata esponendo parti di animale morto.
Così l’imputata avrebbe indotto nella vittima uno stato d’ansia e di paura costringendola a modificare le proprie abitudini di vita. Insomma, la vicina perseguitata non usciva più di casa perché, ogni qualvolta, a suo dire, incontrava l’imputata, questa la intimidiva. L’incredibile vicenda avrebbe avuto inizio, dunque, addirittura da quei lanci d’acqua che avevano suscitato la protesta della parte offesa. Una reazione mal tollerata, a quanto pare, dall’imputata che avrebbe dato vita a una serie di minacce e ingiurie finendo col provocare nell’altra uno stress certificato da relazioni mediche.Il difensore dell’imputata, l’avvocato Salvatore Rossi, ha sostenuto che non vi erano riscontri alla tesi accusatoria in quanto degli undici testimoni che figurano nella querela presentata dalla parte offesa nessuno fu sentito a sommare informazioni dai carabinieri della Stazione di Belvedere Spinello, che condussero le indagini. Nel corso dell’istruttoria dibattimentale è stato sentito anche il maresciallo Antonio Tropeano, comandante della Stazione locale dell’Arma, che ha ribadito la ricostruzione della Procura crotonese, basata appunto su dettagliate informative dei militari. I fatti contestati risalgono, stando al capo d’imputazione, a un periodo che decorre dal settembre 2009. Ma la parte offesa lamenta che la sua persecuzione sarebbe iniziata nel lontano 2002. L’incubo sarebbe finito soltanto in seguito alle denunce. Alla fine, infatti, R. M. ha trovato il coraggio di riferire tutto ai carabinieri. Chissà, però, se riuscirà a dimenticare.
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