CATANZARO – La dichiarazione dell’inammissibilità dei motivi d’appello delle difese e la conseguente conferma delle condanne di primo grado. Sono queste le richieste che il sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, Eugenio Facciolla, ha formulato al termine della propria requisitoria nel processo di secondo grado per i cinque imputati maggiorenni accusati dell’omicidio di Nicola Duro, idraulico incensurato di 26 anni, ucciso a Catanzaro il 17 giugno 2010, davanti un bar di viale Isonzo, nella zona sud del capoluogo. Alla richiesta del pg si è associato anche l’avvocato delle parti civili, Valerio Murgano – che rappresenta la madre della vittima, le due sorelle, e la promessa moglie di Duro mamma del loro bambino -, poi la Corte d’assise d’appello (presidente Palma Talerico, a latere Marco Petrini) ha rinviato per le arringhe dei difensori degli imputati (gli avvocati Antonio Ludovico, Salvatore Staiano, Maria Aiello, Piero Chiodo, Giovanni Le Pera, Piero Mancuso) alle udienze del 9 ottobre e dell’11 novembre. Il processo di primo grado si è concluso il 19 novembre 2011 con tre condanne a trenta anni di reclusione, due a sedici anni, cospicue provvisionali alle parti civili e la cattura immediata dell’unica imputata in libertà.
Il giudice dell’udienza preliminare, al termine dei giudizi abbreviati che sono valsi agli imputati lo sconto di pena di un terzo – evitando a tre di loro l’ergastolo -, ha condannato a trenta anni di reclusione Donato Passalacqua, 42 anni, ritenuto uno dei capi carismatici degli zingari di viale Isonzo, a Catanzaro, accusato di essere il mandante dell’omicidio Duro; sua moglie Ornella Bevilacqua, 39 anni; il figlio della coppia, Antonio Passalacqua, di 20 anni, che avrebbe sparato a Duro come lui stesso ha ammesso in aula. Sedici anni sono stati inflitti invece a Samuele Pezzano, 22 anni, che secondo l’accusa avrebbe accompagnato con l’auto e poi atteso il killer sul luogo in cui Duro è stato ucciso, e Domenico Romagnino, che assieme al minorenne M. P., avrebbe attirato la vittima sul luogo dell’agguato su precisa richiesta di Donato Passalacqua per una ricompensa di 600 euro. Alle parti civili il giudice ha concesso risarcimenti da liquidare in sede civile, concedendo intanto provvisionali per 40.000 euro alla compagna di Duro, e 20.000 ciascuno alle altre donne.
Secondo la pubblica accusa Nicola Duro è stato ucciso per una vendetta trasversale, ideata da una famiglia rom di Catanzaro, per lavare l’onta di una relazione extraconiugale della figlia, rimasta incinta di un minorenne con il quale avrebbe avuto una storia nonostante fosse sposata con un altro. I suoi parenti – cioè i familiari di Donato Passalacqua, padre della ragazzina rom rimasta incinta dopo la relazione extraconiugale -, sempre stando all’ipotesi degli inquirenti, avrebbero deciso di vendicarsi colpendo a morte il fidanzato di una zia del ragazzino padre del figlio illegittimo, anche lei incinta e prossima al matrimonio, e cioè proprio Nicola Duro. Per l’omicidio è stato imputato anche un minorenne, già giudicato e condannato a 12 anni di reclusione in primo grado il 9 febbraio 2011, poi ridotti a 10 anni in appello il 26 settembre 2011.